Jacopo de’ Barbari, Dettaglio della Riva degli Schiavoni, Venezia, 1500 © Minneappolis Institute of Art

Innovazione

In vacanza con l'app

Come le nuove tecnologie influenzano l’esperienza del viaggio. E ridisegnano gli itinerari turistici

16 luglio 2024
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di Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Addio a cartine e mappe stradali stropicciate. Basta chiedere informazioni alle persone in piazza per sapere dove si trova il monumento più importante della città. Oggi si sta affermando un nuovo modo di essere turista. Ma anche di guardare con occhi diversi i luoghi che tutti i giorni attraversiamo. Digitale, tecnologico, veloce. Complici le applicazioni che fanno da tour operator in giro per il mondo. Ne parliamo con Rosa Salzberg, docente di Storia delle migrazioni e della mobilità nell'età moderna (Dsrs) all’Università di Trento.

Immaginate di trovarvi in una strada della Trento rinascimentale, animata da nobili e gente del popolo, mercanti e viandanti. Oppure in una calle veneziana del Cinquecento affollata da marinai e viaggiatori, donne caritatevoli e stranieri in cerca di un posto dove trascorrere la notte. Viaggi nel tempo che si intrecciano con quelli contemporanei. Una nuova idea di fare turismo, supportata dalla tecnologia mobile, che consente di conoscere posti nascosti e meno noti delle città. Accompagnatori virtuali che guidano i visitatori in un walking tour alternativo, interattivo e dinamico.  La docente ha collaborato alla creazione delle applicazioni Hidden Trento e Hidden Venice, scaricabili gratuitamente sullo smartphone dagli store digitali (GooglePlay e AppleStore). Dalla collaborazione delle unità di ricerca europee coinvolte è nata una serie di app - raggruppate sotto il nome HistoryCity - dedicata a diverse città del vecchio continente.

«L’applicazione Hidden Trento costruita con i colleghi dell’Istituto storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler – spiega la professoressa – prevede quattro itinerari. Uno di questi è ambientato nel 1520. La guida virtuale Ursula, nei panni di un’ostessa tedesca, racconta la vita quotidiana e la cultura degli spazi pubblici del tempo, a partire dal quartiere di San Martino. I documenti che gli stranieri dovevano esibire alle autorità, quali strutture accoglievano i viaggiatori e come era organizzata l’ospitalità. Ma altri itinerari parlano anche delle catastrofiche epidemie di peste del tempo, dei primi lockdown del Seicento e di intrighi politici. Per Hidden Venice invece – prosegue – ho scritto un itinerario dal titolo “Città rifugio”. Parte dal porto vicino a Piazza San Marco e arriva ai cantieri navali dell'Arsenale, oggi sede della Biennale d'arte. Un percorso basato sulla mia attività di ricerca sulla storia dell’immigrazione della città lagunare».  Ecco allora che la migrante Elena, fuggita dalla Grecia a causa dell'avanzata ottomana, incontra mercanti, marinai e artigiani in cerca di lavoro. Accoglie nella sua locanda i viaggiatori che arrivano al porto. «Il percorso dimostra come Venezia sia sempre stata plasmata dalle ondate migratorie. Come questioni tuttora dibattute - migrazione, integrazione, multiculturalismo - si siano svolte anche in passato», evidenzia l’autrice. Ma come è cambiato il modo di raccontare le città oggi? Per renderle più affascinanti agli occhi di chi le visita e vuole scoprirle?

«L’idea è raccontare la città basandosi sulle ricerche scientifiche di studiosi e studiose. Le storie più inedite nascono dal basso, dal punto di vista della storiografia. Storie di persone ordinarie, non famose, che vivevano la città in quell’epoca. L’obiettivo è di far scoprire gli angoli meno conosciuti di un posto. Far notare dettagli architettonici e artistici, incisioni, dipinti e affreschi fuori dai circuiti di massa. Quasi una caccia al tesoro. Per esempio – prosegue Salzberg – a Trento in via Suffragio è ancora visibile l’insegna di un’osteria del Cinquecento. Vogliamo condurre turisti, ma anche persone del posto che si muovono negli itinerari raccontati quotidianamente in maniera distratta, in quelle zone della città meno conosciute e frequentate».

Quale metodo viene utilizzato per scoprire nuovi percorsi da raccontare? «Per noi studiosi è importante non solo lavorare in biblioteca, in archivio o in aula. Per fare storia urbana bisogna uscire e andare a vedere i luoghi della città. Osservare i dettagli e analizzare come vengono usati gli spazi pubblici. Studiare la piazza, le strade e tutta la vita che si svolgeva in quei luoghi. Per riflettere sui cambiamenti che sono poi avvenuti nei secoli successivi». Come cambiano i luoghi nel tempo? Rispetto anche ai mutamenti sociali, economici, alle migrazioni, alla presenza dei turisti? «Venezia da un certo punto di vista non è cambiata tantissimo. Si può ancora passeggiare e vedere palazzi ed edifici storici. Ma oggi si trova davanti una serie di grossi problemi come l’overtourism e la sua popolazione locale si trasferisce altrove. Nel passato era un grande centro di immigrazione ma forse in un modo più bilanciato rispetto ad adesso. Era una delle città più grandi d’Europa e riusciva a gestire queste persone che arrivavano da fuori. L’idea, anche con questi cammini suggeriti, è di raccontare aspetti del passato meno conosciuti delle città, però parlando al presente».

Le nuove tecnologie stanno cambiando l'esperienza del viaggio. Musei, siti storici e attrazioni turistiche utilizzano la realtà virtuale per offrire itinerari immersivi. Senza tralasciare il ruolo dei social media. Luoghi dove le persone condividono foto, video e commenti sulle proprie esperienze di viaggio, influenzando la scelta dei follower. «L’applicazione che abbiamo sviluppato guida l’utente che vuole scoprire la città portandolo a usare tutti i sensi. Ascoltare storie, vedere immagini sullo schermo ma anche osservare la città da punti di vista inediti. Un’esperienza più immersiva rispetto alla lettura di una guida tradizionale». Ci sono anche tante app di navigazione e mappe geolocalizzate che riescono a fornire informazioni in tempo reale su traffico, opzioni di trasporto pubblico e punti di interesse nelle vicinanze. Danno indicazioni su dove andare e cosa vedere. Perdersi però, non è un’esperienza bellissima? In vacanza ancora di più. «Sono d’accordo – risponde la professoressa, che aggiunge – perdersi, soprattutto in una città come Venezia è anche molto importante secondo me. Io sono una storica della città urbana. Ma anche con le app ci si può perdere. L’idea è di camminare, passeggiare, ascoltando delle voci del passato e degli esperti che hanno studiato in profondità quei luoghi per far vivere l’esperienza del posto ma anche per saperne qualcosa in più. Molti turisti che vengono dall’estero vanno a vedere solo le cose più conosciute nel nostro Paese. Questo è un modo per scoprire altre zone meno note».

Restando in tema di Hidden Trento, l’Università di Trento, attraverso il Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica sta lavorando alla realizzazione dell’itinerario 'Trento Fascista' insieme alla Fondazione Bruno Kessler, la Fondazione Museo Storico del Trentino e la Soprintendenza dei beni e delle attività culturali della Provincia autonoma di Trento.