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Ricerca

Mercati senza regole e (quasi) senza truffe

Uno studio dell’Università di Trento svela come nel dark web avvengano meno frodi. Grazie a meccanismi di fiducia e affidabilità

8 aprile 2025
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Swami Agosta
Studentessa collaboratrice Ufficio stampa e Relazioni esterne

È il paradosso dei mercati illegali: più fiducia nelle transazioni e meno frodi rispetto al sistema regolamentato. Un recente studio dell’Università di Trento, pubblicato sulla rivista Plos One, analizza i meccanismi che permettono alle piattaforme del dark web, nonostante il commercio di prodotti illeciti, di limitare le truffe e generare un livello di fiducia tra venditori e acquirenti persino superiore a quello di alcune piattaforme legali. Analizzando aspetti come la reputazione dei venditori e i sistemi di pagamento, la ricerca svela le strategie economiche e psicologiche che regolano questa economia sommersa, ancora poco conosciuta. Ne abbiamo parlato con Filippo Andrei, assegnista di ricerca, autore del lavoro insieme al professore Giuseppe Alessandro Veltri, entrambi afferenti al Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale di UniTrento.

Secondo i dati, tra il 95 e il 98% degli acquirenti nei sistemi online nascosti si dichiara soddisfatto dell’esperienza di acquisto. Una percentuale che supera persino quella di molte note piattaforme di e-commerce, dove la soddisfazione si attesta intorno all’88%. Un dato sorprendente, se si considera che parliamo di un mercato illegale, anonimo e privo di regole. Eppure, proprio lì, nascono meccanismi di fiducia e affidabilità che sfidano ogni aspettativa. 
Il team di ricerca ha studiato a fondo AlphaBay, una delle più grandi piattaforme del dark web bloccata nel 2017 a seguito di una grande indagine internazionale Qui, nonostante la natura illegale dei prodotti e l’anonimato degli utenti, la grande maggioranza delle transazioni si concludeva con acquirenti pienamente soddisfatti. «All'inizio ci aspettavamo un’alta percentuale di frodi, data la natura online e priva di regole del mercato – racconta Filippo Andrei che continua – invece, molti utenti si sono dichiarati soddisfatti dei propri acquisti, come mostrano le recensioni. Questo ci ha spinti a indagare cosa generi tanta fiducia in un mercato così instabile. Le frodi esistono anche in questo contesto, ma il nostro studio si è focalizzato sui fattori che le favoriscono e sui meccanismi che ci possono consentire di prevenirle».

Sin dagli albori di Internet i mercati illegali hanno trovato il loro spazio online, inizialmente utilizzati per l'acquisto di piccole quantità di cannabis. Con l’avvento dei forum alla fine degli anni ’90, queste transazioni si sono rapidamente estese a un’ampia gamma di beni illeciti. Tuttavia, per lungo tempo, la tracciabilità ha rappresentato un problema significativo. Le operazioni avvenivano sul web in chiaro, con indirizzi IP facilmente rintracciabili e pagamenti effettuati tramite piattaforme come PayPal. La vera svolta si è verificata tra il 2013 e il 2014 con la nascita di Silk Road (chiuso nel 2013), il primo grande mercato della darknet, capace di garantire l’anonimato dei suoi utenti. Da quel momento, si è sviluppata una vera e propria economia sommersa. In questo contesto si inserisce la ricerca di Andrei e Veltri, che analizza come questi mercati, in assenza di leggi e istituzioni regolatrici, affrontino sfide tipiche di qualsiasi sistema economico. Problemi come la formazione di oligopoli, la garanzia della qualità e il rischio di comportamenti opportunistici, comuni anche nei mercati legali e sottoposti a rigide normative, trovano nel dark web soluzioni alternative, spesso sorprendenti.

Quello che riduce ulteriormente il rischio di truffe riguarda le modalità di pagamento. Il denaro viene trattenuto in un deposito di garanzia (attraverso l’uso di servizi escrow) e rilasciato fino al completamento della transazione. In caso di controversie, si apre una disputa tra le parti. «Comportarsi in modo opportunistico non conviene, il venditore rischia non solo di non essere pagato ma anche di danneggiare la propria reputazione». E proprio il fattore della reputazione, misurato attraverso il numero di recensioni positive, risulta efficace per limitare i comportamenti opportunistici. «Chi ha raggiunto un alto livello di affidabilità ha molto da perdere – spiega Andrei – poiché commettere una frode significherebbe non solo perdere clienti, ma anche compromettere la possibilità di mantenere prezzi elevati».
Lo studio ha individuato diversi fattori che influenzano la diffusione, seppure bassa, delle frodi nei mercati clandestini online. Nonostante l’alto livello di fiducia nel mercato infatti, i venditori fraudolenti adottano tecniche persuasive per truffare gli acquirenti. «Molte delle strategie persuasive adottate in questi contesti sono ben note alla sociologia e alla psicologia sociale», sottolinea il ricercatore. Tra queste, spicca l’uso sistematico di un linguaggio positivo nella descrizione dei prodotti. «È una caratteristica tipica degli esseri umani, tendiamo a fidarci di chi ci parla in modo accogliente. Ed è proprio questa fiducia che i venditori più opportunisti sanno sfruttare». Un altro aspetto inatteso riguarda l’aspetto delle descrizioni della merce. Testi lunghi, ricchi di dettagli e scritti con cura vengono spesso percepiti come indice di serietà e affidabilità. Sono questi gli elementi, spesso costruiti ad arte, che risultano associati ad un maggior rischio di frode.

Contrariamente a quanto si può pensare, gli utenti di questi mercati sono perlopiù persone comuni, spesso appartenenti alla classe media dei Paesi occidentali, con una forte presenza nel Regno Unito, in Germania, Stati Uniti, Australia e nei Paesi Bassi. Le sostanze stupefacenti restano i beni più scambiati, e uno dei motivi principali per cui si ricorre al dark web è la percezione di una maggiore sicurezza rispetto ai convenzionali metodi di spaccio, considerati più rischiosi e difficili da gestire.
Filippo Andrei riflette infine sull’importanza di organizzare campagne di sensibilizzazione sul tema. «Nel commercio online le frodi sono in forte crescita, ma la consapevolezza del fenomeno resta bassa. Dovremmo smettere di colpevolizzare le vittime, giudicandole ingenue o disattente – conclude– e iniziare a considerare le truffe per ciò che sono: fenomeni sociali complessi, resi possibili da dinamiche comunicative sottili, spesso invisibili, ma profondamente efficaci». 


Lo studio citato è stato pubblicato su Plos One con il titolo: “Signalling strategies and opportunistic behaviour: Insights from dark-net markets”. È disponibile a questo link:  https://doi.org/10.1371/journal.pone.0319794