Laboratorio Dipartimento Cibio ©UniTrento ph.Alessio Coser

Ricerca

Una scommessa da vincere

Scoprire nuove proteine e ottimizzare la tecnica di editing genomico. Lo studio di Anna Cereseto (Dip. Cibio) finanziato dal Fis

18 giugno 2024
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Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Da anni si dedica alla ricerca contro le malattie genetiche. Ore e ore trascorse in laboratorio, osservando il DNA e cercando un modo per riparare e curare errori genetici. Prima a Genova, dove si è laureata, poi negli Usa - al National Institute of Health di Bethesda, alla Cornell University a New York, e al Mount Sinai School of Medicine sempre a New York – passando per Roma, Trieste, Pisa. Fino ad arrivare all’Università di Trento. Anna Cereseto oggi insegna al Dipartimento di Biologia molecolare, computazionale integrata - Cibio e dirige il laboratorio di Virologia molecolare. Il punto fermo dei suoi studi è individuare i mattoncini difettosi di DNA e correggerli.

La sua carriera accademica è costellata di articoli scientifici sull’editing genomico, riconoscimenti e finanziamenti per sostenere lo sviluppo di questa tecnica innovativa per modificare le mutazioni genetiche, causa di patologie severe, invalidanti e molte volte rare. Adesso, ultimo in ordine di tempo, si aggiunge il conferimento del Fondo italiano della Scienza (Fis). Un milione 200 mila euro stanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Il nome del progetto “My bet”, che tradotto letteralmente significa “la mia scommessa”, è l’acronimo di “Microbiome yielded biotechnological evolution-based therapies”.  
L’obiettivo è esplorare nuovi sistemi di correttore genomico partendo dall’attuale Crispr-Cas9 (la forbice molecolare in grado di tagliare o modificare le parti del DNA dannoso) e di farlo evolvere. Scoprire nuove proteine, più piccole, in grado di raggiungere il sistema nervoso centrale, e dare una possibilità di cura a malattie gravi come l’atrofia muscolare spinale (Sma).   
«Insieme al mio gruppo di ricerca – ci racconta la docente – ci siamo dedicati fin da subito allo sviluppo di tecnologie basate sul concetto del Crispr-Cas9, scoperto nel 2012. Fin dall’inizio c’è stato un grande entusiasmo su questa tecnica, che serve a modificare la parte di DNA corrotta. Tecnica che in poco tempo ha fatto passi da gigante, entrando rapidamente in sperimentazione clinica. Tanto che alla fine dello scorso anno è stato approvato già il primo farmaco. Questo sistema però aveva dei limiti di specificità. Noi ci siamo occupati di renderlo più preciso». L’entusiasmo e l’ottimismo di ricercatori e ricercatrici hanno dato un’accelerata così forte dunque che adesso occorre andare oltre quanto scoperto.
«Dobbiamo tenere conto che noi lavoriamo su proteine che arrivano da batteri, quindi da esseri viventi molto diversi da noi. Quello che vogliamo fare è cercare di farle funzionare all’interno di cellule di mammiferi». A questo servirà il finanziamento Fis. «Bisogna aumentare la varietà delle proteine», spiega la studiosa. «Stiamo lavorando ancora sulla prima che è stata scoperta e che viene da un batterio. È come dire che con l’aspirina curiamo tutte le malattie del mondo. Questo non è accettabile. La Crispr-Cas ha fatto grandi progressi, però dobbiamo lavorare sulla sua ottimizzazione».
«Il principio del nostro laboratorio – prosegue – è che dobbiamo scoprire nuove tecnologie. Lavoro che facciamo in collaborazione con il team di studio di Metagenomica computazionale guidato da Nicola Segata, sempre del Dipartimento Cibio. Il suo laboratorio ha a disposizione una grande banca dati di DNA batterici». L’obiettivo della ricerca è più ampio, ambizioso. Adattare le nuove molecole batteriche a quelle umane. «Significa che se queste proteine si sono evolute dentro i batteri, noi facciamo fare loro un’altra evoluzione, ma dentro i mammiferi. Le spingiamo a ripercorrere tutti i passaggi necessari per funzionare in un ambiente diverso da quello dal quale derivano». Questa tecnica si chiama “evoluzione diretta”. Consente di creare “in vitro” proteine dotate di proprietà utili che non sarebbe possibile sviluppare senza l’intervento umano. L'evoluzione diretta è utilizzata nell'ingegneria delle proteine per far evolvere gli acidi nucleici o le proteine verso uno scopo predefinito. Imitando il processo della selezione naturale, il metodo consente di modificare una proteina e analizzare le molecole derivate per verificarne l'adeguatezza.  «Se l’evoluzione avviene per pressioni evolutive genetiche, noi mettiamo una pressione evolutiva molto forte – aggiunge Anna Cereseto – che è data dal fatto che deve funzionare sul DNA di cellule più complesse rispetto a quelle batteriche».
L’ aspetto all’avanguardia dell’editing genomico è che si può programmare per andare su punti specifici del DNA in cellule vive. Quindi anche in organismi viventi. E riparare i danni genetici.
«Questa tecnica l’abbiamo messa a punto nel lievito perché – sottolinea la professoressa – le sue cellule presentano molte similitudini con quelle umane. E abbiamo visto che funziona bene. Il lievito ha un nucleo cellulare come i mammiferi mentre i batteri ne sono privi, e quindi li rende utili per adattare i sistemi batterici a quelli umani».  Nella fase finale del progetto, la squadra di ricerca di Anna Cereseto intende verificare il funzionamento delle nuove tecnologie per la cura di malattie genetiche.
«In particolare – sottolinea Cereseto – quello che noi ci prefiggiamo è di lavorare su una malattia genetica rara, con una letalità alta, che si chiama atrofia muscolare spinale. Colpisce il sistema nervoso centrale, difficile da raggiungere. Quando i bambini nascono con questa malattia vanno incontro a paralisi del sistema muscolare. Il difetto genetico che causa la Sma può essere neutralizzato tramite specifiche modifiche del DNA. Le molecole che troviamo sono più piccole rispetto a quella iniziale. La nostra sfida è quella di sorpassare i limiti delle molecole attuali e riuscire a raggiungere il tessuto nervoso, cosa che la Crispr-Cas iniziale non riesce a fare per le sue dimensioni». 
Sono due i finanziamenti Fis ottenuti dall’Università di Trento. A ottenere il contributo, oltre ad Anna Cereseto per la categoria Advanced grant, anche Moritz Wurm, ricercatore al Centro interdipartimentale Mente/Cervello (Cimec) nella categoria Starting grant.