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Formazione

Navigare tra le onde del diritto

Il contributo delle scienze giuridiche per garantire il rispetto delle minoranze religiose

4 marzo 2025
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Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Formare giuristi e giuriste con una visione globale e inclusiva del mondo nella sua complessità, affinché abbiano strumenti e capacità per decidere di fronte a questioni che riguardano la dignità e la libertà di un individuo. Con questo spirito e questo obiettivo Rossella Bottoni e Francesca Oliosi, rispettivamente professoressa associata e ricercatrice della cattedra di Diritto e Religioni del Dipartimento Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, portano avanti il progetto di ricerca "Minoranze religiose nel tempo e nello spazio". L’iniziativa, partita tre anni fa insieme alla professoressa Erminia Camassa e rinnovata di recente fino al 2027, è finanziata dall’Università e rientra nel piano strategico del dipartimento. Abbiamo intervistato le due attuali referenti.

Per comprendere a fondo le dinamiche che caratterizzano il fenomeno della migrazione oggi, non basta più uno sguardo antropologico, sociologico, storico. Bisogna trattarlo con un approccio multidisciplinare, che comprenda anche il linguaggio e la pratica Francesca Oliosi del diritto. Le persone che arrivano nel nostro paese, e più in generale in Occidente, portano con sé il proprio vissuto, culture e abitudini diverse, praticano credi differenti. Aspetti che ne definiscono l’identità e che non possono essere trascurati quando si parla di accoglienza, quando si decide per una richiesta di asilo politico su base religiosa. «Ai nostri ragazzi e ragazze – ci dice Oliosi (nella foto a destra) – spieghiamo sempre che la nostra società è multietnica e multiculturale. Il tema dell'appartenenza religiosa, soprattutto rispetto alla questione migratoria va approfondito e non trattato con superficialità come spesso accade, soprattutto da parte dei media. La nostra azione legislativa si traduce per lo più in provvedimenti emergenziali e questo è un tema che gli studenti sentono molto. Raccontano esperienze, sollevano questioni, si interrogano». Spazi di confronto e di approfondimento non mancano al Dipartimento Facoltà di Giurisprudenza. Corsi come Diritto dell’immigrazione o il master in Diritto e Politiche delle migrazioni (promosso insieme ai dipartimenti di Rossella BottoniSociologia e Ricerca sociale, e Psicologia e Scienze cognitive) ne sono un esempio. «Il nostro impegno – chiarisce Bottoni (nella foto a sinistra) – è quello di spiegare cosa significano alcuni concetti sui quali si fa confusione. Io insegno introduzione al diritto islamico. Una cosa che spiego, per esempio, è che l’espressione la jihad (“guerra santa”) è impropria, e che è corretto invece il jihad (“sforzo di diffusione e di difesa della fede”, di cui la componente armata non è che un elemento, seppure il più abusato). A partire da queste nozioni ognuno può poi costruire opinioni critiche personali. Si tratta di fornire gli strumenti per navigare nella disinformazione». È evidente che le immigrazioni trasformano la nostra società. Qual è allora il ruolo delle scienze giuridiche nel trovare l’antidoto per far coesistere i diversi valori? «C'è una questione di interdisciplinarità che non può essere più trascurata. Bisogna imparare a far dialogare il linguaggio giuridico con le nuove esigenze. Renderlo accessibile. Uscire dai propri schemi consolidati di ricerca.», risponde la docente. Oliosi prosegue: «Il ruolo del diritto è quello di regolare la società ma, nel farlo, ogni ordinamento attinge dalla propria esperienza storica, sociale, politica e anche religiosa. Per questo anche per i giuristi attualmente è fondamentale studiare le religioni: da un lato per conoscere quanto il diritto canonico è stato fondamentale nel delineare molti istituti così come li conosciamo (basti pensare al matrimonio), ma anche per comprendere, al di là di slogan o stereotipi, le esigenze di coloro che sono parte integrante della nostra società ma che non hanno compiuto il nostro cammino di secolarizzazione. Il problema di fondo è che spesso si ritengono universali, condivisi o anche solo compresi concetti che sono la manifestazione di solo una tra le risposte possibili. Il nostro ambito di ricerca ci mostra quanto la fede abbia influenzato gli ordinamenti e abbia un ruolo privilegiato nell'interlocuzione con gli altri. La religione viene rappresentata come motivo di conflitto, mentre ciò che insegniamo costantemente ai nostri studenti è che in realtà può essere un efficace strumento di dialogo». Cambiare la prospettiva da cui si osservano le cose, non avere paura di mettere in discussione principi ritenuti granitici. Nella formazione di giuristi e giuriste di domani, il rapporto tra diritto e religioni può essere un ottimo banco di prova. Aprirsi all’altro. «Oggi le scienze giuridiche devono continuare a perseguire una formazione umanistica completa. Non si tratta – come alcuni pensano – di trasmettere e far memorizzare norme in maniera arida», ribadisce Bottoni. Francesca Oliosi aggiunge «il contributo che diamo, che è il più difficoltoso, ma anche l'unico che dura alla prova del tempo, è quello della formazione. Da Giurisprudenza escono figure professionali quali giudici, notai, avvocati, consulenti delle commissioni europee. Dobbiamo puntare a formare non solo dei cittadini, ma anche dei giuristi che abbiano presenti queste questioni». Il tema del diritto e delle religioni è stato al centro di un incontro che si è svolto la scorsa settimana nell’ambito del progetto di ricerca: "Minoranze religiose nel tempo e nello spazio". A maggio sono previsti altri due eventi: un workshop del progetto Atlas che si propone di mappare e misurare i diritti di 13 minoranze religiose nei paesi europei, il giorno nove, e un convegno interdisciplinare sul rapporto tra religioni e migrazioni, che si terrà il 29 e 30. «Tematiche che sembrano banali ma che sono rilevanti per la vita delle persone e sulle quali l'ordinamento si deve interrogare», ribadisce Oliosi. Il lavoro per una civile e serena convivenza parte anche da qui, dalle aule dell’università.  «La vera sfida è far capire che queste tematiche vanno gestite non perché siamo costretti a farlo, ma perché possono essere fonte di arricchimento culturale e di pace sociale», conclude Rossella Bottoni.