Alain Aspect a Trento ©UniTrento ph. Federico Nardelli 

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Il vero premio per me? Parlare con i giovani

Conversazione con Alain Aspect, Nobel per la Fisica 2022

12 settembre 2024
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di Alessandra Saletti
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Alain Aspect, professore all’Institut d’Optique, Paris-Saclay e Premio Nobel per la Fisica nel 2022 è ospite della conferenzaThe Novel Puzzles of Quantum Mechanics. From Einstein and Bell to quantum technologies: a second quantum revolution’, organizzata dal Dipartimento di Fisica in occasione del 60esimo anniversario del teorema di Bell. Il professor Aspect ha condiviso con UniTrentoMag alcune riflessioni sulla sua attività scientifica e sulla sua esperienza di professore e Premio Nobel

Professor Aspect, la prima domanda di questa nostra intervista pone essa stessa una sfida. Crede sia possibile spiegare a una persona che non si occupa di fisica ciò che lei e i suoi colleghi avete dimostrato?

«Francamente, il lavoro sull'entanglement (per cui ha vinto il Nobel, ndr) è difficile da spiegare ai non scienziati. Alcune caratteristiche specifiche della meccanica quantistica sono senz’altro più accessibili. Ma nel caso dell'entanglement, mi domando sempre se una persona non competente in materia a cui lo spiego possa davvero apprezzare quanto sia un tema difficile e affascinante per un fisico. Però possiamo provarci.
Immaginiamo di avere due particelle. Sono distanti tra loro e non interagiscono direttamente nel senso consueto del termine. Se ne tocco una, l'altra cambia immediatamente. Ma cambia in modo impercettibile. Così poco che non è sufficiente per ricavarne immediatamente delle informazioni. Potremmo quindi chiederci: che senso ha studiare questo aspetto se non possiamo usarlo sul campo? Però se monitoriamo, possiamo in seguito confrontare i dati da una parte e quelli dall'altra. E allora sì che possiamo apprezzare che qualcosa è immediatamente cambiato. E questa è una cosa molto eccitante per uno scienziato.
In sintesi, si tratta di modi diversi di guardare e di pensare alle cose. Se si dice a una persona per strada che qualcosa va più veloce della luce, quella persona potrebbe accettarlo senza fare domande. Ma per gli scienziati questo è un vero problema aperto. È necessario andare oltre questa semplice visione per capire l'esperimento che ho fatto».

Nel suo intervento all’Università di Trento parlerà di seconda rivoluzione quantistica. Possiamo fare delle previsioni su come cambierà la nostra percezione della realtà che ci circonda e su quante e quali altre cose potremmo conoscere?

«La seconda rivoluzione quantistica riguarda la tecnologia. In futuro senz’altro avremo tecnologie basate su di essa, ma dubito che questo cambierà la nostra percezione del mondo. Perché non saranno accessibili nella vita di tutti i giorni, almeno non nell'immediato. Ma questo non ci autorizza a ritenere che non ci saranno applicazioni rivoluzionarie. Pensiamo ad esempio alla metrologia quantistica. Con le sue applicazioni alle misure di gravità forse un giorno potremmo essere in grado di prevedere in anticipo anche le eruzioni di un vulcano».

Il suo esperimento sulla correlazione quantistica, sulla dimostrazione della violazione delle disuguaglianze di Bell, ha segnato un momento di svolta nel contenzioso che da mezzo secolo ha animato il dibattito nella comunità dei fisici. Ci racconta di questo traguardo scientifico e personale?

«Il mio shock, in realtà, è arrivato quando ho letto l'articolo di John Bell in cui ha dimostrato che c'era un problema. Quell'esperimento ha mostrato il conflitto tra la visione del mondo di Einstein e la meccanica quantistica. Questo mi ha davvero sconvolto. L'esperimento mi ha richiesto anni. E quando finalmente l’ho portato a termine è stato un momento fantastico. L’esperimento ha dato un segnale forte a molti fisici, anche a tanti colleghi molto noti e autorevoli, che si sono resi conto di un problema fino a quel momento ignorato. Non sapevano che la meccanica quantistica si comporta in modo ancora più strano del previsto. Con l'entanglement, qualsiasi immagine ragionevole che si possa avere in mente non funziona. Bisogna credere nel calcolo. Bisogna credere a ciò che si vede. E insistere per avere un quadro preciso è davvero bizzarro.
Mi ha sorpreso molto anche che le persone si siano rese conto che è possibile costruire tecnologie sull’entanglement. Ad essere sincero, quando ho fatto il mio esperimento pensavo che si trattasse solo di una questione teorica, nulla più. Mi ci sono voluti diversi anni per capire che c'erano possibilità di applicazione».

