
La Corte costituzionale ancora una volta, nelle scorse settimane, è stata chiamata a pronunciarsi sul controverso tema delle scelte di fine vita. Più precisamente, con la sentenza n. 135/2024, il giudice delle leggi ha precisato il significato di uno dei requisiti che legittimano l’assistenza al suicidio, secondo quanto stabilito nella sentenza n. 242/2019: si deve trattare di persone affette da una malattia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, ma che conservano ancora la piena capacità di prendere decisioni libere e consapevoli e che sono – appunto – sottoposte a trattamenti di sostegno vitale. Dal 2019 ad oggi, erano stati non pochi i dubbi sull’esatta estensione di questo requisito: si tratta solo della dipendenza da una macchina, o sono compresi anche farmaci e procedure di assistenza necessarie per l’espletamento di funzioni vitali?
I coni d’ombra lasciati dalla sentenza del 2019 non sono pochi: le aziende sanitarie che si trovano a dover gestire le (ormai numerose) richieste di assistenza medica al morire non hanno altre indicazioni che quelle contenute nelle motivazioni della pronuncia. Da oltre cinque anni si attende una legge, che sembra essere ancora molto lontana.
Per venire incontro alle esigenze pratico-operative di chi deve prendere in esame le richieste, la rete nazionale “Per un diritto gentile”, della quale il nostro Ateneo ospita l’Osservatorio Trentino e alla quale hanno aderito anche molti docenti UniTrento, ha costituito un gruppo di lavoro ad hoc (*), formato da una ventina di esperti e professionisti di diverse discipline (giurisprudenza, medicina, bioetica e psicologia) e coordinato da Lucia Busatta, Luciano Orsi e Mariassunta Piccinni. Elemento forte del gruppo è l’esperienza diretta di alcuni dei componenti che, in qualità di membri di comitati etici o in quanto nominati nell’ambito di commissioni tecniche da parte delle strutture sanitarie, sono stati chiamati a confrontarsi con tali richieste.
Dopo quasi un anno di riunioni e confronti, a fine giugno, il gruppo di lavoro ha pubblicato il documento recante dieci raccomandazioni sull’aiuto medico a morire, rivolte principalmente ad aziende sanitarie e comitati etici, in relazione alle richieste di assistenza al suicidio. Lo scopo è chiarire e valorizzare il ruolo dei comitati etici nell’ambito di queste procedure.
Più in particolare, il testo propone sette raccomandazioni dirette alle strutture sanitarie pubbliche e agli organismi coinvolti nelle richieste e tre raccomandazioni specifiche rispetto all’ascolto e alle risposte da fornire alla persona che richieda l’aiuto al suicidio. Esse si propongono di calare nella concretezza della pratica clinica quotidiana i principi costituzionali e della bioetica che possono guidare l’elaborazione di decisioni attente a rispettare la particolare vulnerabilità delle persone che chiedono aiuto per congedarsi dalla vita.
I principi su cui il documento è basato possono essere così riassunti: la centralità della persona che chiede l’accesso a una procedura di aiuto medico a morire; l’importanza di procedure chiare e trasparenti che consentano di gestire le richieste di aiuto medico a morire; la necessità di uniformità di tali procedure, anche per garantire l’eguaglianza tra gli utenti del servizio sanitario nazionale; l’esigenza di distinguere il ruolo delle strutture sanitarie del servizio pubblico competenti a esaminare la richiesta della persona e la funzione dei comitati etici.
In estrema sintesi, le raccomandazioni suggeriscono l’adozione di un atto organizzativo aziendale, per assicurare l’uniformità di trattamento delle persone e la trasparenza delle procedure. Laddove esistente, il comitato per l’etica nella clinica dovrebbe essere l’organismo da privilegiare per rendere il parere richiesto dalla Corte costituzionale. Tale parere dovrebbe essere espresso a prescindere dalla verifica dei requisiti oggettivi, che spetta a una commissione tecnica istituita dall’azienda sanitaria. La funzione del comitato etico è, infatti, quella di prendere in esame i bisogni e le fragilità della persona richiedente, anche attraverso l’ascolto diretto della persona, per la promozione della sua dignità.
Il documento può essere letto a questo link ed è aperto alle sottoscrizioni.
* Lucia Busatta, con Luciano Orsi (medico palliativista e direttore scientifico della Rivista italiana di cure palliative) e Mariassunta Piccinni (professoressa associata di Diritto privato, coordinatrice dell’Osservatorio “Per un diritto gentile nelle relazioni di cura” al Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali dell’Università di Padova) ha coordinato il gruppo di lavoro costituito ad hoc per elaborare le raccomandazioni