Cos’hanno in comune una crema solare degli anni Settanta, un deodorante spray del 1980 e un detergente per vetri di fine anni Sessanta? Prima di tutto, i loro contenitori sono tutti fatti di materiali molto durevoli, come latta e plastica. Tutti e tre, poi, sono stati ritrovati come rifiuti sulle spiagge italiane diversi decenni dopo essere stati gettati via. Purtroppo, questo è il destino di molti rifiuti in plastica. I fiumi li portano al mare e poi le onde le riportano indietro. A volte restano sepolti sotto la sabbia, senza mai deteriorarsi. In Italia il progetto Archeoplastica si occupa di raccogliere, datare ed esporre rifiuti come questi. Le associazioni studentesche UNITiN e Open Wet Lab (Owl) portano alla Bum una selezione di questi reperti nell’ambito di Co.Scienza Festival 2023, il festival di divulgazione scientifica che connette la cittadinanza e gli studenti con il mondo della scienza e della ricerca.
«Anche l’anno scorso, uno dei temi trattati durante Co.Scienza è stato quello dei problemi ambientali», racconta Federico Todeschi, membro dell’associazione UNITiN. «Avevamo collaborato con il progetto Vaia per fare parlare dei problemi causati in montagna dal cambiamento climatico. Quest’anno invece abbiamo pensato di guardare all’ambiente opposto: il mare. Dopo alcune ricerche abbiamo trovato il progetto Archeoplastica, ideato da Enzo Suma, che si occupa proprio di sensibilizzare sull’inquinamento da plastica nei mari. Così abbiamo contattato il suo fondatore e dal 13 aprile metteremo in esposizione alla Bum una trentina dei suoi reperti. Non aveva mai fatto un'esposizione a Trento prima d’ora».
Sul sito di Archeoplastica, Enzo Suma racconta di essere sempre stato «un accanito raccoglitore di plastiche spiaggiate», impegnato a fare divulgazione sulla tutela ambientale e a organizzare raccolte collettive di rifiuti spiaggiati. L’idea del progetto è nata quando, durante una di queste raccolte, si è trovato tra le mani un rifiuto di fine anni Sessanta. Era una bottiglietta di spray abbronzante, su cui il costo in lire era ancora leggibile: un reperto che aveva più di cinquant’anni. A partire da questo spray, Suma ha deciso di tenere da parte tutti quei rifiuti con un’età che varia dai trenta ai sessant’anni e di raccontare la loro storia.
A volte riconoscere questi oggetti e ricostruire le loro storie diventa un compito apparentemente impossibile. Le etichette si scoloriscono al sole, le scritte si consumano e diventano illeggibili. In quei casi il contributo dei social diventa fondamentale. Così i membri del progetto Archeoplastica caricano sui social un video del rifiuto di cui non si riesce a ricostruire la provenienza e chiedono ai follower se hanno mai visto un oggetto simile. Grazie agli sforzi di ricerca di decine di migliaia di persone, diventa possibile raccontare l’origine di oggetti che inizialmente apparivano indecifrabili.
Altre volte questi rifiuti sono così ben conservati che è possibile stabilire una datazione con una semplice osservazione. È il caso di uno dei reperti più “antichi” che saranno esposti a Mesiano: un flacone di detergente per vetri degli anni Settanta, della marca “Vetril”. Nei primi anni Sessanta, il nome dei prodotti Vetril era scritto sulla confezione in orizzontale. Questo rifiuto presenta una scritta verticale, ancora perfettamente leggibile, tipica della fine del decennio. Inoltre, questa bottiglia compare identica in una pubblicità del 1972. È stato possibile dedurre, quindi, che questo flacone di Vetril sia stato prodotto tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta.
L’accumulo della plastica nei mari e negli oceani è un problema tanto grave quanto sottovalutato. «Si stima che l’isola di plastica più grande dell’Oceano Pacifico abbia raggiunto una superficie due volte superiore a quella della Francia», continua a spiegare Federico. «Per questo abbiamo pensato che una mostra su questo tema possa spingere le persone a un uso più responsabile della plastica. Il 19 aprile alle 18, assieme alla mostra, abbiamo organizzato alla Bum anche un cineforum in cui sarà proiettato il documentario "The Plastic Problem", col commento di Paola Foladori, docente del Dicam. Abbiamo scelto la Bum per queste due iniziative perché a Mesiano sono presenti diversi corsi che trattano tematiche ambientali. Vediamo la biblioteca come una specie di punto d’incontro per tutti gli studenti e le studentesse, a metà strada tra la Povo e il centro di Trento».
La mostra “Il museo degli antichi rifiuti spiaggiati” è visitabile dal 13 al 21 aprile negli orari di apertura della Bum. Sabato 15 aprile, la biblioteca rimarrà aperta eccezionalmente per permettere di visitare la mostra. Per l’occasione, un gruppo di volontari di Co.Scienza condurrà i visitatori a scoprire la storia dei reperti esposti. Il primo turno di visita è previsto per le ore 11. La mostra è stata organizzata da Alice Bassetto (Owl-UNITiN), Federico Todeschi (UNITiN), Filippo Zanei (UNITiN) e tutto il gruppo di volontari di Co.Scienza, con il sostegno di Vittorio Carrara, responsabile della BUC e di Sonia Stenico, responsabile della BUM.