Elena Franchi ©UniTrento - Ph. Federico Nardelli

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Federalismo e confini. La lezione della Grecia antica

Il progetto Erc di Elena Franchi punta a dimostrare l’importanza di una politica multilivello nella gestione delle frontiere

20 febbraio 2024
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Di Daniele Santuliana e Sara Carneri
Ufficio stampa e relazioni esterne / Ufficio eventi

"Federation for Peace in Ancient Greece" è il titolo di un articolo pubblicato nel 1944 da Jakob Aall Ottesen Larsen (1888-1974): in anni di conflitti laceranti, lo studioso americano si interrogava sul potenziale del federalismo come mezzo di risoluzione dei conflitti. La ricerca nasceva da una domanda sempre attuale: possono le organizzazioni federali limitare o addirittura eliminare la guerra intrafederale? Il progetto "FeBo: Federalism and Border Management in Greek Antiquity" parte dal presupposto che questa domanda non ha più senso: nonostante le proiezioni romantiche, i processi di federalizzazione non garantiscono una coesistenza pacifica, né all’interno, né all’esterno. Ne parliamo con Elena Franchi, ordinaria di Storia greca al Dipartimento di Lettere e Filosofia e principal investigator del progetto Erc.

Professoressa Franchi, a che punto è FeBo?

«Siamo a metà del secondo anno. Il progetto prevede, tra le altre cose, un ciclo di conferenze, una sorta di think tank che abbiamo chiamato “Febinars”. Si tratta di conferenze a cadenza mensile con leading experts internazionali. I Febinars saranno molto intensi nei primi tre anni del progetto, per poi diminuire verso la fine, quando saremo impegnati a pubblicare i risultati delle ricerche. Nella primavera del prossimo anno organizzeremo inoltre un workshop con studiose e studiosi di primo piano a livello internazionale. Oltre a questo, stiamo lavorando sulla disseminazione rivolta a un pubblico non accademico, ad esempio andando nelle scuole di ogni ordine e grado».

Con quali enti state collaborando?

Il Dipartimento di Lettere e Filosofia è la host institution. C’è poi una rete di partnership informali con università e centri di ricerca, i cosiddetti “Friends of FeBo”: l’Istitu​to di studi federali comparati dell’Eurac di Bolzano, l’Institute du Fédéralisme dell’Università di Friburgo (Svizzera), le università di Münster, Madrid, Tolosa, Regensburg, Freiburg (Germania) e Nottingham».

Chi lavora al progetto?

«Il gruppo di lavoro è composto da sei persone: oltre a me, che sono la principal investigator, ci sono tre assegnisti – Claudio Biagetti, Sebastian Scharff e Roy van Wijk – e una dottoranda, Rebecca Massinelli. A questi si aggiunge Daniele Fusi, un filologo con competenze informatiche che ci assiste nella realizzazione del database dei conflitti di confine. Ci tengo a dire che, grazie alle risorse dell’European Research Council, ho potuto coinvolgere persone non solo estremamente preparate sul piano scientifico, ma anche particolarmente valide da un punto di vista umano. Con questo progetto, Trento si qualifica ancora di più come punto di riferimento a livello internazionale per gli studi sul federalismo e sui confini. Un risultato che non sarebbe stato possibile senza il grande lavoro fatto negli ultimi decenni nell’ambito della storia greca».

Le parole chiave del progetto sono “federalismo” e “confini”. Quali aspetti state indagando?

«Si è detto a lungo che il fine ultimo degli stati federali e dei processi aggregativi fosse la pacificazione. In realtà, la storia ci ha mostrato come nemmeno il federalismo sia sufficiente a garantire la pace. L’idea da cui parte il progetto è che lo scopo dei processi federativi non sia la pacificazione, ma la stabilizzazione. Il federalismo è quindi, semmai, un acceleratore di questo processo. Questa condizione non deriva però dalla risoluzione definitiva di un conflitto, ma dalla creazione e dal mantenimento di un equilibrio dinamico nella forma di una “balance of power”.  Per raggiungere questo obiettivo veniva adottata una politica di gestione dei confini che non è solo strategia, ma vera e propria cultura. Una cultura in cui si valorizza l’elemento della cooperazione e della condivisione di tutte le attività e di tutti gli interessi transfrontalieri».

Quindi, il confine separa o unisce?

«Tendiamo a considerare il confine qualcosa che separa mondi completamente diversi. In realtà, il confine è lineare in molti meno casi di quanto noi pensiamo e, in generale, non separa. O, meglio, separa, ma solo in certe situazioni. Nell’esperienza quotidiana spesso non è nemmeno percepito. Questo elemento è valorizzato dalla cooperazione transfrontaliera che può essere utilizzata ai fini della stabilizzazione dello stato federale. Non è molto diverso da quello che l’Unione europea fa oggi con i Gruppi europei di cooperazione territoriale: attraverso la loro istituzionalizzazione, si favorisce la cooperazione o si valorizza quella già esistente».

Cosa intendiamo con “politica multilivello di gestione delle frontiere”?

«La politica multilivello si riferisce alla gestione dei confini esterni. Vogliamo dimostrare che la valorizzazione delle attività transfrontaliere (politiche, economiche, etniche, culturali, religiose…) poteva essere il presupposto per stabilizzare i rapporti con i vicini, anche in un’ottica di espansione».

