Il gruppo che ha partecipato allo stage di misure idrauliche a Mantova

Formazione

A pelo d'acqua

Diario di uno stage sulle rive del Mincio per studiare lo stato di salute del fiume. Il racconto di chi ha partecipato

10 settembre 2024
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Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Hanno navigato a bordo di due canoe lungo parte del Mincio per esplorarlo e raccogliere dati su portata, velocità e profondità dell’acqua. Cinque giorni, dal dieci al quattordici giugno, di attività sul campo per studiare la gestione della risorsa idrica nella zona del mantovano. Lo stage di misure idrauliche, giunto alla quarta edizione e coordinato da Marco Tubino, docente di Idraulica al Dicam, e dal ricercatore Luca Adami, era rivolto a studenti e studentesse del corso di laurea magistrale Ingegneria per l'ambiente e il territorio. Hanno partecipato in dieci. Tra loro Leoluca Corello, Riccardo Salucci e Alessandro Vettori che insieme a Matteo De Vincenzi, dottorando e coordinatore delle attività, raccontano a UniTrentoMag questa esperienza.

Il viaggio parte da Trento per arrivare a Mantova, più precisamente nelle “Valli del Mincio”. Una riserva naturale di importanza comunitaria. Un territorio umido, fondamentale per l’avifauna, minacciato dalla scarsità d’acqua e dall’accumulo di sedimenti provenienti dalla campagna circostante. Il gruppo di lavoro UniTrento, attrezzato con strumentazioni tecniche necessarie per fare le rilevazioni, nei cinque giorni di permanenza ha avuto la possibilità di sperimentare nella pratica quello che si studia in aula. Di trascorrere giornate intere, fianco a fianco, con i propri docenti. Di condividere, tutti insieme, anche momenti di svago e rilassatezza. Momenti in cui ci si conosce un po’ di più. Le attività sono state organizzate in collaborazione con i principali stakeholder della zona: il Consorzio di bonifica Territori del Mincio, la Provincia di Mantova, il Parco del Mincio, l’AIPo – Agenzia interregionale per il fiume Po, l’associazione Tavolo del Mincio. I rappresentanti di queste realtà raccontano il loro impegno per la protezione idraulica del territorio e la messa in sicurezza di Mantova da eventuali allagamenti in caso di forti piogge, la salvaguardia dell’ecosistema e la tutela dell’agricoltura locale. Raccolte queste prime conoscenze, iniziano le attività di perlustrazione attraverso i tanti e stretti canali fluviali, dove a causa del basso livello dell’acqua (alcuni non raggiungono neanche il metro) capita anche di restare incagliati con l’imbarcazione. Imprevisti che possono succedere, come la pioggia che non è mancata o qualche scherzo dell’attrezzatura, quando si lavora all’aria aperta e in un luogo così complesso. Basta riuscire ad adattarsi per proseguire l’attività di ricerca. Prima la batimetria del fondo, cioè la misurazione della profondità del fiume. Poi, con l’ausilio di apparecchiature specifiche come il sensore Adcp, si passa alla rilevazione della velocità e della portata del fiume. L’obiettivo è documentare come stanno evolvendo le valli del Mincio, che negli ultimi anni stanno soffrendo la carenza idrica. Per motivi legati alla sicurezza di Mantova, infatti, l’acqua viene deviata attraverso un canale chiamato “scaricatore” per aggirare la città. Così facendo però le zone circostanti rischiano di restare a secco. L’effetto principale è una forte sedimentazione di materiale come limo, piante e terreno provenienti soprattutto dai campi limitrofi. E progressivamente queste valli si stanno interrando, con la conseguenza che molti canali potrebbero presto sparire. La presenza del gruppo di studiose e studiosi non passa certo inosservata. Molte persone del posto sono incuriosite da questi giovani che vanno su e giù lungo i canali. Li avvicinano per parlare del loro fiume e di come sia cambiato nel tempo, li accompagnano in quel reticolo di piccoli corsi d’ acqua che conoscono così bene, esprimono preoccupazione per la condizione attuale. Ricordano come un tempo proprio lì si nuotava e si pescava. Oggi, non più. Testimonianze preziose, che arricchiscono le informazioni utili alla comprensione della situazione. Un esempio su tutti, la presenza dei fiori di loto. Piante che al turista possono sembrare caratteristiche della zona, ma che in realtà sono aliene e pure infestanti. Ecco a cosa serve la figura dell’ingegnere ambientale: trovare il giusto equilibrio tra le diverse esigenze del territorio. Da un lato la sicurezza idraulica della città di Mantova, dall’altro l’approvvigionamento di acqua per l’agricoltura, dall’altro ancora il mantenimento dell’ambiente naturale. Necessità che possono cambiare da una stagione all’altra. Proprio perché, come il professor Tubino ripete più volte al gruppo, le situazioni reali sono più complesse di quanto si possa immaginare. I dati raccolti serviranno poi a creare delle mappe che mostrano la profondità dei vari canali e saranno messi a disposizione degli enti e delle istituzioni per pensare a interventi di miglioramento. Intanto, a fine giornata, smessi i panni bagnati da lavoro, ci si ritrova a cena per chiacchierare, condividere riflessioni. Cala la distanza tra insegnanti e discenti. Si racconta di quello che accade in ateneo, aneddoti di vita universitaria. Si confidano difficoltà e ambizioni. La mattina dopo si ricomincia. Un occhio al cielo per scrutare le nuvole, l’altro al Mincio. Alla ricerca di spiegazioni sui suoi cambiamenti.