C’è tempo fino a sabato 5 ottobre per visitare “Memi d’autore”, una mostra singolare, dove le immagini della cultura di massa incontrano episodi e personaggi famosi della storia ecclesiastica, temi delle dispute teologiche medievali, santi, pensatori e papi. Un crash culturale con esiti inaspettati, che si prende gioco di luoghi comuni e stereotipi della storia della Chiesa.
Tutti conosciamo i memi digitali, quei contenuti virali in grado di monopolizzare la nostra attenzione sui social e di suscitare divertimento. Ma non tutti sorridiamo guardando lo stesso meme, perché questi contenuti ‘funzionano’ se condivisi all’interno di gruppi con caratteristiche comuni. E questo è forse il segreto (e allo stesso tempo il limite) del loro successo. Ecco perché la mostra “Memi d’autore” potrebbe suscitare diverse reazioni in base al background culturale di chi la visita. Di sicuro strapperà un sorriso compiaciuto a chi ha studiato o è appassionato di storia. Tutti e tutte potranno invece conoscere un originale approccio didattico. La mostra, infatti, nasce nell’ambito del corso di Storia del Cristianesimo e delle Chiese e presenta circa settanta lavori realizzati dagli studenti e dalle studentesse del Dipartimento di Lettere e Filosofia. L’ideatore e il promotore dell’iniziativa è Emanuele Curzel, docente titolare del corso e curatore della mostra.
Emanuele Curzel ha iniziato a utilizzare i memi in ambito didattico alcuni anni fa, prima mostrandoli e poi proponendo a studenti e studentesse di realizzarne alcuni. L’esperimento, con pochi se non nulli precedenti in Italia, non aveva certo l’obiettivo di fare storia con i meme, ma di introdurre un elemento giocoso che facesse anche riflettere, sviluppando la capacità di saper comunicare in maniera immediata contenuti complessi. Senza trascurare un’altra finalità: divertirsi un po’, imparando, attraverso l’ironia, che con la storia non si scherza. E così, nel corso degli anni, è nata una vera e propria collezione di memi ideati da corsisti e corsiste, alcuni dei quali pubblicati sui profili social del docente.
«Durante le lezioni – spiega Curzel – abbiamo riflettuto sul concetto di ‘meme’ e sugli elementi che caratterizzano questo peculiare prodotto della creatività. Il meme è un’unità di base della trasmissione della memoria e per sua natura è virale, semplice e immediato. La sua efficacia, però, si realizza solo a determinate condizioni: per far sorridere un meme non deve mirare a un pubblico generico, ma a un contesto specifico e ristretto, che condivide un’esperienza e una narrazione comune. E nel nostro caso, questo elemento comune erano i temi delle lezioni. In poche parole il meme si diffonde grazie al nostro narcisismo e alla ricerca di like, per questo andrebbe sempre ribadito che i memi vanno ‘maneggiati con cura’».
Pregi e limiti dei memi sono ben elencati nel testo che introduce la mostra: a livello didattico sono ottimi strumenti per attirare l’attenzione, coinvolgere, memorizzare concetti chiave e stimolare la riflessione critica sugli eventi storici. Di contro, riducono e banalizzano la complessità dei fatti, rafforzando giudizi sommari o stereotipati. Dopo il pannello introduttivo, la mostra prosegue con i “memi d’autore” disposti sulle pareti dell’aula, suddivisi in otto sezioni tematiche dai titoli a volte evocativi come “Storie di abbracci”, a volte più didascalici “Storie di Vangeli e di Epistole”. Nella maggior parte dei casi, le immagini utilizzate per creare i meme sono molto note – è condizione necessaria per questo genere di comunicazione – e attingono all’immaginario pop e a quello della cultura di massa degli ultimi decenni (abbondanti): Bud Spencer e Terence Hill, Berlusconi che nell’aprile 2018 conta i punti del programma mentre Salvini li elenca, Batman che schiaffeggia Robin in un celebre fumetto, cartoni animati. Altri meme si basano su fotografie o disegni meno noti, se non su opere d’arte o ritratti di papi e personaggi di varie epoche. Tutte le immagini vengono reinterpretate in chiave storica, grazie ai testi che trasmettono un breve contenuto. Ci sono anche meme che fanno riferimento al lavoro dello storico, alla fatica di spulciare negli archivi parrocchiali. E solo chi ha provato la gioia di consultare gli atti di una visita pastorale del XVII secolo potrà capire certi riferimenti.
Ma quando si può dire che un meme storico è efficace? Probabilmente uno dei segreti è la capacità di creare una connessione immediata e sintetica tra il passato e il presente. Il processo di creazione di un meme storico richiede infatti una buona comprensione sia del contesto da cui deriva l’immagine (la scena di un film, una fotografia, un fumetto) sia del fatto storico su cui si vuole ironizzare. Un processo non banale, che richiede uno sforzo anche all’osservatore. Ecco perché il docente-curatore ha corredato alcuni 'memi d’autore’ con brevi spiegazioni che illustrano ai non addetti ai lavori il riferimento storico protagonista del meme.
Commenta Emanuele Curzel, con l’ironia che si addice a questo tipo di iniziativa: «La mostra è nata su sollecitazione di chi conosceva questa mia attività di creatore e promotore di meme storici. Non sono convinto d’avere fatto la cosa giusta, ma almeno ci siamo fatti due risate».
La mostra, realizzata in collaborazione con l’Arcidiocesi di Trento, è visitabile gratuitamente dalle 15.00 alle 18.00 nelle giornate di giovedì, venerdì e sabato nella chiesa di Santa Margherita in via Prepositura a Trento.