C’è chi scappa dalla guerra, chi fugge perché vittima di persecuzioni per le idee politiche o per i progetti scientifici invisi al governo del proprio paese, chi rischia la vita per l’appartenenza etnica o religiosa. Sono studiosi e studiose che subiscono discriminazioni, violenze e intimidazioni ma che grazie all’impegno delle università di tutto il mondo e al programma Sar possono proseguire nell’attività accademica di ricerca, al sicuro. A Trento due giorni di seminari e incontri, il 14 e 15 dicembre, per presentare e discutere le prossime campagne internazionali di advocacy portate avanti da studentesse e studenti di diverse università europee. Ne abbiamo parlato con Ester Gallo delegata del rettore alla solidarietà accademica e internazionale, e docente del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale.
Professoressa, ci spiega in cosa consiste il progetto Sar?
«Sar è acronimo di Scholars at Risk. Nasce a livello internazionale alla fine degli anni Novanta negli Stati Uniti e oggi comprende oltre 600 membri tra atenei, istituti di ricerca e associazioni scientifiche. L’obiettivo è proteggere attraverso borse/contratti di ricerca studiosi e studiose a rischio. Si tratta di persone già laureate, con un elevato profilo accademico, che hanno conseguito un dottorato o un master. In Italia il progetto arriva nei singoli atenei nel 2016. Trento aderisce l’anno successivo e nel 2019 è stata la fondatrice, insieme all’Università di Padova, della rete italiana che oggi conta 40 università e centri di ricerca aderenti. Trento e Padova sono anche state coordinatrici di Sar Italia per due mandati, dal 2019 al 2023. Il progetto a Trento è incardinato nell’Ufficio di Equità e Diversità. Le attività che Sar porta avanti sono tre: lo sviluppo di programmi di protezione internazionale per queste persone; attività di advocacy, cioè di promozione e sostegno di campagne a favore di studenti e studiosi in prigione. Una delle prime iniziative in questo campo ha riguardato Amaya Eva Coppens, studentessa di medicina dell’Università del Nicaragua, arrestata per aver manifestato a favore di riforme democratiche del suo paese. Vicenda che poi si è conclusa con la sua liberazione. Negli anni recenti sono state promosse campagne per Patrik Zaki, studente dell’Università di Bologna, per studenti e insegnanti di Hong Kong del movimento ‘Occupy Central with Love and Peace’ (Oclp), a favore del ricercatore e medico iraniano Ahmadreza Djalali. La terza attività infine riguarda la formazione e la ricerca. Vogliamo cioè fare della libertà accademica una materia di studio per i nostri studenti. Per questo, grazie al Modulo Jean Monnet, abbiamo creato uno dei primi corsi in Europa sul tema ‘Academic Freedom and Human Rights’ che quest’anno conta oltre 100 iscritti. Il corso è incardinato al Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale e vede la collaborazione della facoltà di Giurisprudenza. In termini di attività di protezione, invece, tra il 2019 e il 2023 il nostro ateneo ha ospitato attraverso assegni di ricerca 14 studiosi e studiose a rischio provenienti da 8 paesi (Turchia, Camerun, Yemen, Siria, Iran, Russia, Ucraina, Bielorussia)».
Come hanno reagito la comunità accademica e quella studentesca a questo tipo di iniziativa?
«Tutti si sono impegnati molto. È un lavoro di squadra, supportato da numerosi referenti dei vari Uffici, da quello di Equità e Diversità a quello Legale, da quello per l’Accoglienza alla Divisione internazionale. Per poter gestire al meglio i progetti, abbiamo identificato un referente Sar per ogni dipartimento, centro e scuola dell’Ateneo. Anche gli studenti e le studentesse stanno dimostrando profondo interesse. Quest’anno è partito un progetto che coinvolge le classi quinte del liceo linguistico Sophie Scholl per realizzare insieme – universitari e liceali – un opuscolo su libertà accademica, diritti umani e cittadinanza. L’idea della libertà accademica e l’importanza di proteggere studenti e studiosi a rischio interessa tutti noi, non solo l’università. È importante per la società intera. Speriamo di poter allargare il progetto anche ad altre scuole».
Qual è stato il contributo del territorio?
