Non solo studenti: le opportunità di mobilità internazionale proposte da Eciu, il consorzio delle università europee innovative, di cui UniTrento fa parte, si allargano a nuovi pubblici universitari. Le prime iniziative dedicate specificamente a chi frequenta un dottorato di ricerca e al personale docente e di staff hanno avuto ottimi riscontri. Chi ha partecipato riferisce di un’occasione unica di arricchimento personale e professionale. E di un clima sereno, informale, aperto. UniTrentoMag si è fatto raccontare come funzionano questi nuovi programmi Eciu e perché vale la pena di partecipare.
‘Potere di una tazza, ben stretta in mano’. Chi l’ha vissuta ce la descrive così, con un semplice dettaglio. È l’esperienza che un gruppo di dottorande e dottorandi UniTrento ha vissuto nelle settimane scorse all’Università di Stavanger in occasione della prima mobilità Eciu dedicata specificamente a loro. Quella tazza in mano faceva la differenza. Subito dava un’aria diversa alla sessione di lavoro nell’ateneo norvegese. «Parlare con una tazza in mano azzera le distanze, abbassa la tensione, aiuta a creare un’atmosfera più informale, un clima tranquillo in cui è più facile aprirsi e sperimentare. Sembra una piccola cosa, ma in realtà è proprio un approccio diverso rispetto alla routine del nostro lavoro, che affrontiamo da soli, spesso sotto pressione». Ce lo racconta Silvia Delladio, dottoranda in Economics and Management attirata a Stavanger da un programma Eciu di formazione sul ‘design thinking per la ricerca transdisciplinare’, un approccio innovativo per la risoluzione di problemi complessi, globali, che si basa sulla creatività e sulla capacità di ragionare fuori dagli schemi convenzionali. «Ho deciso di partecipare perché questo argomento mi può essere utile, dato che studio l’impatto della salute mentale sugli imprenditori. Questa proposta mi incuriosiva anche se non sapevo bene cosa aspettarmi. Sapevo solo che mi sentivo un po’ in un momento di stasi con il mio dottorato. Avevo bisogno di ‘vedermi altrove’, di mettermi alla prova. E devo dire che è stata una boccata d’aria fresca e una bella sorpresa. A cominciare dall’organizzazione dei lavori, ben strutturata, non pesante e, appunto, capace di mettere tutti a proprio agio. Eravamo in 15 da tutti gli atenei della rete Eciu e anche da altre università. Ci siamo riuniti nel campus per le presentazioni, per le attività di ricerca transdisciplinare e per i vari lavori di gruppo, ma anche nella sede di un’azienda del posto».
Non solo formazione, però. Così come viene fatto da anni studenti e studentesse con micromoduli e ‘challenges’, anche ai dottorandi e alle dottorande è stato chiesto di mettere in atto le competenze acquisite per risolvere una sfida concreta, posta da una realtà imprenditoriale norvegese. «Per risolvere il problema non sempre esiste una soluzione pragmatica, diretta. Ed era questo il caso. Abbiamo dovuto provare tutti insieme a estraniarci da tutto ciò che era già stato visto e fatto e provare a pensare in modo innovativo, incrociando i nostri ambiti disciplinari diversi. Il fatto di non essere tecnici esperti di quel settore ci ha permesso di cambiare punto di vista sulla questione e trovare una soluzione alternativa. E a noi, ha permesso di uscire dalla solita bolla delle cose di cui ci occupiamo e che sappiamo fare e di ampliare la rete dei nostri contatti».
