L'edizione 2021 della Monarchia di Dante, curata, tradotta, introdotta e commentata da Diego Quaglioni e inserita nella collana Oscar Classici della Mondadori, contiene, rispetto alle edizioni precedenti, un aggiornamento bibliografico relativo agli ultimi anni degli studi sul celebre trattato politico dantesco.
Diego Quaglioni ha offerto numerosi contributi all'interpretazione dell'opera, partendo dai precedenti studi sul pensiero politico dei giuristi medievali e giungendo a dare al testo dantesco un nuovo assetto. L'edizione è munita di un ricco commento lineare, che mette in risalto il contributo di Dante allo sviluppo del linguaggio politico e giuridico del suo tempo, oltre a esplicitare i numerosi problemi filologici della ricostruzione del testo.
Diego Quaglioni è professore ordinario della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento.
La Monarchia è la sola opera dottrinale compiuta che la tradizione ci consegni sotto il nome di Dante (sia il De vulgari eloquentia sia il Convivio furono lasciati incompiuti dal grande poeta). Redatto in latino, il trattato è diviso in tre libri, ciascuno dei quali abbraccia una questione relativa all’Impero: alla sua necessità, alla sua origine e fondamento, al suo rapporto con il papato. È Dante stesso a tracciare la struttura della sua opera, rivendicando a sé stesso il merito di additare “verità che altri non hanno ricercato”, prima fra tutte “la più utile e la più recondita”, relativa alla vera nozione della sovranità, del supremo potere di comando nella sua dimensione terrena e temporale.
La definizione dell’Impero è seguita infatti dall’indice delle tre questioni principali discusse nel trattato: “La Monarchia temporale, che chiamano ‘Impero’, è dunque il principato di uno solo e al di sopra di tutti, nel tempo ovvero in ciò e sopra di ciò che ha dimensione temporale. Ora intorno ad essa sorgono tre principali questioni: in primo luogo appunto sorge la questione, se essa sia necessaria al buono stato del mondo; in secondo luogo, se il popolo romano abbia rivendicato a sé di diritto l’ufficio di Monarca; e in terzo luogo, se l’autorità del Monarca dipenda da Dio immediatamente oppure da un ministro o vicario di Dio”.
I tre libri in cui l’opera si divide hanno perciò finalità e contenuti diversi, pur ruotando tutti intorno alla definizione dell’Impero come officium, in quanto garante di un principio d’ordine universale (oggi diremmo come funzione: non a caso Hans Kelsen, che le dedicò nel 1905 il suo primo studio, considerava la Monarchia all’origine del moderno concetto di ordinamento).
Il primo libro ha una struttura argomentativa rigorosamente scolastica, finalizzata alla dimostrazione della necessita di una sovranità universale per la salvezza del genere umano nella pace e nella realizzazione delle sue ultime potenzialità intellettuali. Il secondo mira a dimostrare la natura provvidenziale della legittima conquista dell’Impero da parte del popolo romano, con un larghissimo uso di fonti classiche come Cicerone e Livio. Il terzo libro, infine, ha natura e andamento più simili a una quaestio giuridica, relativa alla critica della pretesa curialista di sottomettere la potestà dell’Impero all’autorità della Chiesa, la legge civile alla norma religiosa, con un uso impeccabile delle fonti canonistiche unito all’immancabile presenza dei richiami scritturali e di quelli alla tradizione aristotelico-tomista.
Concepita e nata fuori degli Studia, la Monarchia partecipa nondimeno per ispirazione, natura, destinazione, struttura e lessico dei caratteri propri delle opere universitarie. La sua intenzione, nel momento più acuto della controversia fra l’imperatore Enrico VII, da una parte, e il papa “avignonese” Clemente V, era rivolta legittimare la laicità dell’Impero su un insieme di basi filosofiche, storiche e giuridiche, non diversamente da buona parte della pubblicistica del primo XIV secolo, entro la quale la Monarchia è pienamente inserita, ma con una originalità e una forza argomentative che ne fanno un capolavoro della letteratura politica di tutti i tempi.
Il trattato di Dante costituisce dunque un lascito dottrinale che investe problemi d’importanza capitale, propri di tutta la tradizione giuridico-politica in Occidente, a cominciare dalla relazione tra religione e politica, tra potere spirituale e potere temporale, tra Chiesa e Stato. Il suo contenuto non ha nulla di “utopico”, come talvolta la vecchia letteratura ha voluto suggerire, ma ha anzi la concretezza di tutte le opere che si propongono di fornire una guida all’azione politica. Perciò la Monarchia merita di essere riletta così come ogni generazione rilegge i suoi classici, con gli occhi rivolti insieme al mondo di Dante e al nostro, che ancora si affanna alla ricerca della pace e di un principio d’ordine universale.
La Monarchia di Dante curata da Diego Quaglioni viene pubblicata per la prima volta nel 2014 nella collana dei Meridiani Mondadori, nel secondo volume dell’edizione delle Opere di Dante diretta dal grande dantista Marco Santagata, recentemente scomparso, e viene edita una seconda volta nel 2015 come volume autonomo nei Meridiani paperback.
Il nuovo assetto del testo dantesco si deve anche aulla completa revisione della tradizione manoscritta e alla riscoperta del più antico e autorevole manoscritto della Monarchia, di poco successivo alla morte di Dante, conservato a Londra nella British Library, che ha consentito di modificare sensibilmente la lezione di importanti luoghi testuali e di riproporne la datazione del trattato agli anni 1312-1313, al culmine della missione italiana dell'imperatore Arrigo VII. Si tratta del codice Additional 6891, ora siglato Y, sfuggito all'edizione nazionale curata nel 2009 da Prudence Shaw e illustrato da Quaglioni in un articolo apparso nel 2011 su Laboratoire italien, la rivista dell'Ecole Normale Superiéure di Lione, articolo che ha suscitato immediatamente un vasto dibattito.
A Quaglioni si deve, tra l'altro, il capitolo The Law dell'Oxford Handbook of Dante, che la Oxford Univeristy Press ha appena pubblicato, e il capitolo sulla Monarchia nel volume Dante di Justin Steinberg e Domenico Rea (Roma, Donzelli, 2020).