Roma, 27 marzo 1985, una giornata piena di sole. Dopo aver fatto lezione, Ezio Tarantelli, docente di Economia del lavoro presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università “La Sapienza”, viene assassinato dalle Brigate Rosse.
A distanza di circa trent’anni, il figlio Luca firma un bel volume (“Il sogno che uccise mio padre”, Milano, Rizzoli, 2013) che ripercorre la vicenda umana, scientifica e politica del padre.
Si è discusso del volume di Luca Tarantelli e della figura del padre in una tavola rotonda organizzata il 12 marzo scorso dal gruppo “Memoria e Diritto” presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento. Tra i relatori, Sandro Trento e Paola Villa, docenti presso il Dipartimento di Economia e Management dell’ateneo trentino, Giorgio Bolego, docente presso la Facoltà di Giurisprudenza, e lo stesso Luca Tarantelli.
Ma chi era Ezio Tarantelli?
Tarantelli si era laureato in Economia e commercio nel 1965 presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Aveva poi approfondito gli studi all’Università di Cambridge in Inghilterra, quindi presso il Massachusetts Institute of Technology negli Stati Uniti, dove collaborò con Franco Modigliani (premio Nobel per l’economia). Negli Stati Uniti incontrò la futura moglie, Carole Beebe. Prese quindi servizio come funzionario presso il Servizio Studi della Banca d’Italia e vi rimase fino al 1973. Successivamente iniziò a insegnare presso l’Università “Cattolica” di Milano e nel 1976 divenne professore ordinario di Politica economica all’Università di Firenze. Nel 1984 approdò infine alla Sapienza di Roma.
Secondo Tarantelli, l’economia sarebbe stata una scienza inutile se si fosse limitata a descrivere i fenomeni come fanno le scienze naturali. Tarantelli non era un accademico astratto, chiuso nella sua stanza, ma era convinto che un economista dovesse essere un riformatore sociale, dovesse in altri termini offrire le proprie analisi, i propri consigli tecnici a chi aveva la responsabilità della politica economica di un Paese. Tarantelli era consulente della Banca d’Italia e del sindacato CISL.
L’Italia, a differenza di altri Paesi europei avanzati, non era stata capace alla fine degli anni ’70 di debellare l’elevata inflazione generata da un conflitto redistributivo molto aspro, accresciuta dagli shocks petroliferi e da una politica economica accomodante. Nei primi anni ’80 il tasso di inflazione in Italia restava ancora molto più elevato di quello dei suoi principali partner. Nel 1975 era stato stipulato un accordo sull’indicizzazione dei salari che introduceva un meccanismo perverso di trascinamento degli aumenti dei prezzi, scaricandoli su aumenti salariali e su successivi nuovi aumenti dei prezzi (la c.d. scala mobile con punto unico). Tarantelli riteneva indispensabile rompere questa spirale. Sindacati e imprese avrebbero dovuto predeterminare gli aumenti salariali e dei prezzi, dandosi obiettivi di inflazione via via calanti. Il governo avrebbe dovuto creare le condizioni idonee, ad esempio attraverso politiche sui servizi pubblici che favorissero le condizioni di vita dei ceti meno abbienti. La Banca centrale avrebbe dovuto reprimere con forza ogni eventuale fiammata inflattiva di origine esogena.
Il punto unico di contingenza introdotto dall’accordo del 1975 era diventato un serio problema anche perché veniva ritenuto simbolicamente una delle conquiste irrinunciabili del movimento operaio da parte del PCI e della CGIL.
Da anni il Paese era insanguinato da bombe e omicidi terroristici. Il clima era inquinato da trame eversive. In questo quadro, il 14 febbraio del 1984 il governo Craxi, attraverso il c.d. decreto di San Valentino, decise un taglio di 4 punti della scala mobile. Tarantelli smentì di essere il padre di quel decreto ma criticò la posizione di chiusura preconcetta che PCI e CGIL ebbero nei confronti della predeterminazione dell’inflazione.
Si aprì un dibattito molto acceso nel Paese, del quale Tarantelli fu uno dei protagonisti e nel corso del quale non vi furono delle proposte alternative credibili alla predeterminazione. Venne anzi raccolto un milione di firme per un referendum che abrogasse il decreto di San Valentino.
L’omicidio di Tarantelli spezzò a soli 43 anni la vita di un economista che si batteva per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, che sognava un Paese più equo.