Il museo di Belle Arti di Odesa dopo l'attacco del novembre 2023 ©Ivan Strahov, Museum for change

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Salvare l’arte dalla guerra

La testimonianza di Oleksandra Kovalchuk, vicedirettrice del Museo di Belle Arti di Odesa. È ospite di un evento a Palazzo Prodi

5 febbraio 2025
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Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Affacciata sul mar Nero, riconosciuta patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco, costruita da architetti europei, famosa per la iconica immagine cinematografica della scalinata che appare nel film “La corazzata Potëmkin”. Odesa è una città nel sud dell’Ucraina ricca di storia, di monumenti e di arte, impreziosita da raffinati edifici ottocenteschi e gallerie d’arte. Una bellezza che resiste ai continui attacchi russi, l’ultimo sabato scorso. Tra le istituzioni culturali più importanti, il Museo di Belle Arti, un elegante palazzo dal colore rosso pompeiano che custodiva una collezione di oltre 11 mila opere artistiche. Il passato in questo caso è d’obbligo. Oggi infatti le sue sale contengono macerie, calcinacci, cornici vuote e finestre sbarrate. Oleksandra Kovalchuk è la vicedirettrice di questa istituzione. Dopo l’invasione russa si è rifugiata negli Usa. Una scelta dolorosa per lei. Ma il suo impegno per proteggere le opere d’arte del museo non si è mai fermato. Ha fondato “Museum for Change”, una ong che fornisce supporto per la protezione delle collezioni museali in tutte le istituzioni ucraine. Interverrà in un incontro dal titolo Cultural Heritage Protection and Conflict Insights from the EU’s Enlargement and Neighbourhood Areas, in programma venerdì 7 febbraio a Palazzo Prodi. UniTrentoMag l’ha intervistata.

Quando si pensa a un teatro di guerra, i musei e i beni culturali non sono il primo pensiero. Ma cosa sta succedendo in Ucraina dal punto di vista del patrimonio artistico?

L'Ucraina è un paese con più di duemila istituzioni culturali, più di dieci milioni di opere del patrimonio culturale. All'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, sono stati fatti molti sforzi per mettere al sicuro le nostre collezioni. Penso che alcuni lavoratori dei musei siano eroi non riconosciuti. La gente andava nei loro musei il primo giorno di guerra. Alcuni hanno vissuto per settimane all'interno dei musei sotto occupazione. Camminando per le strade di Odesa, che rimane una bellissima città europea, oggi sentirete sicuramente dolore vedendo scudi al posto delle finestre degli edifici storici, sculture pubbliche ricoperte di sacchi di sabbia e costruzioni protettive. La città viene bombardata quasi ogni giorno.   

Cosa è stato distrutto? Cosa resta a Odesa?Oleksandra Kovalchuk ©Ivan Strahov, Museum for change

Ricordo il primo bombardamento del centro storico, a luglio 2022. In soli due giorni, tre missili balistici hanno danneggiato decine di edifici storici, musei, convitti di musica, asili, scuole. È stato uno shock per tutti. Era difficile immaginare che un centro storico potesse essere bombardato. Il cinque novembre 2023 un missile russo è caduto nel cortile del Museo delle Belle Arti di Odesa, causando innumerevoli danni all'edificio. Finestre distrutte, porte spazzate via, il soffitto crollato. Centoventuno musei hanno subìto danni significativi in questi tre anni. Novanta sono attualmente sotto l'occupazione russa.

In che modo il suo impegno per l'arte continua oggi?

Ci sono organizzazioni internazionali che ci aiutano a proteggere le collezioni museali e a superare i danni dopo i bombardamenti, come la fondazione Aliph. Io personalmente faccio parte di una comunità di operatori e operatrici del settore del patrimonio culturale che si adoperao per mettere in sicurezza il patrimonio culturale. Si chiama “Cultural Emergency Response Black Sea Hub”. In tre anni abbiamo realizzato più di ottanta progetti per oltre due milioni di euro. Abbiamo sostenuto i lavoratori e le lavoratrici dei musei di tutta l'Ucraina per raccogliere fondi e proteggere le loro collezioni.

