Sede del Cosbi ©UniTrento - ph.Alessio Coser

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Buon compleanno Cosbi!

Innovazione per la salute: da vent’anni l’impegno del centro di ricerca UniTrento-Microsoft Research

3 giugno 2025
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Swami Agosta
Studentessa collaboratrice Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Quando nel 2005 Cosbi venne fondato a Trento, il genoma umano era stato appena decifrato e la biologia dei sistemi muoveva i primi passi. Oggi, la fondazione è ancora in prima linea nel trasformare i dati in strumenti utili alla medicina personalizzata. Per celebrare questo traguardo, il prossimo 12 giugno la fondazione organizza l’evento “Big Data Meets Systems Biology: shaping the future of personalized therapies”. A raccontarne la storia e i suoi obiettivi è il presidente Enrico Domenici.

«Cosbi è nato da una collaborazione tra Microsoft Research UK e l’Università di Trento», spiega Domenici. «L’obiettivo era quello di creare un ponte tra informatica e biologia, sviluppando strumenti computazionali in grado di descrivere i meccanismi alla base della vita cellulare». Inizialmente, sotto la direzione di Corrado Priami, il centro ha puntato a creare le basi per la modellazione computazionale di sistemi biologici complessi. Ha sviluppato linguaggi di programmazione capaci di rappresentare formalmente le interazioni tra molecole, come il legame tra proteine. Una fase che ha aperto la strada a simulazioni predittive e alla validazione di ipotesi biologiche. «Per esempio, il legame tra due proteine può essere descritto da un’equazione matematica che ne definisce le condizioni. Se conosciamo quei parametri, possiamo prevedere cosa succede quando una proteina viene inibita da un farmaco». Ma la biologia non si riduce a singole reazioni. I sistemi viventi si strutturano su più livelli, dal DNA alle cellule, seguendo dinamiche molto articolate. «Descrivere processi isolati era già possibile. La vera sfida è stata modellare reti articolate, come quelle del metabolismo. Il Centro nella sua fase iniziale ha sviluppato linguaggi pensati proprio per affrontare questa ricchezza di relazioni». 
Fin dai primi anni, questi modelli hanno mostrato un potenziale predittivo importante, utile per analizzare l’effetto dei farmaci e comprendere l’origine di alcune patologie. Grazie a questi avanzamenti si è aperta la strada a collaborazioni strategiche con importanti aziende farmaceutiche e nutraceutiche con cui è stato possibile sviluppare soluzioni innovative. È su questi risultati che nella seconda fase di consolidamento il centro – divenuto poi fondazione – si focalizza sulla Systems Pharmacology, una disciplina che combina matematica, biologia e farmacologia per analizzare in modo quantitativo i processi patologici e le risposte terapeutiche. «Il nostro obiettivo è quello di fornire ai partner dati che possano davvero orientare le decisioni lungo il processo di sviluppo di un farmaco. Solo così il nostro lavoro assume pieno valore».
Oggi il contributo del Cosbi copre tutte le principali fasi della Drug Discovery, ovvero il processo attraverso cui si sviluppano nuovi farmaci, dalla ricerca iniziale fino all’approvazione per l’uso clinico. Si parte con l’identificazione e validazione del bersaglio molecolare individuando, sulla base della patologia, una proteina o un gene da modulare, e verificandone l’efficacia sperimentale. Si passa poi alla selezione del cosiddetto “candidato farmaco”. Tra le molecole attive identificate, si sceglie quella con le caratteristiche migliori da portare alla sperimentazione clinica. Infine, si arriva alla fase regolatoria, in cui si definiscono aspetti cruciali come la dose ottimale e il profilo di sicurezza del trattamento. «In ognuno di questi passaggi possiamo dare un contributo concreto - spiega - ed è forse questo il risultato più importante raggiunto in questi vent’anni: essere passati da un approccio metodologico a un impatto operativo misurabile».
Oggi il lavoro della fondazione si concentra su due linee strategiche. La prima è l’estensione dell’approccio della farmacologia quantitativa dei sistemi anche al di fuori delle grandi aziende, portandolo nelle università, nei centri pubblici, nelle strutture sanitarie. «Alcune realtà hanno già adottato stabilmente questo metodo ma molte altre non hanno ancora le risorse per farlo. Democratizzarne l’accesso è una delle nostre priorità» spiega Domenici.
La seconda grande sfida sta nell’uso intelligente dei big data. «Ad oggi, il genoma di milioni di persone nel mondo è stato sequenziato e in molti casi i dati sono accessibili anche a chi fa ricerca, attraverso piattaforme sicure e procedure di autorizzazione, grazie a politiche di Open Science». A questi si aggiungono dati clinici, metabolici, proteici: un’enorme mole di conoscenze potenzialmente sfruttabili. «Serve però la capacità di collegare e razionalizzare tutte queste informazioni, trasformandole in ipotesi operative». È in questo scenario che si inserisce l’investimento della fondazione nell’intelligenza artificiale: modelli capaci non solo di semplificare l’analisi, ma anche di prevedere l’esito di un esperimento prima ancora che venga realizzato. Non per sostituire la ricerca, ma per renderla più mirata, efficiente e sostenibile.
Cosbi guarda al futuro con l’ambizione di rendere la ricerca sempre più efficiente. «La nostra sfida», dice Domenici, «è quella trasformare i dati in un tipo di conoscenza che possa davvero orientare le decisioni in ambito scientifico e clinico». In un mondo dove le informazioni aumentano di continuo, non conta tanto accumularne altre, quanto saper leggere quelle che abbiamo già, metterle in relazione e trasformarle in risposte reali per la medicina e la società.