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Formazione

Giovani in campo

Quindici aree tematiche, due laboratori, una piattaforma di trasferimento tecnologico per il Future Farming. Ecco il bando

10 dicembre 2024
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Elisabetta Brunelli
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Cambiamento climatico e decremento demografico mettono l’agricoltura davanti a un punto di svolta. Per intraprendere il nuovo corso ha bisogno urgente di idee e competenze innovative. «Portiamo indietro i cervelli rubati all’agricoltura» commenta Riccardo Rigon, direttore del Centro Agricoltura Alimenti Ambiente (C3A) e componente del comitato tecnico-scientifico di Future Farming Initiative in rappresentanza di UniTrento. «Serve una nuova alleanza tra tecnologia e natura nel segno dell'equilibrio e della sostenibilità» aggiunge. Va in questa direzione il bando che chiede a giovani ricercatori e ricercatrici, startupper, innovatori e innovatrici di proporre entro il 20 dicembre progetti da sviluppare per l’agroalimentare.

Si tratta di un’iniziativa selezionata dal Ministero dell’Università e della Ricerca come ammiraglia (flagship) del Piano Mattei. Future Farming è un esempio di partnership tra pubblico e privato nel settore delle biotecnologie applicate all'agricoltura del futuro. Finanziato dall'Unione europea – Next Generation Eu, nell’ambito del Pnrr, il partenariato è costituito dall’Università Ca’ Foscari e dalla società Zero e coinvolge ad oggi una decina di istituzioni a cominciare dall’Università di Trento. Due le infrastrutture di punta per la trasformazione delle idee in soluzioni concrete: Roncade (Treviso) con attrezzature, strumentazioni per le analisi chimiche, camere climatiche e infrastrutture di calcolo per supportare l’agricoltura digitale e Pordenone con tecnologie e strutture per l’agricoltura verticale (vertical farming).
Le prospettive del trasferimento tecnologico nell’agroalimentare sono promettenti. Secondo il libro bianco del World Economic Forum, infatti, le buone politiche in questo campo sono in grado di generare circa 10mila miliardi di dollari entro il 2030. Un processo lungo e articolato, globale, a cui potranno dare il loro contributo anche ricercatori e ricercatrici, startupper, innovatori e innovatrici di varie discipline partecipanti alla Call for Project Proposals 2024 promossa da Future Farming Initiative.
Quindici le aree tematiche per le proposte che vanno da agricoltura protetta e ambiente controllato a irrigazione e gestione dell’acqua, da sementi innovativi ad agrofarmaci, da spreco e scarto alimentare a droni e satelliti per le colture, dalla gestione integrata dell'acquacoltura all’ottimizzazione delle piante in climi aridi e semi-aridi, da allevamento e riproduzione al cibo sostenibile, dall’agricoltura molecolare agli additivi dei saponi da bucato.

Professor Rigon, quali requisiti devono avere i progetti da proporre?

«Ciò che viene richiesto è di inviare progetti a uno stadio avanzato, ovvero già consolidati dal punto di vista scientifico e pronti per essere sviluppati come prototipi e soluzioni industriali per i bisogni del mercato».

Quali sono le opportunità per chi partecipa al bando?

«Partecipare significa accedere ai laboratori di ultima generazione negli hub di Roncade e di Pordenone, avere opportunità di finanziamento per aumentare la maturità dei progetti, collaborare con partner industriali e istituti di ricerca di eccellenza, poter contare su attività di mentoring e coaching e avere occasioni di entrare in contatto con reti di investitori».

La svolta del Future Farming rientra nel contesto più ampio della quarta rivoluzione industriale (Deep Tech). Quali sono gli scenari per l’agricoltura?

«L’agricoltura è sottoposta a un grande stress e ha bisogno di tanta intelligenza. Per usare uno slogan, direi “Portiamo indietro i cervelli rubati all’agricoltura”».

Quali sono le principali sfide?

«Le due sfide epocali sono il decremento demografico e il cambiamento climatico. Il decremento demografico comporta problemi di mantenimento delle coltivazioni e un calo della clientela. La manodopera dovrà essere sostituita da robot. Penso all’automazione nell’irrorazione e nella raccolta della frutta, ad esempio. Il cambiamento climatico, così veloce, poi non dà il tempo alla natura di adattarsi. Alcune coltivazioni non saranno più proponibili, altre andranno spostate altrove. Si presenteranno, come già dimostra il bostrico, nuove malattie. Occorre quindi rispondere con il miglioramento genetico delle piante, lo sviluppo di agrofarmaci, l’ottimizzazione di irrorazione e irrigazione e altre soluzioni. Penso anche a un impiego sempre maggiore di satelliti e droni per monitorare le coltivazioni dall’alto e fare valutazioni e previsioni sempre più affidabili. Al tempo stesso ciò richiederà nuove competenze per la gestione e la tutela dei dati».

Per molto tempo tecnologia e natura sono state viste come antagoniste. Qual è oggi la prospettiva?

«Serve una nuova alleanza tra tecnologia e natura nel segno dell'equilibrio. Un termine che viene utilizzato è “agricoltura rigenerativa”, un nuovo approccio di co-progettazione della natura. È necessario poi aumentare la consapevolezza dell’interconnessione tra livello locale e livello globale. E anche avere una visione di sistema, complessiva. Penso all’approvvigionamento idrico: è necessario orchestrarlo meglio per far fronte ai periodi di siccità. Un altro tema è quello dei suoli che sono stati depauperati. La chimica usata in passato ha avuto un impatto ambientale drammatico. C’è la sfida della sostenibilità. L’agricoltura deve impattare il meno possibile sull’ambiente e, anzi, deve sostenerlo».

Come tutelare i prodotti?

«La strategia è “Farm to Fork” indicata dalla Commissione europea per guidare la transizione agricola verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. Per la prima volta si propongono misure e obiettivi che coinvolgono l’intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, passando per la distribuzione. Le filiere sono un aspetto importante per la difesa del prodotto».

In tutto ciò, che ne sarà dell’agricoltura di montagna?

«Certamente nel tempo andranno a modificarsi specie e tecnologie di coltivazione. Ma l’agricoltura è e continuerà ad essere articolata in agricoltura di pianura e di montagna, in agricoltura delle grandi aziende e delle piccole. Così come c’è futuro per l’agricoltura di nicchia. Penso alla Val di Gresta per dire che non vi è una sola contemporaneità, quella ipertecnologica, ma vi sono varie contemporaneità che trovano spazio e ragione di essere nella diversità delle agricolture e dei territori e si possono giocare più sul piano sociale ed economico che su quello tecnologico. Come scienziato, poi mi auguro che l’approccio scientifico vada a permeare anche gli aspetti culturali e quotidiani, specialmente nella voglia di sperimentare, verificare e usare tutti gli strumenti che il nostro tempo ci propone, ed eventualmente crearne di nuovi, se quelli che ci sono non bastano».

Per ogni ulteriore chiarimento o richiesta d’informazioni, contattare il team di Future Farming all’indirizzo email: submissions [at] f2initiative.eu