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Pellegrini contemporanei

La riscoperta del turismo itinerante e dei cammini diventa materia di studio. Sulle orme dei viaggiatori del Grand Tour

9 settembre 2024
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Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

“Se non arrivi a piedi dove vuoi andare, non vedrai quello che vuoi trovare”. È un modo di viaggiare lento, vicino, intimo, quello che indica Tiziano Terzani, giornalista e instancabile viaggiatore dei nostri tempi scomparso venti anni fa. E settembre è un buon periodo per affrontare cammini ed escursioni a piedi. Clima mite, giornate soleggiate, paesaggi ricchi di colori e vegetazione. Mai come negli ultimi anni questo tipo di turismo ha conosciuto una così importante crescita. Lo dicono i numeri dell’indagine realizzata dal Centro Studi del Touring Club Italiano per Enit-Agenzia Nazionale del Turismo: in Italia sono stati stimati circa 3,6 milioni di viaggiatori a piedi o in bicicletta, in Francia 4,8 milioni, oltre 5 milioni in Germania e 7,1 nel Regno Unito. Per tutti, la meta preferita è il nostro Paese. Quali sono le caratteristiche di questa tendenza, quali le prospettive? Ne abbiamo parlato con Nicola Gabellieri, docente di Geografia al Dipartimento di Lettere e Filosofia, e coordinatore per Unitrento di un progetto che si concentra su territori marginali e itinerari di Lazio, Liguria e Trentino-Alto Adige, attraversati tra il XVIII e l'inizio del XX secolo, ai tempi del Grand Tour. Per raccontare come sono cambiati e come possono essere valorizzati oggi.

Professor Gabellieri, tante persone negli ultimi anni stanno scegliendo una vacanza all’insegna dei cammini e dei pellegrinaggi. Come si può spiegare questa tendenza?

La figura del pellegrino è oggi estremamente diversificata. Chi parte lo fa perché mosso non solo da intenti religiosi ma soprattutto laici o, ancora, da una spiritualità più ampia, per un’immersione totale nella natura. Il viaggio a piedi è sempre esistito. Pensiamo appunto ai pellegrinaggi, celebri e meno celebri. Quelli trentini per esempio, come il cammino Jacopeo d’Anaunia che conduce a San Romedio.  Ma anche agli spostamenti del Grand Tour, che vedevano nel ‘600 e ‘700 giovani dal Nord Europa muoversi per recarsi nella culla della civiltà del mondo classico. Proprio da qui nasce il turismo di massa. Ma oggi è diverso. Se per molti anni l’attività turistica è stata il conformarsi a una prassi, a un’abitudine, per partecipare a un grande rito collettivo - e quindi ci ritroviamo tutti a Riccione ad agosto, “stessa spiaggia stesso mare” - ora è cambiato il concetto di turismo. Il turismo è ricerca di un’alterità, una reazione alla quotidianità. La ricerca del cammino è una reazione ai ritmi accelerati. Una riscoperta dello spazio e del muoversi lento. Una domanda che aumenta anche perché ci sono più infrastrutture e comodità. Internet accessibile in qualsiasi momento consente di ridisegnare l’itinerario in tempo reale. Ci sono servizi, luoghi di ospitalità e ristoro che rendono l’esperienza confortevole. Il ridurre i disagi ha permesso di far diventare questo tipo di attività alla portata di chiunque.

L’uomo si è sempre spostato, per esplorare nuove terre, cercare spazi da conquistare e popolare. Si sta ritrovando questo sentimento di nomadismo?

Il viaggio è connaturato all’essere umano fin dall’antichità. Anche il turismo è una forma di spostamento dallo spazio abituale verso qualcosa di diverso. Negli anni ‘90 molti osservatori avevano sancito la fine dello spazio a causa della globalizzazione, dello sviluppo tecnologico che consente scambio di informazioni e spostamenti fisici delle persone estremamente rapidi. L’era della globalizzazione veniva definita come la compressione spazio temporale. Invece questo spazio non è mai sparito, e oggi si fa prepotentemente sentire. Le persone hanno bisogno di riscoprirlo, anche abbandonando certe comodità della modernità. Riscoprirlo nella maniera empirica più tradizionale e naturale, e cioè camminando. Questo va a incrociarsi con le nuove tendenze del turismo. C’è un libro pubblicato nel 1995 dal titolo “Lo sguardo del turista”. L’autore, John Urry, scrive che il turista guarda. Oggi, con il turismo esperienziale, non è più così. Il turista tocca. Vuole sperimentare con mano, e lo fa anche muovendosi a piedi.

Questo tipo di turismo incentiva anche la cura per il territorio, la sua sostenibilità e accessibilità.

La sostenibilità è certamente un altro tema centrale. Uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e socio-culturale per la salvaguardia delle identità. Il turismo slow e dei cammini rispetta tutti e tre questi obiettivi fissati dall’Agenda 2030.  Propone una forma di fruizione territoriale che invita alla destagionalizzazione, alla redistribuzione dei flussi, alla riscoperta di certe aree interne. Una esigenza che la pandemia da covid ha portato alla luce amplificandola.  Anche le istituzioni stanno investendo su questo tipo di offerta turistica. Lo scorso anno c’è stato un grande progetto del ministero del Turismo sui cammini religiosi. C’è un forte impegno del Consiglio europeo per la definizione degli itinerari dei cammini. E anche da parte della Provincia di Trento per la gestione dei rifugi. Si tratta di una forma di gestione territoriale, perché un territorio vuoto è uno spazio fragile.

Dal punto di vista scientifico e accademico esistono ricerche sul tema?

L’argomento è di grande attualità. Si interseca con un progetto in cui sono coinvolto che vede unite le Università di Trento, di Genova e Roma Tre. Si chiama “Envisioning landscapes: geohistorical travel sources and GIS-based approaches for participative territorial management and enhancement” ed è finanziato dall'Unione europea con in fondi Pnrr nell’ambito del bando Prin 2022. L’obiettivo è riscoprire le fonti iconografiche e le descrizioni di paesaggi e territori fatte dai viandanti del Grand tour. Ricostruire una mappatura e ipotizzare nuovi percorsi e itinerari, anche a piedi, che possano avvalersi delle narrazioni dei grandi viaggiatori e viaggiatrici sei/sette/ottocenteschi. Per riscoprire, perché no, il Trentino sulle orme di Goethe.


Il tema del “cammino” è stato anche oggetto di studio e di pratica del corso Sostenibilità in cammino” proposto da Nicola Lugaresi della Facoltà di Giurisprudenza. Un gruppo di studenti e studentesse ha affrontato la Via degli Dei, raccogliendo dal territorio spunti di discussione su sostenibilità e sviluppo.