Dall’Università di Trento hanno partecipato quattro dottorandi/e. Insieme a Silvia Delladio, John Sengendo (Information engineering and Computer Science) e Federica Stablum (Cognitive Science), c’era anche Tesfaye Salarin che frequenta il dottorato in Economics and Management e si occupa di previsioni nei mercati finanziari. «Un bel modo per dare struttura a qualcosa che magari si fa in modo intuitivo – aggiunge. Definire le fasi aiuta l’analisi nel processo di ricerca. Questo percorso mi è sembrato particolarmente adatto per chi lavora su questioni sociali e ambientali. Ma è stato utile anche per me. Mi ha stimolato a vedere lo stesso problema da prospettive diverse, fuori dal mio ambito di ricerca. È una tecnica molto utile per costruire ponti fra discipline diverse. Penso che potrei usarla come strumento in futuro, ad esempio, per strutturare seminari interdisciplinari.».
«Ad attirarmi all’inizio è stata la possibilità di fare un’esperienza transdisciplinare e internazionale – chiarisce Salarin. Ma quello che poi mi ha colpito di più è stato l’impatto con i ritmi, del tutto diversi. Lì è tutto più tranquillo. Da noi la pressione a pubblicare o a concludere il dottorato si sente di più. E qualche volta manca un po’ la comunicazione, tra colleghi, con i docenti. Se c’è intorno un ambiente positivo, anche lavorare da soli diventa più piacevole. Ho vissuto questa esperienza come un modo per evadere, per ricaricare le pile e recuperare il senso di quello che si fa».
Le proposte Eciu sono spesso caratterizzate da un approccio ‘learning by doing’ e la formula non cambia per i dottorandi. «Mi è piaciuto, ad esempio, l’esercizio in cui ci si scambiavano i ruoli: da intervistatore a intervistato – spiega Delladio. Cambiare il punto di vista mi ha sorpreso, non era affatto scontato. E poi mi ha colpito la metafora del ‘doppio diamante’ per descrivere il lavoro di ricerca che da un punto di partenza si allarga, diverge ampliando le conoscenze, per poi convergere nuovamente in un punto».
Nelle scorse settimane le attività di Eciu si sono estese anche a docenti che per la prima volta hanno potuto partecipare a un’iniziativa pensata proprio per loro. Il workshop su ‘Smart education for innovative teaching’ che si è tenuto sempre all’Università di Stavanger ha coinvolto tre docenti UniTrento: Daniele Agostini da Scienze cognitive e dal C3A – Agricoltura, Alimenti e Ambiente, Eugenio Aprea e Ilaria Pertot che ha svolto anche il ruolo di formatrice esperta. Il percorso di aggiornamento sulla didattica innovativa è servito per confrontare e scambiare buone pratiche con docenti delle altre università. Ma anche per capire come organizzare nuovi incontri come questo negli atenei partner della rete Eciu.
Sul fronte della formazione del personale, Eciu ha tenuto la seconda tappa del suo Leadership Development Program proprio all’Università di Trento. Nelle scorse settimane una quindicina di colleghe e colleghi di altri atenei è stata accolta alla School of Innovation per un percorso immersivo dedicato allo sviluppo delle capacità di leadership personale. Un percorso molto apprezzato di tre settimane in tre diversi atenei della rete Eciu che si ripete da alcuni anni.
Nuovi programmi Eciu sono in partenza già con il mese di marzo. Tutte le informazioni e le opportunità per chi studia e lavora in UniTrento sono disponibili sul sito Eciu: https://www.unitn.it/ECIU
You, me and a cup of coffee
The first Eciu mobility experience for PhD students, in Stavanger
The international mobility experiences organized by Eciu, the consortium of innovative European universities of which UniTrento is a part, now also include PhD students and university staff and have attracted a lot of interest. Many of the participants said that they had an opportunity for personal and professional growth, in a relaxed, informal, open environment. We have taken a look at these new Eciu programmes and why it is worth participating.
