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Politica estera e diritti umani

a cura di Marianna Lunardini e Michele Nicoletti

12 aprile 2024
Versione stampabile

La politica estera dell’Italia si è svolta fin dall’inizio all’interno di un quadro di relazioni internazionali di multipolarismo ben temperato. Lo scenario della politica internazionale, dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi, è stato infatti caratterizzato dalla presenza di una pluralità di poli determinanti e da un quadro di relazioni complesso che coinvolge con forme e modalità diverse tutti gli Stati. In questo contesto, i diritti umani hanno acquisito nel corso del tempo maggiore centralità in seno all’ordinamento internazionale, anche attraverso il ruolo delle Nazioni Unite. L’Italia, sin dall’inizio del secondo dopoguerra, ha aderito con entusiasmo all’idea di una costruzione progressiva di una società internazionale pacifica basata, fra gli altri fattori, anche sul rispetto dei diritti umani. Tuttavia, in un quadro soggetto a molteplici crisi e in cui gli equilibri geopolitici sono in fase di cambiamento, è necessario rivalutare la politica estera del nostro paese e considerare con quali strumenti l’Italia può promuovere con maggiore coraggio i diritti umani nelle relazioni internazionali. Il volume ripercorre pertanto, attraverso un approccio multidisciplinare, i settori e le aree di azione di interesse per la politica estera italiana traendo raccomandazioni e lezioni per il futuro.

Marianna Lunardini è ricercatrice presso il CeSPI - Centro Studi di Politica Internazionale
Michele Nicoletti è professore di Filosofia Politica presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento

Da: Politica estera e diritti umani. Un multipolarismo ben temperato

La politica estera della Repubblica italiana si è svolta fin dall’inizio all’interno di un quadro di relazioni internazionali che possiamo definire di multipolarismo ben temperato. Lo scenario della politica internazionale, dalla fine della Seconda Guerra mondiale a oggi, è stato infatti caratterizzato dalla presenza di una pluralità di poli determinanti, costituiti dalle potenze maggiori, vincitrici della Seconda Guerra mondiale, e da un quadro complessivo di relazioni internazionali da loro definito e progressivamente allargatosi ad abbracciare tutti gli altri Stati nazionali. Rispetto al passato, questo quadro si basava su di un equilibrio multipolare, che non appariva solo caratterizzato dagli interessi economici e militari delle diverse parti, ma che era anche temperato da una comune cornice giuridica, istituzionale e valoriale, con pretese universalistiche. Con l’aggettivo temperato intendiamo dire che questa cornice non era semplicemente la sovrastruttura ideologica prodotta dalla sottostante struttura militare ed economica ai fini di una sua attesa legittimazione, ma rappresentava invece un elemento almeno in parte autonomo, capace di influenzare, in misura maggiore o minore, le interazioni degli attori e di contribuire al rafforzamento di una società internazionale sempre più interdipendente. Ciò, naturalmente, non ha escluso che la stessa cornice valoriale potesse essere utilizzata a fini di legittimazione di azioni politiche ed economiche miranti a rafforzare interessi di parte. 

Così, dopo le grandi tragedie della Seconda Guerra mondiale, quando si diede vita all’Organizzazione delle Nazioni Unite, la pace nel mondo appariva basarsi su due fondamentali pilastri: in primo luogo. un equilibrio multipolare tra le forze esistenti che si riconoscevano reciprocamente pari dignità e, in secondo luogo, un ordine giuridico condiviso, basato sulla libertà, i diritti umani e la democrazia e dunque su di un’ispirazione umanistica radicalmente alternativa a quella propugnata dai totalitarismi fascista e nazionalsocialista. Quest’ordine giuridico condiviso, in assenza di un potere comune capace di imporsi nel caso di una sua violazione, veniva affidato da un lato a un meccanismo di mantenimento dello status quo, che impedisse a ciascuna grande potenza, in particolare alle maggiori, di utilizzare quell’ordine giuridico per prevalere le une sulle altre, dall’altro, su azioni di consolidamento della cornice comune in vista di una sorta di progressivo “incivilimento” della società internazionale che mettesse fine all’anarchia internazionale e alla barbarie.

