Il Centro Agricoltura Alimenti Ambiente - C3A dell'Università di Trento, in collaborazione con il Muse e l’Associazione micologica Bresadola, ha partecipato a un progetto europeo per la raccolta e la mappatura genomica di ben 1140 campioni di funghi del nordest alpino. Il lavoro permetterà di identificare le specie in modo rapido e preciso. La presentazione dei risultati è in programma giovedì 17 aprile alle 14:30 nella Sala conferenze del Palazzo della Ricerca e della Conoscenza, via Mach 1, San Michele a/A. Alessia Tatti, micologa e dottoranda del C3A e Omar Rota Stabelli professore di zoologia al C3A e genetista ci anticipano alcuni dati.
Sono stati i pionieri della vita sul pianeta. Primi organismi viventi arrivati sulle terre emerse. Punto di contatto di tutti i network ecologici dell’ambiente. Eppure appartengono a un regno “dimenticato”, poco studiato. I funghi sono alleati preziosi dell’ambiente: aiutano ad assorbire e trattenere l’anidride carbonica, contribuendo a rallentare il cambiamento climatico. Inoltre, favoriscono il ritorno delle sostanze nutritive nel terreno e rilasciano elementi essenziali per la vita di altri organismi. Conoscerli e catalogarli può aiutare a comprendere ancora di più il loro ruolo sulla biodiversità. Il progetto europeo “DNA barcoding reference library development for species in Europe” va esattamente in questa direzione. L’obiettivo è creare un database digitale di riferimento per le specie che si trovano in Europa. Il lavoro del C3A si è concentrato su quelle presenti nell’arco alpino del Nordest. «Noi conosciamo soltanto l'un per cento di tutti i funghi esistenti. Ci manca il restante 99 per cento. E con il cambiamento climatico in atto scompariranno delle specie che neanche conosciamo e che potrebbero essere importantissime», spiega Alessia Tatti.
Non solo. A causa delle attività umane e della crisi climatica, anche in Trentino stanno comparendo nuove specie fungine, alcune patogene o invasive, che possono mettere a rischio la salute delle piante. È il caso di Hymenoscyphus fraxineus, un fungo originario dell’Asia, responsabile di gravi danni ai frassini presenti nella regione. Non tutte le specie introdotte sono però immediatamente pericolose. Un esempio curioso è Favolaschia calocera, un fungo tropicale dal vivace colore arancione, originario del Madagascar, della Tanzania e della Nuova Zelanda. Sebbene non sia considerato dannoso, potrebbe nel tempo soppiantare le specie locali semplicemente occupando i loro spazi. Anche alcune specie autoctone mostrano segnali preoccupanti. I comuni finferli (Cantharellus cibarius), ad esempio, stanno registrando un calo nella loro presenza sul territorio, probabilmente influenzati dalle stesse dinamiche ambientali. Lo studio potrebbe rivelarsi utile anche per indagare l’origine delle specie raccolte, confrontandone il DNA e ricostruendo il loro albero filogenetico, ovvero le relazioni evolutive che le legano tra loro. Oltre a colmare un importante vuoto di conoscenza, lo studio ha un obiettivo chiaro: raccogliere campioni di funghi, estrarne il DNA e sequenziarne il genoma. «Il cuore del progetto – spiega l’autrice dello studio – è proprio questo: ottenere il materiale genetico e generare dei marcatori specifici, una sorta di “codice a barre” per ogni fungo, noto come barcoding della vita. Ogni specie avrà il suo identificatore unico, e i nostri campioni diventeranno il punto di riferimento per il riconoscimento di quelle specie.» Tutti i dati raccolti verranno inseriti in un database digitale, liberamente accessibile online, a disposizione di studiosi, appassionati e istituzioni che vorranno consultarlo o contribuire al progetto. Le specie di riferimento fisiche vengono conservate al Muse, che collabora al progetto. Una banca dati biologica completa, la più completa del Trentino e delle regioni limitrofe che consentirà di aumentare del trenta per cento il numero di specie sequenziate in quest'area geografica. Ogni volta che sarà scoperto un fungo nuovo si potrà sequenziare un pezzo di DNA, confrontarlo con la banca dati e identificarlo in modo univoco. Non avrà più segreti.
Lo studio
Sono esattamente 1140 le specie che proprio in questi giorni vengono sequenziate nei laboratori del Naturalis Biodiversity Center di Leiden in Olanda e del Natural History Museum di Londra, entrambe le istituzioni coinvolte nel progetto. Compito degli studiosi del C3A era soprattutto quello di fornire i campioni da analizzare, per poi ricevere i risultati che consentiranno di ottenere quante più informazioni possibili sui funghi presenti sul territorio – dalla provenienza all’evoluzione. Lo studio si concentra su due grandi gruppi di funghi molto comuni nei boschi del Nord Italia: i basidiomiceti e gli ascomiceti. Entrambi svolgono un ruolo fondamentale negli ecosistemi forestali e rappresentano una straordinaria varietà di forme e funzioni.
Un lavoro che, come sottolineano Tatti e Rota Stabelli, non sarebbe stato possibile senza il contributo fondamentale dei micologi dell’“Associazione Micologica Bresadola” – un’associazione dedicata a Giacomo Bresadola, figura di riferimento della micologia mondiale, al quale proprio il Trentino ha dato i natali.
Determinante è stato anche il supporto del micologo Marco Floriani, uno dei più importanti studiosi italiani del settore, insieme ai gruppi locali di Trento, Val di Sole, Brunico, Bolzano, Belluno e Treviso, e al MUSE. Grazie a loro è stato possibile accedere a una straordinaria ricchezza di materiali: erbari che custodiscono oltre trentamila campioni di funghi, vere e proprie collezioni storiche, in alcuni casi antichissime. Un tesoro nascosto che è uno strumento straordinario per conoscere la biodiversità dei funghi.
«Un aspetto interessante di questo studio – sottolinea Omar Rota Stabelli – è quello di aver creato un ponte tra chi, per suo interesse personale, ha una conoscenza approfondita dei funghi e l’Università, che invece possiede le tecniche per poterli analizzare».
La biodiversità non finisce mai di sorprendere. Ma per proteggerla e conservarla, bisogna conoscerla.
«Alcuni funghi potrebbero avere un ruolo per esempio protettivo in agraria, potrebbero avere un'utilità per l'uomo – riflette il professore – ma fin quando non li conosciamo, non lo sapremo. I funghi sono organismi fantastici che si adattano a qualsiasi condizione ambientale – dice ancora Rota Stabelli – e per questo sono anche candidati per colonizzare in futuro nuovi mondi».