La Cop28 si è svolta dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 a Dubai, Emirati Arabi Uniti. Foto Adobe Stock

Internazionale

Combustibili fossili, addio? Sì, ma senza fretta

I risultati della ventottesima Conferenza sul clima, tra storici passi avanti e limiti evidenti

19 dicembre 2023
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di Johnny Gretter
Studente collaboratore Ufficio stampa e relazioni esterne

È iniziata a Dubai in modo controverso, presieduta dall’amministratore dell’azienda petrolifera statale degli Emirati Arabi, ed è finita con un accordo per certi versi storico. Si è svolta così la ventottesima Conferenza sul cambiamento climatico dell’Onu (Cop28), conclusasi il 13 dicembre con un accordo che per la prima volta menziona esplicitamente la necessità di allontanarsi dai combustibili fossili. I dubbi, però, non mancano e anche durante la Cop28 non è arrivata una maggiore assunzione di responsabilità da parte dei Paesi sviluppati, i maggiori responsabili della crisi climatica. In occasione dello Speciale sostenibilità, UniTrentoMag commenta i risultati della Conferenza con Louisa Rosemary Parks, docente di Sociologia dei fenomeni politici, e Michela Faccioli, ricercatrice in Economia ambientale.

«Per la prima volta una Cop è riuscita a dire chiaramente che è necessario allontanarsi dai combustibili fossili», spiega Parks. «Non è una richiesta scontata: nel 2021, nell’edizione di Glasgow, era stato raggiunto un accordo per ridurre gradualmente l’uso del carbone, ma solo al di fuori della conferenza. Nella Cop28 si è parlato invece esplicitamente di allontanarsi dai combustibili fossili, anche se non propriamente di eliminarli. Resta comunque un segnale importante: dimostra che la necessità di una transizione energetica non è dibattibile».

Anche se l’accordo non indica tappe precise, il termine ultimo per raggiungere la neutralità climatica è il 2050. Per riuscirci si punta, tra le altre cose, a triplicare la produzione di energia rinnovabile entro il 2030. «È un  fatto che ho trovato particolarmente positivo», commenta Faccioli. «Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, è un traguardo molto ambizioso ma raggiungibile. Abbiamo la tecnologia per sfruttare le fonti rinnovabili in modo molto efficiente, ma le sfide saranno numerose. Queste includono la necessità di adattare la rete elettrica, di ridurre le incertezze sulla disponibilità di materie prime per la produzione delle tecnologie per le rinnovabili e di minimizzare le problematiche ambientali collegate alla costruzione su larga scala di parchi solari ed eolici, ad esempio la perdita di suolo, habitat e biodiversità».

Altra grande novità della Conferenza è stato un accordo tra venti paesi per triplicare la produzione di energia nucleare prima del 2050. «L’energia nucleare ha giocato un ruolo marginale nelle discussioni delle passate conferenze sul clima», prosegue Faccioli. «Da un lato è una fonte di energia considerata a basse emissioni. Dall’altro, in diversi Paesi c’è stata molta resistenza dopo gli incidenti di Chernobyl e Fukushima. Il nucleare può essere considerato un elemento complementare per portare avanti la transizione dal fossile».

Una domanda resta aperta: sarà più veloce puntare sul nucleare o sull’incremento delle fonti rinnovabili? «Il nucleare richiede investimenti molto onerosi e gli impianti hanno tempi di costruzione significativi. Parla da sé il fatto che alla Cop28 solo venti paesi si siano impegnati per incrementare la produzione da nucleare, a fronte dei quasi 120 che hanno dichiarato di voler investire nelle rinnovabili», prosegue Faccioli. «Inoltre, molti movimenti hanno una storia di rifiuto verso il nucleare che risale alla Guerra Fredda. Questo potrebbe quindi rivelarsi un percorso eccessivamente complesso da intraprendere» spiega Parks.

La Cop28 ha avuto però una grave mancanza. L’accordo finale non fa riferimento alle responsabilità comuni del cambiamento climatico, né propone un approccio alla transizione energetica differenziato tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo. «Questo è un fatto molto preoccupante», spiega ancora Parks. «I dati storici confermano che i paesi occidentali sono i maggiori responsabili dell’emissione di gas serra. Purtroppo, la loro tendenza resta quella di fare promesse al di fuori delle Cop, annunciando, ad esempio, finanziamenti che poi non sono stanziati. La transizione energetica chiesta dalla Cop28 avrà bisogno di metalli e minerali rari come il litio, essenziale per le auto elettriche, estratti soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Ci sono quindi zone che pagano la transizione sulla propria pelle, mentre il valore dei minerali porta benefici altrove, in Cina, Europa o in America. Non ci potrà essere una transizione equa senza un impegno finanziario, politico e sociale verso i paesi in via di sviluppo».