Perché è importante preservare i manufatti culturali in tempo di guerra?

Essere legati al patrimonio culturale è uno dei diritti umani fondamentali. Purtroppo, negli ultimi settant’anni abbiamo assistito a migliaia di reati contro di esso. Ma ci sono stati pochissimi procedimenti giudiziari e condanne presso la Corte penale internazionale o presso i tribunali nazionali. Al momento, l'ufficio del procuratore ucraino gestisce più di ventimila casi di crimini contro il patrimonio culturale commessi dalla Russia.

Le persone hanno bisogno dell'arte, anche in tempo di guerra, per non perdere la propria identità. Cosa significa subire il tentativo di sradicamento della propria cultura?

Questo è uno degli aspetti della guerra che raramente viene riconosciuto. Di solito, le persone sono legate al patrimonio locale nei luoghi in cui sono cresciute. Andiamo nei musei con i nonni, con i genitori, con i nostri figli. C'è una profonda connessione emotiva anche per il patrimonio architettonico. Siamo legati a queste esperienze quotidiane. Riuscite a immaginare di essere tagliati fuori dai capolavori dell'arte che vi hanno circondato per tutta la vostra vita? Non essere in grado di vedere opere d'arte che ti hanno sorpreso, istruito e ispirato? È un'esperienza traumatica quando entri nel tuo museo preferito e vedi cornici vuote sulle pareti. Questo ti disconnette dal tuo retaggio, dai tuoi ricordi. L'arte contemporanea ucraina sta fiorendo. Gli artisti fanno un lavoro molto importante, riflettendo le esperienze che vivono. Questo è anche un modo di documentare ciò che accade. Tra qualche decennio, racconteremo la storia di questa guerra attraverso i loro lavori.


La presenza della vicedirettrice del Museo di Belle Arti di Odesa a Trento è legata al progetto di ricerca dal titolo: “Il ‘modello italiano’ per la protezione del patrimonio culturale in aree di crisi: possibili traiettorie di cooperazione nei vicinati allargati”, sostenuto dal Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale e portato avanti in collaborazione con l’Università "Ca' Foscari" di Venezia e l’Eurac Research di Bolzano. L’incontro del 7 febbraio è l’evento conclusivo di questo percorso di studio partito nel novembre 2023, la cui referente è Alessandra Russo, professoressa di Scienza politica alla Scuola di Studi internazionali UniTrento. Obiettivo della ricerca è analizzare il ruolo dell’Italia nella costruzione di un modello di governance regionale e globale per la protezione del patrimonio culturale in contesti di conflitto, instabilità e fragilità socio-politica. «Abbiamo sviluppato dei brevi policy report per il Ministero – spiega Alessandra Russo – sull’impegno dell'Unione Europea in conflitti quali quello in Ucraina, in Nagorno-Karabakh, in Georgia e nei Balcani. Ci siamo resi conto che l’arte diventa memoria collettiva della guerra. Documenti e tracce di un trauma e di un passato che possono anche essere divisivi». Il progetto proseguirà per un altro anno con un finanziamento Prin-Pnrr. L’intento è fare una mappatura delle pratiche di tutela di opere d’arte in contesti di guerra condotte da istituzioni come Unesco, Aliph, Museum for Change ma anche autorità locali e attori non governativi. E dare a chi si occupa del patrimonio culturale una formazione alla gestione dell'emergenza. «Proteggere i beni culturali – sottolinea la docente – è proteggere la memoria dei civili che subiscono la guerra. Preservare la loro identità. Ritornare a casa dopo un abbandono forzato e ritrovare i simboli del proprio passato, della propria appartenenza a una comunità, significa poter ripartire dal punto nel quale tutto si era interrotto».