La comunità scientifica internazionale ripone grandi speranze nello sviluppo delle più recenti tecnologie quantistiche. Come possiamo coinvolgere un pubblico più ampio in questo dibattito?

«Ad esempio, si può spiegare alle persone perché si spera che i computer quantistici un giorno saranno più potenti dei computer che conosciamo. Se disponiamo di un insieme di bit quantistici, la quantità di informazioni che si possono inserire è straordinariamente maggiore di quella che si potrebbe inserire nello stesso numero di bit classici. Esiste quindi la possibilità di immagazzinare e manipolare un'enorme quantità di informazioni in un unico piccolo sistema. Il problema è che questo sistema non lo abbiamo ancora».

Nella sua carriera ha affrontato numerose sfide scientifiche. Qual è stato e qual è ora il suo rapporto con i limiti che la nostra conoscenza del mondo naturalmente ha?

«Non credo nell'idea di avere limiti alla conoscenza. Per un semplice motivo: quando si compiono progressi fondamentali nella scienza, si possono porre nuove domande che prima non si potevano nemmeno pensare. Man mano che si progredisce, emergono sempre nuove domande. Non vedo quindi alcun motivo per pensare che un limite alla conoscenza effettivamente esista».

Nell’immaginario collettivo l’assegnazione di un Premio Nobel è il coronamento di una carriera scientifica di eccezionale valore. Ma che cosa ha significato per lei questo riconoscimento? E come è cambiata la sua vita?

«Quando ho ricevuto il Premio Nobel, il mio lavoro era già stato pubblicato e ampiamente citato. Da questo punto di vista il riconoscimento non ha aggiunto molto. Ciò che è cambiato è che ora ci sono molte persone che vogliono parlare con me, avere un autografo o invitarmi a venire a trovarli, e non è facile da gestire. Per fortuna la mia università mi ha messo a disposizione un'assistente per gestire tutte le e-mail e gli inviti. Questo ha davvero cambiato le carte in tavola della mia vita.
Una cosa che mi piace è l'opportunità di parlare nelle scuole superiori e di incontrare molti giovani. Dico loro quanto sia importante la scienza. Dovrebbero impararla. Senza la scienza non risolveranno i problemi del pianeta.  Il Premio Nobel mi dà l'opportunità di parlare con loro e loro mi ascoltano. Questo è ciò che è veramente importante, secondo me».

Con le sue parole e il suo lavoro ha la possibilità di ispirare tante nuove leve di giovani ricercatori. Che messaggio vorrebbe passare loro per spronarli a continuare, nonostante le frustrazioni o le difficoltà nella ricerca?

«Inizierei chiedendo: amate la scienza? Se la risposta è sì, allora dovete iniziare a pensare alla scienza in senso più ampio. Non ci sono solo carriere nel mondo accademico e nella ricerca accademica. L'industria ha fame di talenti come matematici e fisici. Pensate di andare a lavorare lì. Non farete ricerca di base, magari. Ma costruirete fantastici oggetti tecnologici e il vostro talento sarà riconosciuto. Non è un peccato se non riuscite a trovare un lavoro nella ricerca accademica. È davvero molto interessante quando si devono risolvere problemi nell'industria, anche se possono essere molto diversi da quelli accademici. È un altro tipo di sfida. Ma richiede altrettanta competenza e immaginazione. Ecco di cosa voglio parlare durante il mio incontro con i giovani dell'Università di Trento, un'università che conosco e apprezzo da molti anni».


The real prize for me? Talking to young people

Conversation with Alain Aspect, Nobel Laureate in Physics 2022

Alain Aspect, Professor at the Institut d'Optique, Paris-Saclay and Nobel Laureate in Physics in 2022 is guest speaker at the conferenceThe Novel Puzzles of Quantum Mechanics. From Einstein and Bell to quantum technologies: a second quantum revolution', organised by the Department of Physics on the occasion of the 60th anniversary of Bell’s theorem. Professor Aspect shared with UniTrentoMag some reflections on his scientific activity and his experience as a professor and Nobel Prize winner

Professor Aspect, the first question in our interview is a challenge in itself. Is it possible to explain what you and your colleagues have demonstrated to someone who does not have a background in physics?

