© Adobe Stock

Ricerca

Out of office

In vacanza per riacquistare attenzione e benessere. La psicologa del lavoro Michela Vignoli sulla sana abitudine delle pause

27 luglio 2023
Versione stampabile
Lorenza Liandru
Supporto alle Relazioni Istituzionali

Estate, tempo di vacanze. Tempo di prendersi una pausa dal lavoro, lontano da ufficio, email e riunioni. Potrebbe sembrare un’ovvietà, ma gli studi lo dimostrano: liberare la mente da pensieri e preoccupazioni professionali è essenziale per il benessere psico-fisico e non importa se le nostre ferie le trascorreranno al mare, in montagna o sul balcone di casa. L’importante è ‘staccare la spina’ e ritrovare un sano work-life balance. Abbiamo chiesto a Michela Vignoli, professoressa di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, alcune riflessioni sul rapporto tra lavoro e vacanza e sull’importanza del concedersi una pausa. Un’abitudine che andrebbe coltivata anche al di fuori delle settimane dedicate alle ferie estive.

In vacanza si recuperano le energie

«L’odierno contesto lavorativo – spiega Vignoli – è caratterizzato da una crescente complessità e da numerose richieste. Pressione temporale (troppo da fare in poco tempo), processi di intensificazione del lavoro, digitalizzazione e compiti sempre più complessi possono costituire potenziali fonti di stress per le persone. Soprattutto quando aumenta la percezione di uno squilibrio tra carichi di lavoro e risorse sia personali che lavorative». In questo scenario prendersi una pausa per recuperare le energie è fondamentale. Alle persone, comunque, non è sufficiente una pausa estiva. Anche nella quotidianità è importante alternare momenti di lavoro a momenti di riposo. «Svago e recupero – prosegue Vignoli – non dovrebbero essere un’eccezione riservata alle vacanze, ma una buona abitudine quotidiana e settimanale. Pensiamo allo smart working: gli studi dimostrano che lavorando da casa è più facile trascurare le pause, che invece sono momenti vitali per riacquistare l’attenzione e il benessere. La gestione efficace del tempo è una competenza preziosa, che si impara anche con l’esperienza. Ma non è sempre facile, soprattutto quando la scansione tra tempi di vita e di lavoro viene improvvisamente demandata alla singola persona».

In vacanza aumenta il benessere fisico

Oltre che sulle energie mentali e psicologiche, pause lavorative e vacanze hanno effetti positivi anche sul corpo e quindi sulla salute fisica. Spiega Vignoli: «È ampiamente dimostrato come lo stress lavoro correlato possa determinare disturbi psicofisici, come fatica, difficoltà di attenzione, disturbi del sonno e, in alcuni casi, favorire comportamenti negativi come l’eccessivo consumo di alcol e farmaci». Non è solo questione di "godersi le vacanze": prendersi delle pause dal lavoro è un’esigenza che preserva la nostra salute.

La vacanza è l’occasione per dedicarsi ad altro

Sarà capitato un po’ a tutti, soprattutto quando si lavora a ritmi molto sostenuti durante l’anno: iniziano le ferie, ma non si riesce a staccare la testa dalle questioni professionali. Oppure si rimugina continuamente su degli errori commessi o sul contrasto avuto col collega più molesto dell’ufficio. Se è così, è giunto il momento di mettere in atto adeguate strategie di recupero (recovery), come il distacco psicologico dal lavoro. Esso consiste, in poche parole, nel prendere le distanze dal proprio impiego quando si è in ferie o comunque al di fuori dell’orario di lavoro, occupandosi di altre cose considerate piacevoli o interessanti. «Le attività di recovery permettono di abbassare i livelli di esaurimento emotivo e, quindi, di aumentare il proprio benessere sia al lavoro, sia nel tempo libero. Si può fare attività fisica, imparare cose nuove o passare il tempo con amici e familiari. Non esiste una ricetta uguale per tutti: ciascuno, in base alle proprie caratteristiche ed esigenze, può trovare l’attività più adatta».

Sempre raggiungibili?

Il distacco psicologico dal lavoro è una strategia particolarmente importante, perché viviamo in una società tecnologica e iperconnessa, dove email e messaggi ci raggiungono ovunque. Senza contare che i nostri orari e luoghi di lavoro diventano sempre più fluidi e poco definiti, rendendo difficile una netta separazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. «È la cultura organizzativa definita always-on – spiega Vignoli – quella che ritroviamo in alcune organizzazioni dove, a causa di norme sociali spesso implicite, i dipendenti si sentono in obbligo di rispondere a email e messaggi anche al di fuori dell’orario di lavoro. Queste situazioni possono essere favorite sia dai comportamenti dei superiori – che si aspettano dai collaboratori una risposta a comunicazioni di lavoro anche nel tempo libero – sia dai colleghi che inviano abitualmente email in orario non-lavorativo. Decidere di rispondere a email e a messaggi nel tempo libero può anche essere dovuto a motivazioni personali, come la volontà di fare carriera. In questi casi è importante essere consapevoli delle proprie strategie e risorse, per evitare di ritrovarsi per troppo tempo in una situazione di forte sbilanciamento tra lo sforzo messo in atto (quante energie dispendiamo da un punto di vista psicofisico) e quanto si riceve in cambio dall’organizzazione (in termini monetari, di stima, di opportunità di carriera etc.). Il mantenimento nel tempo di questo tipo di sbilanciamento può avere un forte effetto negativo sul benessere».

Quando il lavoro è una dipendenza

Riuscire a rilassarsi in ferie e ‘staccare la spina’, tuttavia, non è una cosa che si riesce a fare facilmente, soprattutto quando il carico lavorativo è elevato. Alcune persone, infatti, continuano a pensare al lavoro insistentemente, provano forti sentimenti di colpa, vergogna e ansia e si innervosiscono quando non possono continuare a lavorare. «Queste situazioni – precisa Vignoli – possono essere associate al workaholism, termine coniato già all’inizio degli anni ’70 e nato dalla fusione tra le parole work e alcoholism». Chi vive questa forma di “dipendenza” oltre a tendere a lavorare eccessivamente – spesso ben oltre quanto richiesto – presenta anche una componente compulsiva. Questo secondo aspetto, che caratterizza fortemente i lavoratori workaholic, comporta l’avere pensieri persistenti e provare preoccupazione. «Quello che gli studi riportano è che le cause dello sviluppo del workaholism possono essere sia individuali che organizzative, e le conseguenze sulla salute e sulla vita famigliare possono essere piuttosto severe. La consapevolezza di essere imbrigliati in una sorta di ossessione è già un passo avanti. È importante riconoscere i segnali d’allarme e, se necessario, chiedere il supporto di un professionista».