«Questo è un progetto nel quale l’Ateneo ha investito molto, e ha ricevuto da sempre un importante supporto economico anche da altre istituzioni come la Provincia, la Fondazione Caritro, il Comune di Rovereto. Investimenti che generano ricadute e ritorni importanti per le attività di ricerca, didattica e terza missione. Al progetto aderisce anche il Forum Trentino per la Pace, di cui l’Università è membro. Ci sono poi collaborazioni con l’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, Amnesty International e il Centro per la Cooperazione».
Quali sono i criteri per stabilire se gli studiosi sono a rischio?
«La valutazione è basata su due principi: essere titolari dello status di rifugiato, richiedente asilo o beneficiario di una forma di protezione speciale secondo quanto riconosciuto dalla Convenzione di Ginevra. In aggiunta, o in alternativa, si può presentare una dichiarazione di rischio emessa da enti di diritto internazionale accreditati nell’ambito dei programmi per studiosi a rischio, come appunto Scholars at Risk. A tutto ciò si aggiunge poi una valutazione della commissione di Ateneo – composta dai referenti delle strutture accademiche - basata su criteri scientifici, in merito alla qualità della ricerca. Questo perché l’Università ha il dovere di promuovere la solidarietà e l’internazionalizzazione responsabile, ma il nostro obiettivo è dare un’opportunità a chi ha progetti validi e meritevoli».
Diceva che Trento si è spesa per la liberazione di Patrick Zaki. Che legame c’è oggi con lui?
«La nostra università è stata tra le prime, insieme a Sar Italia e all’Università di Bologna, a promuovere petizioni e campagne per la sua scarcerazione. Gli studenti del corso ‘Academic Freedom and Human Rights’ adesso stanno lavorando sul tema della libertà accademica in Egitto (e altri contesti europei ed extraeuropei). Quello di Patrick è stato un caso eclatante, che simboleggia violazioni più ampie, ma ce ne sono altri che rischiano di essere dimenticati».
Il 14 e 15 dicembre Trento ospita l’European student advocacy days che vedrà Zaki tra gli ospiti.
«L’evento è organizzato dall’Università di Trento insieme a quella di Padova, Sar International e Sar Italia. In arrivo ci sono delegazioni da diversi paesi europei e non solo come Scozia, Belgio, Austria, Germania, Norvegia, Canada e Stati Uniti. Nel corso dei due giorni vengono presentate e discusse nuove campagne di advocacy su casi tra i più diversi che riguardano ad esempio situazioni in Bielorussia, Iran, Russia, Turchia, Etiopia. Saranno presenti anche i referenti della European Student Union e dell’European Advocacy Committee for Academic Freedom, due organi che hanno il compito di fare lobby verso le istituzioni europee. Tra gli ospiti anche studiosi e studenti a rischio che vivono sotto protezione, provenienti da Iran, Turchia, Russia, Pakistan, Afghanistan. Ci saranno inoltre rappresentanti di tre organizzazioni per i diritti umani: Amnesty international, Associazione Bielorussi in Italia "Supolka", e un’associazione iraniana. In questo momento di formazione e dialogo non solo per l’università ma anche per le associazioni e la comunità intera, abbiamo chiesto a Patrick Zaki un intervento sulla sua esperienza e alcune riflessioni sulla violazione della libertà accademica nel contesto mediorientale e nordafricano».
The value of academic freedom
New initiatives in Trento through the Scholars at Risk network
There are scholars and scientists who flee war, who fear persecution for their political views or because their government does not want them to pursue their research projects, other who risk their lives because of their ethnic or religious belonging. But thanks to the commitment of universities around the world and the Sar programme, these scholars, victims of discrimination, violence and harassment, are offered a safe place to stay where to continue their academic work. The University of Trento has organized a two-day event with seminars and meetings, on 14 and 15 December, to present Sar's upcoming international advocacy campaigns that will be conducted by students from different European universities. We have talked about it with Ester Gallo, Rector's delegate for academic and international solidarity and Professor of the Department of Sociology and Social Research.
Professor Gallo, can you tell us about the Sar project?
