Questo manuale descrive e analizza i principali fenomeni connessi alla moderna globalizzazione: la liberalizzazione del commercio e dei movimenti dei capitali tra i paesi, le crisi finanziarie, la crescita delle imprese multinazionali e delle catene globali del valore, nonché l’impatto di questi fenomeni sull’ambiente. Mostrando come le politiche nazionali e globali abbiano creato «vincitori» e «perdenti», sia fra gli Stati sia all’interno degli Stati, il volume combina lo studio dei principali approcci teorici sviluppati per l’analisi della globalizzazione con una trattazione ricca e dettagliata dell’evoluzione storica dell’economia globale, senza trascurare eventi particolarmente rilevanti al suo interno, occupandosi in particolare dell’impatto della globalizzazione sulle istituzioni politiche e sullo stato delle nostre democrazie.
Mattia Guidi è professore presso Dipartimento di Scienze Sociali, Politiche e Cognitive dell'Università di Siena
Professore Associato
Arlo Poletti è professore presso il Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell'Università di Trento
Dall'Introduzione (pag. XI-XIII)
Il 24 febbraio del 2022 l’esercito russo sfonda i confini dell’Ucraina provocando una brusca escalation della crisi russo-ucraina in atto già dal 2014. Di fronte alla decisione della Federazione Russa di invadere uno Stato sovrano in spregio ai più basilari principi del diritto internazionale, una parte della comunità internazionale, gli Stati Uniti e i paesi dell’Unione Europea su tutti, si mobilita velocemente, sostenendo il governo ucraino con massicci aiuti umanitari, economici e militari, e al contempo adottando una serie di misure per sanzionare il governo russo. La portata delle sanzioni inflitte da questi paesi alla Russia non ha precedenti. Queste misure vogliono colpire sia lo Stato russo, sia personalità importanti a esso legate. L’obiettivo è quello di indebolire l’economia della Russia, privandola di tecnologie, impedendole l’accesso a mercati sia delle merci sia dei capitali, e limitandone significativamente la capacità bellica. Tra le misure adottate vi sono le restrizioni all’accesso della Russia ai servizi e ai mercati finanziari e dei capitali dell’Unione Europea, la chiusura dello spazio aereo dell’UE a tutti gli aeromobili russi, il divieto per le banche centrali di effettuare operazioni con la Banca centrale russa, il blocco dell’accesso al sistema SWIFT per le banche russe e ampie limitazioni a importazioni dalla Russia e alle esportazioni verso di essa. Le implicazioni economiche di queste decisioni sono state, e presumibilmente ancor più saranno nel futuro, di enorme portata. Per la Russia, che ha visto la sua economia contrarsi del 2,1% nel 2022, con una massiccia diminuzione degli scambi di beni e servizi con l’Europa e gli altri paesi occidentali solo parzialmente compensata dai nuovi legami economici instaurati con la Cina. Ma gli effetti del conflitto e delle sanzioni sono stati di grande rilievo anche per i paesi europei, come dimostrano le perdite in termini di esportazioni nel mercato russo e l’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia che ha messo in grave difficoltà interi settori produttivi industriali e che ha avuto ricadute dirette sulla vita di individui e famiglie, sia sotto forma di rincari sui beni di consumo e di bollette, sia in termini di prospettive occupazionali. Questi esempi evidenziano il nesso che esiste tra dimensione politica e dimensione economica nel sistema globale. Eventi eminentemente politici, come la decisione di iniziare una guerra e le conseguenti risposte messe in campo dalla comunità internazionale per sanzionare questa decisione hanno generato effetti di enorme portata sia per le singole economie nazionali che per l’economia globale nel suo complesso.
Questa crisi, però, mette anche in luce nessi di causalità che vanno nella direzione opposta: dinamiche economiche generate dalla crisi comportano a loro volta conseguenze politiche (domestiche e globali) di grande rilievo. Le spirale inflazionistica che si è abbattuta sui paesi occidentali, ad esempio, ha spinto la Federal Reserve prima, e la Banca Centrale Europea poi, ad aumentare i tassi di interesse nel tentativo di frenare l’inflazione (cioè l’aumento sostenuto dei prezzi) sperimentata da queste economie. I paesi europei, di fronte alla sfida del rincaro del costo dell’energia, hanno discusso della possibilità di procedere con acquisti comuni di gas e petrolio, nonché di fare fronte alle esigenze di spesa pubblica attraverso l’emissione di debito comune. I singoli paesi, poi, hanno dovuto adottare politiche per sostenere imprese e cittadini. È, inoltre, probabile che questa crisi possa avere un effetto trasformativo sui sistemi partitici europei, considerando che questo scontento sociale potrebbe allargare ulteriormente il bacino elettorale dei partiti populisti, anti-globalisti ed euroscettici. Il sistema internazionale, infine, sta ridefinendo i suoi contorni nel quadro di una competizione bipolare tra Stati Uniti e Cina. Insomma, così come la crisi ucraina ha avuto effetti economici di enorme portata, queste dinamiche economiche stanno a loro volta generando una molteplicità di processi politici che attraversano in profondità i singoli paesi e contribuiscono a ridefinire i contorni delle loro politiche e delle loro relazioni su scala regionale e globale.