«Frankly, the work on entanglement is difficult to explain to non-scientists. There are some strange features of quantum mechanics that are easier to explain. But with entanglement, it's not clear that the person in the street you're explaining it to can really appreciate how difficult and fascinating entanglement is for a physicist. But we can try.
Imagine you have two particles. They are far apart and do not interact directly in the usual sense. If I touch one, the other changes immediately. But it changes in a subtle way. So subtle that you cannot use it to send information. So we might ask, what is the point of studying this if we cannot use it? But if you monitor everything, you can later compare the data on one side and the data on the other side. And then you can see that in the other particle something has actually changed immediately. And that is a very exciting thing for a scientist.
It is all about different ways of looking at things and thinking about things. If you tell a person on the street that something goes faster than light, that person may accept it without question. But scientists have problems with that. It's necessary to go beyond this simple view to understand the experiment I've done».

In your lecture at the University of Trento, you will talk about the second quantum revolution. In your opinion, will it affect our perception of reality?

«The second quantum revolution concerns technology. Although we will have technologies based on it in the future, I doubt that it changes our perception of the world. But that does not mean that there will be no groundbreaking applications. Look at quantum metrology, for example. With its applications to gravity measurement, we might one day be able to predict the eruption of a volcano in advance».

Your quantum correlation experiment, which led to the demonstration of the violation of Bell's inequalities, marked a turning point in the debate that had animated the physics community for half a century. Can you tell us something about this scientific breakthrough and personal achievement?

«I had a shock when I read John Bell's paper. It showed that there was a conflict between Einstein’s world view and quantum mechanics. That really did shock me. The experiment to settle the question took me years. And when I finally did it, it was a fantastic day. That experiment was a signal to many physicists, many excellent physicists, that there was a problem that they had ignored up to that point. They did not know that quantum mechanics was even more bizarre than they were aware of.
With the entanglement, any reasonable picture that you can have in your mind doesn't work. You have to believe in the calculation. You have to believe what you're seeing. And if you insist to have a picture, it is really bizarre.
But the fact that people have realised that you can build technologies on entanglement was a big surprise to me. To be honest, I thought it was just a theoretical debate and nothing more when I did my experiment. And it took me a number of years to realise that there was a possibility of applications».

The international scientific community has high hopes for the development of the latest quantum technologies. How can we involve a wider public in this debate?

«For example, you can explain to people why there is hope that quantum computers will be more powerful than ordinary computers. If you have an ensemble of quantum bits, the amount of information that you can put into it is extraordinarily larger than what you could put into the same number of classical bits. So there is the potential for storage and manipulation of a huge amount of information in a single small system. Now, the problem is that we don't have that system yet».

You have faced many scientific challenges in your career. What is your relationship with the limits of our knowledge of the natural world?

«I don't believe in the idea of limits to knowledge. For a simple reason: when you make fundamental progress in science, you can ask new questions you could not even think of before. As you progress, you are going to find new questions to ask. So I don't see any reason to think that there is a limit to knowledge».

Winning the Nobel Prize is supposed to be the crowning achievement of an outstanding scientific career. But what has it meant to you? And how has it changed your life?

«By the time I received the Nobel Prize, my work had already been published and widely cited. From that point of view, the Nobel Prize doesn't add much. What has changed is that now there are many people who want to talk to me, get my autograph or invite me to come and visit them, and it is not easy to manage. Luckily, my university gave me an assistant to deal with all the emails and invitations. That has really been a game changer for me.
One thing I like is the opportunities to speak in high schools and meet a lot of young people. I tell them how important science is. They should learn it. They are not going to solve the problems of the planet without science.
The Nobel Prize gives me an opportunity to talk to them and they listen to me. This is what is really important in my opinion».

With your words and your work, you have the opportunity to inspire many young researchers. What message would you like to give them to encourage them to work through the frustration and difficulties of research?

«I would start with: do you love science? If you answer yes, then you need to start thinking about science in a broader sense. There are not only careers in the academic world and in academic research. Industry is missing out on talents such as mathematicians and physicists. Think about going to work there. You won't be doing basic research. But you will build fantastic technological objects, and your talent will be recognised. It's not a shame if you can't find a job in academic research. It's really very interesting when you have to solve problems in industry, even though they may be very different from academic problems. It is a different kind of challenge. But it requires as much competence and imagination.
During my visit I want to talk about this to the young people of the University of Trento, a university that I have known and appreciated for many years».