Fino al 22 dicembre 2023 il Dipartimento di Lettere e Filosofia ospiterà la mostra fotografica Volti dentro: ritratti di una comunità universitaria. L’esposizione presenta diciotto fotografie in bianco e nero di altrettante persone che compongono la vivace comunità di Palazzo Prodi: docenti, ricercatori e ricercatrici, uomini e donne che lavorano negli uffici del Dipartimento, dottorandi e dottorande, studenti e studentesse. Volti che abitano gli stessi spazi in cui è allestita la mostra. L’autore di questi scatti sobri e luminosi è Paolo Chistè, responsabile del Laboratorio di Tecniche Fotografiche Avanzate dell'Università di Trento.
Paolo Chistè, come è nata l’esposizione "Volti dentro: ritratti di una comunità universitaria"?
«Devo fare una premessa: di solito i soggetti delle mie istantanee non sono le persone, ma i beni culturali, quindi siti e reperti archeologici, opere d’arte, edifici e libri antichi. Nel 2019, su richiesta di alcuni colleghi del Dipartimento di Lettere e Filosofia, ho iniziato a realizzare una serie di ritratti istituzionali destinati ai profili delle pagine web di Ateneo. Era un’esigenza di tipo pratico, ma non volevo scattare delle semplici fototessere e così ho cercato di curare ogni singola sessione di ritratto, nel tentativo di cogliere la personalità di chi avevo di fronte. L’idea di realizzare una mostra è nata solo in un secondo momento e al nucleo iniziale di immagini ho aggiunto nuove fotografie».
Come ha operato la scelta dei ritratti confluiti nella mostra?
«Ho scelto gli scatti secondo me più riusciti, quelli dove ho colto l’espressività particolare della persona, soprattutto nello sguardo, che per me è un elemento centrale nella fotografia di ritratto. Gli occhi catturano l’attenzione di chi osserva la foto e creano subito una connessione, un dialogo con il soggetto ritratto. Questo effetto è acuito dalla dimensione a grandezza naturale dei visi e dal fatto che in tutte le immagini lo sguardo è rivolto verso la camera, quindi verso l’osservatore. Inoltre, non è una raccolta dei soggetti più fotogenici o più noti di Lettere, ma una galleria che presenta la molteplicità delle persone che animano la nostra comunità universitaria».
Perché la scelta del bianco e nero?
«La fotografia in bianco e nero è priva di fronzoli. Senza il colore l'occhio è libero di concentrarsi su altri aspetti dell’immagine, come la posa del soggetto, la composizione e la luce. Quest’ultima deve essere utilizzata in modo sapiente, perché è fondamentale nel disegnare la personalità di chi viene ritratto. L’intensità e la direzione della sorgente luminosa cambiano la percezione della forma del viso e perfino il carattere del soggetto. Osservando i ritratti esposti in mostra si può notare come l’illuminazione muti da persona a persona: a volte è più frontale, soprattutto nei ritratti femminili, a volte più radente. In ogni caso i contrasti non sono mai troppo forti, perché una marcata differenza tra luce e ombra restituisce un senso di drammaticità che volevo evitare. I volti sono ben illuminati e la nitidezza dell’immagine mette in risalto quei dettagli che rendono uniche le persone e sincere le fotografie».
Tutte le fotografie rispettano la medesima impostazione: formato orizzontale, sfondo neutro, soggetto frontale e posto a sinistra, spazio vuoto a destra. Quali sono i motivi alla base di questa scelta espressiva?
«Nella fotografia di ritratto è molto più comune l’orientamento verticale dell’immagine, io però ho scelto un’inquadratura orizzontale per enfatizzare la sensazione di calma e stabilità. Volevo infatti che i ritratti restituissero, attraverso tutte le componenti del linguaggio fotografico, un’immagine positiva e accogliente della persona immortalata e, più in generale, della nostra comunità universitaria. Il soggetto è posto a sinistra per due principali motivi. L’asimmetria rende più dinamica l’immagine, perché lo sguardo si muove dalla persona allo sfondo vuoto (e viceversa) attenuando il senso di staticità dell’inquadratura orizzontale. In secondo luogo lo spazio che si apre a destra del volto vuole essere un invito alla calma e alla riflessione: è una dimensione libera che interroga l’osservatore e nella quale il visitatore è invitato a entrare».