
Il virus del Nilo occidentale (West Nile Virus, spesso abbreviato Wnv) fu isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, distretto del Nilo occidentale, da cui il nome.
Si tratta principalmente di un’infezione che riguarda molte specie di uccelli e che viene trasmessa dalla puntura di zanzare del genere Culex, fra cui la zanzara comune, Culex pipiens, da sempre presente in Europa (ma non dalla zanzara tigre, la specie importata di cui si parla più spesso e che può trasmettere altre infezioni, come la Dengue o la Chikungunya).
Il ciclo normale dell’infezione da Wnv avviene tramite la puntura di una zanzara infetta su un uccello sano il quale si infetta e trasmette a sua volta il virus a una zanzara sana che lo punge. In questo modo l’infezione circola sia nella popolazione degli uccelli che in quella delle zanzare.
Naturalmente le zanzare infettate possono pungere anche altri ospiti; alcuni mammiferi (fra cui gli umani) si possono infettare, ma non sono in grado di trasmettere a loro volta l’infezione, perché il livello di virus nel sangue rimane molto basso. Dal punto di vista del virus le infezioni di mammiferi sono un vicolo cieco (“dead-end hosts”). Nella maggior parte dei casi gli umani infetti non presentano sintomi, in altri l’infezione può causare febbre e sintomi lievi, mentre in una piccola percentuale di casi l’infezione dà sintomi neurologici e può causare la morte, in particolare nei soggetti più deboli. In genere si stima che meno dell’1% delle infezioni dia luogo a sintomi neurologici; tramite recenti analisi di confronto fra studi sierologici (in cui si analizza il sangue di campioni della popolazione alla ricerca di anticorpi che testimoniano un’infezione passata) e i dati forniti dai sistemi di sorveglianza, che segnalano i casi umani, si stima che i sistemi di sorveglianza riportino fra lo 0,1% e lo 0,2% delle infezioni, per cui si può ritenere che circa 1 infezione su 1.000 dia luogo a complicazioni serie. I casi umani di cui si viene a sapere sono quindi una minima parte delle infezioni che avvengono realmente.
Per capire l’andamento della circolazione del virus è attivo in Italia (e in vari altri paesi) un programma di sorveglianza veterinaria sulle infezioni nelle zanzare e in alcune specie di uccello (in particolare i corvidi che sono fra le specie in cui l’infezione circola maggiormente). Fino al 2011 il virus era presente solo sporadicamente in Italia (e in altri paesi europei, soprattutto della penisola balcanica) portato da uccelli migratori infettatisi in Africa. Invece dal 2012 infezioni da Wnv sono riportate tutti gli anni e il virus è diventato endemico in Europa (e l’area interessata continua a estendersi), avendo acquisito la capacità di superare l’inverno quando le zanzare non sono attive.
Il gruppo del Dipartimento di Matematica dell’Università di Trento che si occupa di modellizzazione delle epidemie collabora da anni, insieme alla Fondazione Mach e all’Imperial College, con gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali nell’analisi dei dati raccolti sulle infezioni da West Nile, in particolare nelle regioni a maggiore incidenza, Veneto ed Emilia-Romagna. Dal 2013 in poi si sono alternati alcuni anni (2014, 2018, 2022) a maggiore incidenza dell’infezione ad altri a incidenza molto più bassa. La nostra analisi ha messo in luce (sia con l’uso di modelli matematici sui dati entomologici, particolarmente accurati, dell’Emilia-Romagna, sia con l’uso di metodi statistici sui casi umani registrati in tutta Europa) che la causa principale dei picchi epidemici risiede in alcuni fattori climatici: in particolare si è visto che una temperatura superiore alla media nei mesi di aprile-maggio favorisce l’inizio precoce dell’epidemia annuale e permette di raggiungere un picco più alto prima dell’inizio dell’autunno.
Fino all’anno scorso quasi tutti i casi registrati in Italia (con un massimo di 295 casi neuro-invasivi nel 2022, e di 42 morti nel 2018) si sono verificati in Pianura Padana. Quest’anno invece i casi registrati finora sono concentrati nel Lazio, una regione in cui negli anni precedenti erano stati registrati pochissimi casi; è quindi possibile (ma non si conoscono dati in proposito) che nell’area in questione l’epidemia possa raggiungere un’alta incidenza negli uccelli per la mancanza di immunità pregressa. Bisogna comunque tenere presente che, visto che l’uomo non partecipa al ciclo della trasmissione del virus, una grande epidemia negli uccelli non comporta un gran numero di casi umani gravi. Sulla base dei dati, abbiamo infatti stimato che nel 2018, nelle regioni centrali dell’Emilia, è stato infettato circa il 90% dei corvidi di fronte a solo 100 casi umani neuro-invasivi mentre, come detto, il numero di infezioni fu sicuramente molto maggiore.
Non esiste un vaccino per la West Nile e l’unico modo di proteggersi dall’infezione è cercare di evitare di essere punti da zanzare, in particolare nelle zone dove il virus circola maggiormente. I modelli matematici possono, sulla base di dati di sorveglianza accurati, contribuire a individuare i periodi e le zone in cui il rischio è maggiore.