Ci sono voluti ventotto anni per un accordo che citi esplicitamente l’allontanamento dai combustibili fossili. Nel frattempo, gli effetti del cambiamento climatico diventano sempre più evidenti. Viene spontaneo chiedersi quanto siano significativi i risultati delle conferenze sul clima, e se siano ancora uno strumento efficace. «Uno dei limiti di questi accordi è che non prevedono sanzioni per chi non fa la propria parte o non raggiunge gli obiettivi prefissati. Il cambiamento climatico è un problema che riguarda tutti, ma spesso ci si aspetta che siano gli altri a doverlo risolvere», continua Faccioli. «La Cop di quest’anno ha comunque avuto il merito di coinvolgere maggiormente il settore privato, chiamato al pari degli stati a contribuire ai finanziamenti per la transizione energetica. Finora, a essa sono stati dedicati prevalentemente fondi pubblici».

Al netto di tutti i loro limiti, le conferenze per il clima restano uno strumento a cui non si può rinunciare. «Dagli anni Novanta a oggi non è stato raggiunto quasi nessun obiettivo legato al clima», conclude Parks. «Senza queste conferenze, però, potremmo immaginare una situazione persino peggiore. La cooperazione internazionale resta l’unico modo per risolvere i problemi legati al clima. Oltre a questo, è necessario lavorare su più piani, spingendo processi di cambiamento a livello nazionale, regionale e locale».


Bye-bye fossil fuels? Not so quickly

The outcomes of the 28th Climate Conference: small steps forward

The 28th UN Climate Change Conference, controversially hosted in Dubai and chaired by the CEO of the UAE's state oil and gas company, ended with an almost historic agreement. On 13 December, for the first time, the parties agreed on the need to transition away from fossil fuels. There is still a long way to go of course, as even in this climate summit developed countries failed to take responsibility for their role in the climate crisis. On the occasion of our special issue on sustainability, UniTrentoMag commented the summit's outcomes with Louisa Rosemary Parks, Professor of Political Sociology, and Michela Faccioli, researcher in Environmental economics.

"For the first time, a Cop succeeded in recognizing the need to transition away from fossil fuels," Parks explains. "This is quite something, given that in 2021, in the Cop26 in Glasgow, the parties were only able to reach a compromise agreement to phase down the use of coal. The text agreed at the Cop28, on the other hand, explicitly mentions the need to transition away from fossil fuels, even though it does not consider a phase out. However, that is a step forward: it means that everyone agrees on the need for an energy transition."

The agreement does not establish precise targets, but the goal is to achieve climate neutrality by 2050. To achieve this goal, among other things, the production of renewable energy must triple by 2030. "This is a particularly positive outcome, in my opinion," says Faccioli. "According to the International Energy Agency, it is a very ambitious but achievable goal. We have the technology to make the most of renewable energy sources, but there are also many challenges ahead. These include the need to adapt the electricity grid, to reduce uncertainties about the availability of the raw materials necessary for the production of renewable technologies, and to minimise environmental issues connected to the large-scale construction of solar and wind farms, such as the loss of soil, habitat and biodiversity."

Another step forward is that twenty national governments signed a declaration aiming to triple nuclear energy by 2050. "Nuclear energy has played a marginal role in the discussions in past climate conferences," continues Faccioli. "On the one hand, nuclear power is considered a low-emission energy source. On the other, however, many countries have safety concerns in light of the Chernobyl and Fukushima accidents. Nuclear power can be considered a complementary energy source to transition away from fossil fuels."

One question remains unanswered: is it faster to invest in nuclear power or in the increase of renewable sources? "Nuclear power requires very expensive investments and years of work. This is reflected in the fact that, at the Cop28, only twenty countries have committed to increase nuclear power production, while almost 120 have declared that they want to focus on renewables," continues Faccioli. "Besides, some movements have been opposing nuclear power since the Cold War therefore this option, in some countries, may not be the way to go," explains Parks.

The Cop28 however has failed in that the final agreement does not mention the shared responsibilities for climate change, and does not propose a differentiated approach to energy transition for developed and developing countries. "This is a very worrying fact," Parks continues. "Historical data confirm that Western countries are the most responsible for the emission of greenhouse gases. Unfortunately, they tend to make promises that they cannot keep, for example announcing funding that is then not allocated. The energy transition called for by the Cop28 will require critical metals and minerals such as lithium, which is essential for electric cars, and are mainly mined in developing countries. There are therefore areas that 'pay the price' for the transition, while the value of minerals benefits other areas of the world, such as China, Europe or America. There can be no equitable transition without a financial, political and social commitment to developing countries."

It took twenty-eight years for an agreement to explicitly mention a transition away from fossil fuels. Meanwhile, the effects of climate change are becoming increasingly apparent. It is natural to wonder how significant the results of climate conferences are, and if they are still an effective tool. "One of the limits of these agreements is that they do not include sanctions for the countries that do not do their part or do not achieve the objectives. Climate change is a problem that affects everyone, it requires a collective effort," continues Faccioli. "However, this year's Cop succeeded in increasing the involvement of the private sector, which is urged to contribute to financing the energy transition on a par with states. So far, the energy transition only received public funds."

Despite all their limitations, climate conferences are essential. "Since the 1990s, almost no climate-related goals has been achieved," Parks concludes. "Without these conferences, however, things could be even worse. The only way to solve climate-related problems is through international cooperation. In addition to this, change must be encouraged at all levels, involving national, regional and local governments."