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Referendum, istruzioni per l’uso

Focus sui quesiti che riguardano il mondo del lavoro e la cittadinanza breve

16 aprile 2025
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Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Sono cinque i temi sui quali la cittadinanza è chiamata a esprimersi nella consultazione popolare abrogativa che si svolgerà l’8 e il 9 giugno. I primi quattro riguardano il diritto del lavoro mentre il quinto interessa le norme per la concessione della cittadinanza italiana. In questo articolo li esaminiamo insieme a Maria Vittoria Izzi, dottoranda in Studi giuridici comparati ed europei alla Facoltà di Giurisprudenza.

Dottoressa Izzi, andiamo con ordine. I referendum che interessano il mondo del lavoro cosa propongono?

«Il primo dei quattro quesiti in materia di lavoro propone l’abrogazione delle disposizioni del cosiddetto Jobs Act, che disciplina il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. L’obiettivo è ripristinare la possibilità di reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo. Il secondo mira a eliminare il tetto massimo di sei mensilità per l’indennizzo economico in caso di licenziamento illegittimo nelle aziende con meno di 15 dipendenti, lasciando al giudice la facoltà di determinare liberamente l’entità del risarcimento. Il terzo requisito riguarda i contratti a tempo determinato, che oggi possono essere stipulati senza la necessità di specificare la ragione della temporaneità del rapporto di lavoro. L’obiettivo della proposta è quello di ripristinare l’obbligo di indicare la causale del rapporto. L’ultimo quesito in materia di lavoro mira ad estendere, nel caso di appalto di servizi, la responsabilità per eventuali infortuni sul luogo di lavoro oltre che all’azienda appaltatrice anche a quella committente, intensificando, così, la sicurezza dei lavoratori».

L’ultimo quesito riguarda la cittadinanza breve. Qual è la richiesta?

«Il referendum proposto ha l’obiettivo di dimezzare (da 10 a 5 anni) il periodo di tempo in cui il cittadino straniero deve risiedere regolarmente in Italia per poter acquisire la cittadinanza italiana. Il quesito agisce sulla legge n. 91 del 1992 che disciplina i modi di acquisto della cittadinanza (lettere b) e f) dell’art. 9). Per raggiungere l’obiettivo attraverso un referendum abrogativo, che può solo cancellare parti di una norma, si propone di intervenire con l’eliminazione delle parole “adottato da cittadino italiano” (per quanto riguarda la lettera b) e “allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica” (in riferimento alla lettera f)). In caso di esito positivo, le parti rimanenti del testo farebbero emergere una norma che consente al cittadino straniero che risiede legalmente in Italia da almeno cinque anni di ottenere la cittadinanza italiana. Secondo la Corte costituzionale, il quesito rispetta i criteri di chiarezza, omogeneità e univocità richiesti e consente agli elettori di poter scegliere, senza confusioni».

Chi è direttamente interessato?

«Il quesito referendario riguarda tutti i soggetti cittadini stranieri che risiedano legalmente sul territorio dello Stato italiano, permettendo loro di acquistare la cittadinanza in minor tempo rispetto a quanto oggi stabilito dalla normativa nazionale. Una volta acquisita la cittadinanza, queste persone potrebbero, inoltre, trasmetterla automaticamente ai figli minori conviventi o ai figli che dovessero nascere successivamente. È stimato che le persone che riuscirebbero a beneficiare di un esito positivo del referendum possano essere circa 2,5 milioni. C’è poi un’altra categoria di persone interessate dagli effetti del referendum: gli stranieri maggiorenni adottati da italiani. Questi, in caso di esito positivo, tramite l’eliminazione delle parole “adottato da cittadino italiano”, potrebbero ottenere la cittadinanza potenzialmente in maniera più celere: infatti, il tempo di cinque anni inizierebbe a decorrere dall’inizio della residenza legale in Italia e non, come attualmente previsto, dal momento dell’adozione (che può intervenire anche in un momento successivo)».

Come si arriva a proporre un referendum abrogativo?

«Il referendum abrogativo può essere indetto su richiesta di almeno cinquecento mila elettori (come nel caso del referendum di cui si discute) o su richiesta di almeno cinque consigli regionali. Segue una fase importante, dedicata ai controlli della richiesta: un primo accertamento di legittimità è svolto dall’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione (che controlla, per esempio, la validità delle firme), e un secondo, di ammissibilità, è svolto dalla Corte costituzionale (che controlla la conformità del quesito a parametri di natura costituzionale che impongono, tra le altre cose, che la formulazione dello stesso consenta agli elettori di rispondere “sì” o “no”, senza confusioni). Se la fase dei controlli è superata con successo, il referendum abrogativo viene indetto dal Presidente della Repubblica. Nel caso in cui si raggiunga il quorum, e cioè vadano a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto, si verificherà se abbia vinto il sì o il no, altrimenti la legge resterà in vigore invariata»

Ci sono altri paesi europei in cui si sono poste le stesse questioni e come sono state affrontate?

«In Germania, il 27 giugno 2024, è entrata in vigore una riforma della legge sulla cittadinanza tedesca (Staatsangehörigkeitsmodernisierungsgesetz), che ha introdotto diverse novità in materia di acquisto della cittadinanza, avendo ridotto da otto a cinque anni il periodo di residenza legale in Germania necessario per acquistare la cittadinanza tedesca. Altri ordinamenti, invece, si direzionano in maniera opposta: ad esempio, all’inizio del 2025 il governo svedese ha annunciato l’intenzione di inasprire le regole in materia di acquisto della cittadinanza e, tra le altre cose, di innalzare da cinque ad otto il numero di anni di residenza legale nello Stato necessari per ottenere la cittadinanza».

I riferimenti normativi delle proposte abrogative sono disponibili qui