Latte, nanna, ancora, basta, luce, musica. Desideri e richieste che, nei primi mesi di vita, si esprimono di solito attraverso il pianto, non sempre facile da interpretare. In realtà, esiste un canale di comunicazione precoce efficace e gratificante basato sull’uso del gesto simbolico, ovvero su gesti dal significato preciso e condiviso da infanzia e mondo adulto. Questo tipo di comunicazione anticipa e integra l’apprendimento del linguaggio verbale e, al tempo stesso, permette un’intesa comunicativa fra i genitori e i loro figli o figlie neonati. Due diverse ricerche del Cimec dell’Università di Trento si apprestano a entrare nel vivo di questa modalità comunicativa vocale-gestuale. Di qui l’invito per mamme e papà con figli e figlie tra 3 e 18 mesi, o che diventeranno presto genitori, a prendere parte all’iniziativa. A illustrare i dettagli sono Matilde Barucci e Ambra Ferrari, assegniste di ricerca che gestiscono i due progetti in prima persona. L’obiettivo è coinvolgere almeno 50 famiglie. Le adesioni si raccolgono entro settembre. Le persone che si rendono disponibili, saranno poi coinvolte dal tardo autunno per partecipare alle due ricerche e scoprire nuovi metodi per comunicare con il proprio bambino o bambina.
Matilde Barucci e Ambra Ferrari spiegano: «Usare i gesti crea un ponte tra il desiderio di comunicare e la capacità di farlo verbalmente. Attraverso l’uso del gesto i/le bambini/e possono comunicare i loro bisogni, emozioni e interessi ancora prima di iniziare a parlare. Questo approccio può ridurre pianti e frustrazioni che possono verificarsi nel normale scambio comunicativo tra genitore e bambino, specialmente quando, in mancanza del linguaggio verbale, non sempre la comunicazione risulta efficace. Inoltre, favorisce un dialogo precoce e arricchente nella diade genitore-bambino, con benefici documentati negli aspetti relazionali, comunicativi e linguistici e, potenzialmente, anche in quelli cognitivi. Il genitore propone al figlio gesti in abbinamento alle parole; i bambini rispondono usando gesti fin quando le parole non cominciano a farsi strada. Un approccio comunicativo in cui i genitori possono potenziare l’efficacia della comunicazione con il proprio bambino in età preverbale».
Le ricerche scientifiche che si svolgeranno all’Università di Trento nascono dalla collaborazione fra il Centro interdipartimentale Mente e Cervello – Cimec e la realtà italiana che ha sviluppato sul territorio nazionale un programma basato sull’uso del gesto simbolico nella fase preverbale (Baby Signs Italia). Il Baby Signs, nato da oltre 30 anni negli Stati Uniti e sviluppato ora in 40 diverse nazioni, è promosso in Italia dal 2015, prendendo in prestito 175 segni della Lingua dei segni italiana (Lis) e adattandoli alla primissima infanzia. Con la partecipazione alle due ricerche, neo e futuri genitori potranno scoprire questo nuovo “vocabolario” a loro disposizione per interagire con figli e figlie fin dai primi mesi di vita. L’obiettivo scientifico è capire come nei bambini e nelle bambine avvenga l’elaborazione e l’associazione del significato tra gesto e parola.
Ma come si procederà nel concreto?
«Nella prima ricerca monitoreremo l'attività cerebrale attraverso l’elettroencefalogramma e la misurazione del diametro della pupilla mentre bambini/e e genitori vedranno le videoregistrazioni di un’esperta di Baby Signs Italia proporre delle frasi parlate con alcune parole associate a gesti», illustra Matilde Barucci riguardo allo studio "Favorire l'interazione comunicativa nei primi anni di vita". Il progetto è coordinato da Francesco Pavani ed Eugenio Parise, professori del Cimec, in collaborazione con Matilde Barucci (Università di Trento) e Mariapaola Scuderi (Baby Signs Italia), e con il coinvolgimento della Scuola Imt Alti Studi di Lucca e l’Irccs materno infantile Burlo Garofolo di Trieste. Questa ricerca è finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto.
«Nella seconda ricerca monitoreremo l’attività cerebrale soltanto tramite l’elettroencefalografia mentre saranno mostrati parole, gesti e immagini di animali e oggetti di uso comune», riferisce Ambra Ferrari, ricercatrice sul programma Marie Skłodowska-Curie, che coordina il progetto "Comunicare concetti coi gesti manuali" e che ha ricevuto il finanziamento per questo studio dalla Commissione europea.
«L’elettroencefalografia prevede che il bambino e i genitori indossino – in momenti diversi – una morbida cuffia. La registrazione pupillometrica invece si effettua con una normale telecamera che misura il diametro delle pupille. Entrambi i metodi sono completamente sicuri e innocui, e i genitori saranno sempre presenti e potranno interrompere la sessione in qualsiasi momento».
Partecipare alla raccolta dati permette ai genitori di contribuire alla ricerca scientifica e di comprendere meglio come gesti e parole possano interagire nello sviluppo dei loro figli e delle loro figlie. Inoltre, verrà offerto gratuitamente ai genitori materiale per approfondire il programma Baby Signs, incluse la possibilità di partecipare all’attività online "Segna, canta e gioca" tenuta dalla formatrice certificata Baby Signs Italia Sara Andreozzi (terapista della Neuro e Psicomotricità dell'età evolutiva) e ad altre attività formative. Infine, è previsto un rimborso forfettario delle spese per raggiungere gli spazi nei quali si svolgeranno entrambi gli studi (Palazzo Fedrigotti, Rovereto - Corso Bettini, 31), dove si trova il BabyLab del Cimec.
Qualche esempio di Baby Signs? Per chiedere “latte” si posiziona la mano vicino al petto, aprendo e chiudendo la mano a pugno: già dai primi mesi, possiamo proporre al bambino questo segno in concomitanza alla richiesta di allattamento. Per dire che si ha “sonno”, si può appoggiare il palmo della mano sulla guancia e inclinare leggermente la testa. E poi si può proporre a bimbi e bimbe in età preverbale a il gesto di "ancora" stringendo la mano in un pugno e portando l'avambraccio dalla posizione verticale a quella orizzontale. Per approfondimenti ulteriori: https://r1.unitn.it/cats/en/ricerca/ricerca/babysigns/