"Sar stands for Scholars at Risk. It was founded in the late 1990s in the United States and today includes over 600 universities, research institutes and scientific associations. The purpose of the network is to protect scholars at risk through scholarships and research contracts. The beneficiaries usually are graduates with a remarkable academic background who have already earned a doctorate or a master's degree. In Italy, Sar reached universities in 2016. Trento joined the network the following year and in 2019, together with the University of Padova, founded the Italian network that today has 40 members, including universities and research centres. The Universities of Trento and Padova have been the coordinators of Sar Italia for two terms, from 2019 to 2023. At UniTrento, Sar is managed by the Equity and Diversity Office. Sar is active in three areas: the development of international protection programmes for scholars at risk; and advocacy activities, through awareness raising and fundraising campaigns. One of the first advocacy initiatives of Sar Italy focused on Amaya Eva Coppens, a medical student at the University of Nicaragua who was arrested for participating in a demonstration calling for democratic reforms in her country. She was later released. In recent years, campaigns have been organized for Patrik Zaki, a student at the University of Bologna, for Hong Kong students and teachers of the "Occupy Central with Love and Peace" (OCLP) movement, and for Iranian researcher and doctor Ahmadreza Djalali. The third area of activity is education. We want to make academic freedom a subject of study for our students. That is why we have created, thanks to the Jean Monnet Module, one of the first courses in Europe on 'Academic Freedom and Human Rights', which this year has more than 100 enrolled students. The course is held at the Department of Sociology and Social Research in collaboration with the Faculty of Law. As part of the protection activities, however, between 2019 and 2023 our university hosted 14 scholars at risk from 8 countries (Turkey, Cameroon, Yemen, Syria, Iran, Russia, Ukraine, Belarus) through research grants".
How did the academic and student community respond to the initiative?
"Everyone has put in a lot of effort. Joining Sar required the collaboration of various offices, such as the Equity and Diversity office, the Legal office, the Welcome office and the International relations division. To better supervise the projects, we have designated a Sar contact person at each department, centre and school of the University. Students seem very interested too. This year, we launched a project for the fifth-year students of Liceo linguistico Sophie Scholl who, together with university students, will design a brochure on academic freedom, human rights and citizenship. Academic freedom and the importance of protecting students and scholars at risk are themes that affect all of us, not just universities, they are important to society as a whole. And we are hoping to extend the project to other schools as well".
Are local stakeholders participating in Sar?
"The University has invested a lot in this project and has always been generously supported by the Province of Trento, the Caritro Foundation and the City of Rovereto. These investments generate a positive impact on research, teaching and third mission activities. The Trentino Forum for Peace, of which the University is a member, is part of the network, and Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, Amnesty International and the Centre for Cooperation collaborate in various initiatives".
What are the criteria for determining whether a scholar is at risk?
"Two conditions must be met: applicants must be refugees, asylum seekers or beneficiaries of international protection under the Geneva Convention. In addition, or alternatively, they can submit a risk statement issued by accredited international bodies in the context of programmes for at-risk scholars, such as Scholars at Risk. Applications are examined by a University committee made up of the representatives of academic departments and centres, who also examine the quality of the research conducted by the applicant based on scientific criteria. The University has a duty to promote solidarity and internationalisation, but also to give an opportunity to those who have valid and deserving research projects".
You said that UniTrento has campaigned for the release of Patrick Zaki. Is the university still in contact with him?
"UniTrento was among the first universities, together with Sar Italia and the University of Bologna, to campaign for his release. The students of the 'Academic Freedom and Human Rights' course are now working on the theme of academic freedom in Egypt and in other European and non-European countries. Patrick's case drew a lot of attention, became a symbol for human rights violations, but many other cases are a lot less known".
On 14 and 15 December UniTrento hosts the European Student Advocacy Days, with Zaki among the guest speakers.
"The event is organised by the University of Trento together with the University of Padova, Sar International and Sar Italia. Delegations are coming from different European and non-European countries including Scotland, Belgium, Austria, Germany, Norway, Canada and the United States. During the event, new advocacy campaigns will be presented on various cases involving, for example, Belarus, Iran, Russia, Turkey, Ethiopia. The representatives of the European Student Union and the European Advocacy Committee for Academic Freedom, two organizations that lobby at EU level, will also be present. Guests include scholars and students at risk who live under protection from Iran, Turkey, Russia, Pakistan, Afghanistan. There will also be representatives of three human rights organizations: Amnesty International, Supolka (the association of Belarusians in Italy), and an Iranian association. The event will provide an educational and discussion space for the university and city community, and that is why we asked Patrick Zaki to talk about his experience and his views on the violation of academic freedom in the Middle East and North Africa".