Nell’orizzonte delle Nazioni Unite l’ordine politico e giuridico è quello che trova espressione nella Carta del 1945 e nella successiva Dichiarazione del 1948 dove sono chiaramente formulati i diritti inviolabili di ogni essere umano e il diritto all’autodeterminazione dei popoli. I “diritti umani” divenivano così la pietra miliare del nuovo ordinamento internazionale. Avveniva con questo il completamento di quella trasformazione radicale che l’ordine politico aveva conosciuto a livello nazionale dopo l’età delle Rivoluzioni, quando i diritti fondamentali delle persone venivano posti alla base delle costruzioni costituzionali. […] Non solo lo Stato, ma l’intera società internazionale andava modellata sulla base della centralità di ogni persona umana. Non è un caso che all’articolo 28 della Dichiarazione Universale del 1948 si legga questa splendida formulazione: “Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.” Non potrebbe esserci distanza più radicale da quel modo di concepire la storia universale del mondo come il campo di scontro tra potenze che, in nome dei rispettivi ideali e interessi, riducono gli individui a semplice carne da macello. I diritti umani divenivano così non solo un elemento di contorno della politica internazionale, ma, idealmente, la fonte dell’ordinamento stesso, sia a livello interno che a livello esterno […]

Nelle sue scelte geopolitiche e ordinamentali, il nostro Paese si è collocato in modo convinto all’interno di questo quadro. Dopo la fine della Seconda Guerra mondiale ha scelto di porsi all’interno del sistema di alleanza internazionale occidentale della NATO, divenendo parte importante dell’equilibrio tra Est e Ovest a causa della sua collocazione geografica. Sul piano della visione dell’ordine mondiale, ha aderito con entusiasmo all’idea di una costruzione progressiva di una società internazionale pacifica basata sul rispetto dei diritti umani e dell’autodeterminazione dei popoli da costruirsi attraverso il potenziamento del diritto e delle organizzazioni internazionali. L’idea di una politica estera fondata sulla “pace attraverso il diritto” è stata non solo abbracciata sul piano politico, ma anche costituzionalizzata con determinazione, se la si confronta con le scelte costituzionali operate da altri Paesi. Leggendo gli articoli 10 e 11 della Costituzione si nota con chiarezza l’idea di un impegno prioritario in politica estera volto all’edificazione di un ordinamento internazionale capace di assicurare “la pace e la giustizia tra le Nazioni” da perseguirsi attraverso un rafforzamento delle “organizzazioni internazionali” e a prezzo di necessarie “limitazioni di sovranità”, “in condizioni di parità con gli altri Stati”. Sul piano infine delle strategie economiche con l’estero, l’Italia ha privilegiato, da un lato, una politica di reperimento delle risorse energetiche con particolare attenzione al Medio Oriente e al Mediterraneo, dall’altro, la costruzione di un mercato unico europeo.

La politica estera italiana si è quindi mossa all’insegna della ricerca di un equilibrio tra collocazione geopolitica, interessi economici e rispetto di un diritto internazionale basato sui diritti umani. Non sempre la ricerca di questo equilibrio ha avuto successo, perché, in diversi casi, una più vigorosa difesa dei diritti umani ha ceduto il passo alla difesa della propria collocazione geopolitica o alla tutela dei propri interessi economici. Nonostante le diverse cadute, si può però affermare che l’ideale normativo a cui la politica estera italiana ha cercato di uniformarsi e la sua permanente narrazione pubblica hanno continuato ad essere orientati al rafforzamento di un ordine internazionale sovranazionale capace di garantire la pace e il rispetto dei diritti umani, in coerenza con il dettato costituzionale. Con ciò si intende dire che i diritti umani non sono stati concepiti solo come un insieme di “limiti” da rispettare nel dispiegamento di una politica estera basato prevalentemente sulla difesa dell’interesse nazionale, ma come l’orizzonte stesso di legittimazione della politica internazionale, intesa come costruzione collettiva di una società internazionale dotata di un proprio diritto e di propri poteri.

Per gentile concessione della Casa editrice Donzelli