“Infermità mentale, imputabilità e disagio psichico in carcere” sono i temi, tanto delicati quanto difficili, trattati in un convegno che si è svolto nelle scorse settimane alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.
Le sessioni di lavoro hanno visto la partecipazione di esperti sia dell’ambito forense che medico, connotando così l’evento dell’interdisciplinarietà necessaria per affrontare una questione così complessa, oggetto di dibattito sia dal punto di vista dogmatico che applicativo. Il dialogo è stato arricchito anche da testimonianze concrete di operatori, trentini e non, che nel quotidiano si trovano a confrontarsi con questa realtà.
Il difficile rapporto tra esigenza punitiva ed esigenza curativa, messo in luce nella relazione introduttiva del professor Francesco Palazzo dell’Università di Firenze, è sicuramente il nodo cruciale dal quale partire per definire i confini di queste due istanze, che devono necessariamente coesistere all’interno del sistema penale. Diventa allora fondamentale riuscire a individuare perfettamente il concetto di “infermità mentale” da cui far dipendere la non imputabilità di un soggetto.
Ma quello di infermità mentale è un concetto che secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 9163 del 25 gennaio 2005) resta delineato in termini generici: nella sua accezione più ampia comprende anche i gravi disturbi della personalità. Inoltre, quello in tema di infermità mentale è sicuramente un accertamento non facile in cui è essenziale che il giudice di cognizione sia coadiuvato dal lavoro meticoloso e accurato degli esperti che devono redigere e produrre la perizia psichiatrica in giudizio.
E quello dell’attendibilità della perizia è senza dubbio un tema “caldo” e meritevole di riflessione.
Di altrettanta fragilità e difficoltà si connota il giudizio prognostico di pericolosità sociale che i magistrati di sorveglianza sono chiamati a effettuare in fase d’esecuzione.
La pericolosità sociale è uno dei temi centrali nella riforma (legge n. 81/2014) che ha caratterizzato il passaggio dagli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) alle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), strutture più piccole di carattere terapeutico volte a privilegiare percorsi esterni. Benché tanto attesa, è rimasta “una riforma a metà del guado” in quanto la modifica normativa non ha poi trovato piena applicazione nella pratica.
Purtroppo, inattuata è rimasta anche la delega per la riforma dell’ordinamento penitenziario (legge n. 103/2017) in tema di sanità penitenziaria e di misure di sicurezza che, secondo il disegno predisposto dalla Commissione Pellissero, avrebbe fornito al Tribunale di Sorveglianza una serie di soluzioni possibili da adeguare al singolo caso: detenzione domiciliare in deroga, affidamento in prova terapeutico e differimento della pena.
L’infermità mentale può insorgere anche in fase d’esecuzione della pena e anzi, quello del disagio psichico inteso in senso ampio è uno tra i problemi più rilevanti che interessa anche la realtà locale. Due psicoterapeute della casa circondariale di Spini di Gardolo (Trento) hanno, infatti, confermato l’esistenza del disagio psichico quale realtà diffusa, che nella sua cura e comprensione necessita di un approccio integrato da parte di tutta l’équipe che si occupa del trattamento e di un monitoraggio costante nella sua evoluzione. Merita allora un plauso l’intervento della Consulta (sent. n. 99/2019) che ha parzialmente colmato il preoccupante vuoto di tutela per i soggetti affetti da infermità psichica sopravvenuta, che oggi possono accedere alla detenzione domiciliare in deroga sulla base del solo presupposto della gravità della malattia psichica.
Si ringrazia l'artista Mago per la gentile concessione dell'immagine
Dal 31 gennaio al 1° febbraio si è svolto il convegno “Infermità mentale, imputabilità e disagio psichico in carcere: definizioni, accertamento e risposte del sistema penale” organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo in collaborazione con la Camera Penale di Trento e con il supporto dell’Ufficio Garante dei diritti dei detenuti della Provincia autonoma di Trento.
Due intense e fruttuose giornate di dialogo con molti gli spunti di riflessione che le diverse relazioni hanno proposto, confermando la forte attualità del tema trattato.
L'evento è stato accreditato dall'Ordine degli avvocati di Trento e dall’Ordine degli assistenti sociali.
Responsabili scientifiche: Antonia Menghini e Elena Mattevi (Facoltà di Giurisprudenza, Università di Trento).
Video disponibile nella pagina web dell'evento.