Il tirocinio Maeci-Crui è un'esperienza nel mondo della diplomazia riservata ad alcuni percorsi di laurea magistrale. Federica Pizzo, studentessa di Studi sulla Sicurezza internazionale all’Università di Trento, ha colto quest’opportunità svolgendo un tirocinio di tre mesi presso la rappresentanza italiana permanente alle Nazioni Unite di New York.
Com'è stato vivere il tuo tirocinio a New York, la metropoli planetaria per eccellenza?
«New York è una città magica, esagerata. Avevo già avuto modo di conoscerla durante le scuole superiori in occasione di alcune vacanze studio negli Stati Uniti. Ogni volta però è un’esperienza nuova e diversa. Si incontrano persone da tutto il mondo, che fanno i lavori più disparati, specie in ambito politico e finanziario: la ricchezza culturale, etnica e urbana della città quasi ti stordisce. Un lato negativo, purtroppo, sono i prezzi: in certi luoghi di Manhattan, un panino e una bibita arrivano a costare 50 dollari. Il Covid-19 e la conseguente crisi economica hanno lasciato a New York un segno davvero profondo».
Qual è stato l’ambito specifico del tuo tirocinio?
«Sono stata assegnata alla terza commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, quella che si occupa di questioni socio-politiche e umanitarie, sotto la supervisione del segretario di legazione Tommaso Giarrizzo. Quando ho scoperto di aver passato la selezione, sono stata felicissima. Durante i tre mesi di tirocinio mi sono occupata in particolare di diritti umani, concentrandomi sulla protezione dei civili in contesti di guerra o crisi e presenziando ai meeting con le altre rappresentanze».
Com'è stato il rapporto con il tuo referente di tirocinio?
«Mi ritengo molto fortunata ad aver avuto in Tommaso Giarrizzo il principale punto di riferimento del mio tirocinio. Il segretario è stato molto disponibile nel seguirmi in questa esperienza, pima in presenza e poi da remoto nel periodo in cui si trovava fuori New York. Oltre che assistita, mi sono sentita valorizzata anche dalle responsabilità assegnatemi, spesso legate a scadenze imminenti: nell’ultimo mese di tirocinio, c’erano giorni in cui sentivo Giarrizzo anche 3-4 volte in poche ore. Da un punto di vista più strettamente umano, due cose hanno determinato un rapporto molto positivo: la relativa vicinanza d’età – Giarrizzo ha solo 37 anni – e un curriculum di studi molto simile».
Di cosa ti sei occupata durante il tirocinio?
«Mi sono occupata soprattutto di preparare report di meeting. Report che dovevano essere scritti in inglese se poi condivisi con le altre rappresentanze, oppure in italiano se mandati a Roma per aggiornare il governo sulle decisioni delle Nazioni Unite. Ogni tanto, mi è anche capitato di collaborare alla stesura dei discorsi dell’ambasciatore italiano. In altre occasioni, quando non erano previsti meeting, svolgevo attività di ricerca e approfondimento. La mia giornata tipo era molto dinamica, perché le riunioni si svolgevano in luoghi diversi: la sede dell’Onu è distribuita in numerosi edifici e non c’era proprio tempo per annoiarsi».
Questa esperienza ti ha convinto a continuare la carriera diplomatica?
«Quest’esperienza mi è piaciuta molto, l’ho trovata stimolante e arricchente sotto tutti i punti di vista, umani e professionali. Fermo restando che il contesto diplomatico mi affascina e che lavorare alle Nazioni Unite era il mio sogno fin da bambina, mi sento comunque aperta ad affrontare esperienze diverse. In particolar modo, mi piacerebbe occuparmi di sicurezza, sviluppo e cooperazione in paesi instabili, non soltanto da un punto di vista teorico, ma anche pratico, ad esempio partecipando a missioni di pace in contesti di guerra e collaborando alla gestione e negoziazione dei conflitti».