Organizzazione. Nel lavoro, ma anche nella vita. Alessia Andreatta, ingegnera, direttrice Ambiente di Gruppo Dolomiti Energia, sarà l’alumna testimonial alla cerimonia di laurea del 24 ottobre 2025. A Unitrentomag racconta le esperienze che più l’hanno fatta crescere e diventare ciò che è ora. Fin dalla scelta universitaria maturata negli anni del liceo classico: «Mi affascinava l’idea di costruire. L’ingegnere immagina e poi trova il modo per realizzare ciò che ha immaginato. Ecco, io volevo creare, organizzare, far crescere. Trovare la via per permettere di raggiungere determinati obiettivi. È quello che poi ho fatto nel lavoro di consulente ed è quello che faccio oggi in Gruppo Dolomiti Energia».
Dottoressa Andreatta, all’Università di Trento si iscrisse a un corso sperimentale, che era appena partito e che era innovativo sotto vari aspetti. Fu un atto di coraggio, di fiducia o di incoscienza?
«È stato soprattutto un atto consapevole. Sono sempre stata una persona molto concreta. Volevo studiare ingegneria e mettermi immediatamente in gioco. Per questo ho scelto il corso di Ingegneria del controllo ambientale, che era triennale e aveva un forte approccio tecnico-pratico. Potevi fare anche diversi stage. Ricordo che uno lo svolsi in quella che all’epoca si chiamava Sit, la Società industriale trentina, diventata poi il Gruppo Dolomiti Energia».
Qual era il clima che si respirava nelle aule di Mesiano negli anni Novanta?
«C’era un clima molto diverso rispetto all’attuale. Ragazze saremmo state cinque o sei su 600 matricole. Ingegneria era una facoltà prettamente maschile, ma non lo ricordo come un problema. C’era un’atmosfera serena e positiva, di grande supporto reciproco. Il docente era visto come un’istituzione, con un certo distacco e formalità, anche se in realtà era disponibile e accogliente con noi. C’erano molte più regole, anche nel modo di vestirsi».
Cosa l’ha fatta crescere di più negli anni degli studi universitari?
«È stato molto formativo imparare a gestire il mio tempo. Avevamo in media dieci esami l’anno ed era fondamentale organizzarsi la giornata e lo studio».
Quando ha avuto modo di tornare nelle aule universitarie, cosa l’ha colpita?
«Poco tempo dopo la laurea, ci sono tornata come tutor, per un anno intero come assistente dell’insegnamento di Chimica applicata alla tutela dell’ambiente. Mi ha colpita la voglia di confronto. La percepisci solo quando sei al di là della cattedra. Per me è stata una piacevole sorpresa. Mi chiedevano di mettermi in gioco molto più di quanto avessi pensato. È stata un’esperienza che mi ha arricchita molto».
Quanto è stato impegnativo inserirsi nel lavoro?
«L’inserimento nel mondo del lavoro è stato molto veloce, ma anche molto impegnativo. Il mio primo datore di lavoro mi ha dato piena fiducia, così come i colleghi. Non posso dire lo stesso dei clienti quando si vedevamo davanti una consulente di 26 anni e pure donna (sorride). Era un’azienda che offriva consulenza per i comparti più diversi in tutta Italia. Con i clienti la fiducia me la sono dovuta conquistare. La situazione mi divertiva e mi stimolava a dimostrare ancora di più la mia preparazione e le mie capacità. Alla fine i risultati arrivavano e i clienti erano soddisfatti e quando tornavano chiedevano di me».
Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere a chi ha conseguito da poco la laurea?
«Non accontentatevi mai, cercate il miglioramento continuo, uscite dalla comfort zone, siate protagonisti della vostra vita e della vostra carriera. I “no” che riceverete sono opportunità per cercare strade nuove. La soddisfazione non viene dall’esterno, nasce da se stessi».
Cosa porta di lei nel lavoro? E cosa porta del lavoro nella vita?
«Nel lavoro porto tanto di me stessa. Porto curiosità, voglia di capire, di conoscere tutto il processo per migliorare le dinamiche. Porto la capacità di ascolto e di pensiero critico. Ma anche il mio essere una persona molto organizzata.
Dall’altra, il mio è un lavoro energivoro sia in termini di tempo sia di responsabilità. Ho cercato di trovare un equilibrio per proteggere la mia famiglia da problemi del lavoro e da un eccesso di organizzazione. Ma forse non sempre sono così brava se delle volte a casa mi dicono: “Guarda che qui non siamo in azienda” (sorride). Sono però sicura di aver trasmesso ai miei figli una certa capacità di organizzarsi la loro vita».
Quanto incide la situazione internazionale sulle politiche ambientali e sulle priorità di Dolomiti Ambiente?
«Anche se le politiche ambientali globali vengono decise da organismi internazionali o grandi vertici sul clima, il loro impatto si riflette in modo molto concreto. Ad esempio, le società di raccolta rifiuti si trovano a dover rivedere le modalità operative, promuovendo la raccolta differenziata spinta, l’ottimizzazione dei percorsi dei mezzi per ridurre le emissioni, l’utilizzo di veicoli ecologici e l’implementazione di sistemi digitali per il monitoraggio e la tracciabilità dei rifiuti. Inoltre, molte amministrazioni locali richiedono alle società di gestione rifiuti nuovi standard di servizio, campagne di sensibilizzazione e progetti innovativi per aumentare il tasso di riciclo e ridurre al minimo il conferimento in discarica. Sono operatori come Dolomiti Ambiente che affiancano i cittadini e le amministrazioni diventando abilitatori della transizione ecologica».
Quanto conta l’informazione, la sensibilizzazione e il coinvolgimento della cittadinanza in tema di gestione dei rifiuti e tutela ambientale?
«Temi come la tutela dell’ambiente e la corretta gestione dei rifiuti non possono prescindere dal coinvolgimento attivo dei cittadini. L’informazione è fondamentale per renderli consapevoli e responsabili, ma sono le loro azioni quotidiane a fare davvero la differenza. Quando i cittadini sono attivi, si creano meccanismi virtuosi che permettono di trasformare le politiche in risultati reali. Ogni cittadino ha un potere concreto per agevolare il cambiamento: senza la sua partecipazione, anche le migliori scelte restano inefficaci».