Quali esempi virtuosi di gestione dei confini ci restituisce la Grecia antica?

«Se parliamo dei confini interni, posso citare la Lega Achea, che in certi casi ha cercato di promuovere l’equilibrio tra gli stati favorendo i membri più deboli. Per quanto riguarda i confini esterni, un esempio paradigmatico sono gli Etoli, che durante l’età ellenistica si sono espansi fino a comprendere quasi l’intera Grecia centrale. A fare la differenza è stata la capacità di gestire le frontiere esterne con una politica multilivello».

Quanto sono attuali i temi su cui lavorate?

«Il tema del confine è sempre di grande attualità, ancor più in questo periodo storico. La prospettiva, la distanza delle epoche su cui lavoriamo, ci permette di interrogarci su temi scottanti ma in riferimento a una fase storica remota e perciò raramente tormentata da ferite ancora aperte: possiamo così spingerci a trarre conclusioni anche scomode e infine elaborare modelli teorici di cui poi altri potranno testare l’eventuale validità su altre epoche».


Federalism and Borders. A lesson from Ancient Greece

Elena Franchi's ERC project aims at  exploring the importance of a multi-level policy in border management

"Federation for Peace in Ancient Greece" is the title of an article published in 1944 by Jakob Aall Ottesen Larsen (1888-1974): in times of violent conflicts, the American scholar wondered about the potential of federalism as a means of conflict resolution. His research started from a question we can still ask ourselves today: can federal organizations limit or even eliminate intra-federal conflict? The project "FeBo: Federalism and Border Management in Greek Antiquity" starts from the assumption that this question no longer makes sense: despite romantic projections, federalization processes do not guarantee peaceful coexistence, neither within internal borders nor on the external borders. We talked about this with Elena Franchi, full professor of Greek History at the Department of Humanities of UniTrento and principal investigator of this ERC project.

Professor Franchi, how far along is the project?

"FeBo is now in the middle of the second year. Our activities  include, among other things, a series of conferences that serve as a sort of think tank  we have called 'Febinars'. The  Febinars are are designed asmonthly conferences with leading international experts in the field. Theywill be  held frequently in the first three years of the project but  decrease in number towards the end, when we will be busy publishing the results of our research. In spring 2025, we will also organise a workshop with leading international scholars. What is more, the dialog with a non-academic audience is very important to us which is why we care for the dissemination of our work,  in schools and other institutions."

Who are you collaborating with?

The Department of Humanities is the host institution. And there is a network of informal partners, mostly universities and research centres  we call "Friends of FeBo": the Institute of Comparative Federal Studies of Eurac in Bolzano, the Institute du Fédéralisme of the University of Freiburg (Switzerland), the universities of Münster, Madrid, Toulouse, Regensburg, Freiburg (Germany) and Nottingham."

Who is working on the project?

"The working group consists of six people: I am the principal investigator and with me there are three postdocs – Claudio Biagetti, Sebastian Scharff and Roy van Wijk – and a doctoral student, Rebecca Massinelli. Daniele Fusi, a philologist with computer skills, is helping us in the creation of the database of border conflicts. I would like to say that, thanks to the resources provided by the European Research Council, I managed to involve in the project some extremely qualified people with whom I established good relationships. With this project, Trento strengthens its position as a point of reference for studies on federalism and borders. A result that we have achieved thanks to the great work that we have done in recent decades in the field of Greek history."

The key words of the project are "federalism" and "borders". What are you investigating, exactly?

"It has long been said that the ultimate goal of federal states and aggregate processes was pacification. But history has shown that even federalism is not enough to ensure peace. The idea behind the project is that the purpose of the federative processes is not pacification, but stabilization. Federalism is therefore, if anything, an aspect that could accelerate this process. However, this does not derive from the definitive resolution of a conflict, but from the creation and maintenance of a sort of "balance of power". To achieve this goal, a border management policy was adopted in the past, which was not only a strategy, but a real culture. A culture that recognizes the importance of cooperation and sharing of all cross-border activities and interests."

So, do borders divide or unite?

"We tend to think that borders divide different worlds. But in fact, borders are linear in far fewer cases than we think and, in general, they do not divide. Or, better, they do divide, but only in certain contexts. In everyday life, often times, borders are not even perceived. This aspect must be enhanced in cross-border cooperation, which can be useful to stabilize federal states. This is not much different from what the European Union does today with the European Groupings of Territorial Cooperation: their establishment facilitates or strengthens cooperation."

What do you mean by 'multi-level border management policy'?

"Multi-level policy refers to the management of external borders. We want to demonstrate that the enhancement of cross-border (political, economic, ethnic, cultural, religious...) activities could lead to a stabilisation of relations with neighbours, including in view of an expansion of the borders.

Are there positive examples of border management from ancient Greece?

"In terms of internal borders, the Achaian League in some cases tried to promote a balance of power by supporting the weaker members. As for external borders, the case of the Aitolian League expanding its territory throughout most parts of Central Greece in the Hellenistic age might provide us with an paradigmatic example.  What made the difference was their ability to manage external borders with a multi-level policy."

In your opinion, how current are these research topics?

"Borders are always a topical issue, even more so in this historical period. Our point of view, the distance between us and our object of study, allows us to question ourselves on very complex and remote issues that were settled long ago: this gives us the opportunity to come to sometimes uncomfortable conclusions and to finally develop theoretical models that others can use to test our theories on other periods."