A group of people in a room, a relaxed environment, the smell of coffee and tea in the air. That is the scene described by some PhD students from UniTrento who, weeks ago, visited the University of Stavanger on the occasion of the first Eciu mobility designed specifically for them. Those hands holding a warm cup made the difference, they immediately gave a different air to the work session in the Norwegian university. "Talking with a cup in your hands shortens the distance among people, lowers tension, helps create a more informal atmosphere, a quiet climate in which it is easier to open up and experiment. It is a small thing, a small change that introduces a new approach to the routine of our work, that we do on our own, often under pressure." These are the words of Silvia Delladio, a PhD student in Economics and Management who came to Stavanger for an Eciu training programme on ‘design thinking for transdisciplinary research’, an innovative approach to solving complex, global problems, that is based on creativity and the ability to think outside the box. "I decided to participate because this topic could be useful to me, since I study the impact of mental health on entrepreneurs. It attracted me, even though I didn't know what to expect. I just knew I was feeling a little bit at a standstill with my PhD. I needed go somewhere new, to test myself. And I must admit that it was a breath of fresh air and a nice surprise. The programme was well organized, with no stress, everyone was at ease. There were 15 participants from all the universities of the Eciu network and also from other organizations. We met on campus for presentations, transdisciplinary research activities and group work, but we also visited the headquarters of a local company."
There was more than just training, though. Just as students have been doing for years with micromodules and challenges, PhD students too have been asked to put their skills into practice to solve a real challenge posed by a Norwegian company. "It is not always possible to find a pragmatic, direct solution to a problem. And that was the case. We had to take a step back from our usual work and try to think in a new way, taking advantage of our different backgrounds. The fact that none of us was an expert of that area is what helped us change our perspectives and find a different solution. And it gave us an opportunity to work out of our comfort zone and to extend our network of relationships."
The participants from UniTrento were four PhD students: with Silvia Delladio were also John Sengendo (Information Engineering and Computer Science), Federica Stablum (Cognitive Science) and Tesfaye Salarin (Economics and Management), who is studying financial markets forecasting. "A pleasant way to give a shape to something you do intuitively — he added. Defining the various stages of the research process is useful for the analysis phase. This exercise in my opinion was very useful to those who work on social and environmental issues. But I have learned a few things myself. It stimulated me to tackle a problem from different angles, out of my research area. It is a very useful technique to create connections among different disciplines. I may use it in the future, for example, to organize interdisciplinary seminars."
"At first, I was attracted by the opportunity to participate in an international and transdisciplinary experience – says Salarin. I was surprised by their pace of the work, which is slower, quieter, completely different. We feel a lot more pressure to publish and to complete our doctoral studies. And sometimes there is a lack of communication, among colleagues and with our supervisors. I think that working on your own is much more pleasant if you are in a positive environment. It seemed like a way to take my mind off my work, renew my energy and re-focus on my priorities."
Eciu challenges often use a ‘learning by doing’ approach, which was also used in this first experience involving PhDs. "I have enjoyed the role playing exercise, for example, from interviewer to interviewee — explains Delladio. This change of perspective surprised me, I was not prepared. As I was surprised by the double diamond metaphor to describe the research work that expands from a starting point, increasing our knowledge, and then progresses again towards another point."
For the first time, weeks ago, Eciu extended its initiatives to include faculty members, who were able to participate in a project expressly designed for them, ‘Smart education for innovative teaching’, at the University of Stavanger. Three UniTrento professors participated in the project: Daniele Agostini from Cognitive Science and Eugenio Aprea and Ilaria Pertot from the Food, Agriculture, Environment Centre (the latter is also an expert trainer). The course on innovative teaching helped the participants exchange best practices with colleagues from other universities. But also to understand how to organize new meetings of this type at other Eciu universities.
As regards staff training, the second stage of the Leadership Development Program as part of Eciu training took place in Trento. A dozen colleagues from other universities visited the School of Innovation to participate in an immersive experience on the development of individual leadership skills. It is a three-week programme at three different universities of the Eciu network that has been replicated a few times and has received very positive feedback.
New Eciu opportunities will start in March. For more information on the opportunities for UniTrento students and staff visit the website of Eciu: https://www.unitn.it/ECIU