Questa breve e sommaria discussione degli effetti della crisi ucraina illustra in modo molto chiaro quale sia il campo di indagine della disciplina di cui questo manuale si propone di offrire una panoramica: l’Economia Politica Internazionale (o Globale, EPI). Le definizioni volte a delimitare i confini di questo campo di indagine offerte sino a ora sono molteplici, e ognuna di esse predilige alcuni aspetti a discapito di altri. Ad esempio, Robert Gilpin (1975), uno dei padri fondatori di questa sotto-disciplina della scienza politica, l’ha definita come “lo studio delle dinamiche di interazione reciproca tra il perseguimento della ricchezza e il perseguimento del potere nelle relazioni internazionali”. In due dei manuali più recenti e di maggiore diffusione, l’EPI viene definita rispettivamente come “lo studio del conflitto politico tra vincitori e perdenti negli scambi economici globali” (Oatley 2019) e l’analisi “delle interrelazioni tra potere pubblico e privato nell’allocazione di risorse scarse” (Ravenhill 2017). Ognuna di queste definizioni mette in luce aspetti chiave di questo campo di indagine: i) la nozione che vi siano relazioni di interdipendenza tra processi politici ed economici, ii) che all’interno di entrambe le sfere e nelle loro interazioni la questione del potere e del conflitto politico che ne deriva giochino un ruolo preminente e, infine, iii) che tali processi connettano simultaneamente gli spazi di interazione domestici e internazionali. Per quanti ci riguarda, crediamo che si possano tenere insieme questi diversi elementi definendo l’EPI come l’analisi delle relazioni di influenza reciproca tra processi politici ed economici che connettono livello domestico e livello globale.
Partendo da questa definizione operativa del suo campo di indagine, tipicamente l’EPI si concentra su alcune aree tematiche, come il commercio internazionale, il sistema monetario e il sistema finanziario globali e i processi di internazionalizzazione della produzione. Negli ultimi anni, poi, l’EPI ha allargato il suo orizzonte di indagine oltre queste aree tematiche tradizionali, per concentrarsi anche sull’impatto della globalizzazione in termini di sostenibilità ambientale, diseguaglianze economiche e sociali, tenuta delle istituzioni politiche democratiche. Queste aree tematiche vengono spesso discusse nei manuali come unità separate, e in questo lavoro abbiamo deciso di adottare questo approccio. Tuttavia, va chiarito che si tratta solo di una scelta che risponde a criteri di chiarezza analitica ed espositiva poiché, in realtà, tutte queste aree sono strettamente intrecciate tra loro. È evidente, per esempio, che le decisioni che gli Stati prendono in relazione alla politica monetaria hanno conseguenze per i flussi commerciali e di investimento; allo stesso modo, i processi di internazionalizzazione della produzione sollevano problemi di sostenibilità ambientale e hanno effetti di rilievo sulle diseguaglianze economiche. Sarà, quindi, naturale che tali connessioni vengano evidenziate sistematicamente laddove necessario. In questo sforzo d’indagine, l’EPI non ha solo uno scopo descrittivo. Certo, è importante sapere che l’istituzione che regola il commercio a livello globale è l’Organizzazione Mondiale del Commercio, che essa si fonda sui principi di non-discriminazione e reciprocità e che negli ultimi anni è entrata in una ccrisi profonda. Oppure, è importante essere a conoscenza che il Fondo Monetario Internazionale venne creato nel 1945 come istituzione a sostegno di un sistema monetario a cambi fissi, e che è divenuto nel tempo uno dei pilastri del sistema finanziario globale. Tuttavia, l’obiettivo principale dell’EPI, più che quello di offrire informazioni descrittive, è piuttosto quello di formulare e testare spiegazioni (il più possibile generali) dei processi politici ed economici che sottendono il funzionamento di queste istituzioni, evidenziando le conseguenze politiche ed economiche delle decisioni che vengono da esse adottate. In altri termini, l’EPI ha finalità esplicative: si propone cioè di mettere in luce i meccanismi che connettono, in relazioni di causalità, fenomeni diversi dell’economia e della politica internazionali.
Per gentile concessione di Mondadori education.