Sicurezza e funzionalità sono due esigenze spesso contrapposte nella progettazione delle rotatorie stradali. Rotatorie di piccole dimensioni offrono maggiore sicurezza ma bassa capacità di smaltimento dei veicoli; quelle più grandi riescono a gestire flussi intensi, ma spesso a scapito della sicurezza. Come conciliare queste esigenze? Una risposta arriva da uno studio del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica dell’Università di Trento. Lo studio, coordinato da Marco Guerrieri, docente di Costruzioni di infrastrutture stradali e ferroviarie, ha portato alla pubblicazione di un articolo sull’International Journal of Transportation Science and Technology e al deposito di una domanda di brevetto per un nuovo tipo di rotatoria: la COM-Roundabout, ovvero una rotatoria “commutabile ed autoregolante”.
«L’idea – racconta Guerrieri – nasce dalla constatazione che le rotatorie oggi seguono schemi rigidi, mentre il traffico ha un andamento variabile durante la giornata. Nelle ore di punta i flussi aumentano, di notte si riducono drasticamente. Perché allora non pensare a un’infrastruttura che si adatti in modo dinamico alla domanda di traffico?».
La rotatoria commutabile è progettata per modificare il numero di corsie attive in ingresso e sull’anello in base ai flussi veicolari rilevati in tempo reale. A monitorare il traffico sono sensori e videocamere intelligenti, mentre a regolare e instradare i veicoli pensano pannelli a messaggio variabile (Pmv) e luci Led integrate nella segnaletica orizzontale. «Quando i flussi di traffico sono bassi – spiega Guerrieri – la rotatoria funziona con una sola corsia agli ingressi e sull’anello, così si diminuisce la velocità, si riducono i punti di conflitto tra le traiettorie dei veicoli e aumenta la sicurezza per gli utenti. Quando invece i flussi crescono, si attivano automaticamente le corsie aggiuntive».
Si tratta, in sostanza, di un’infrastruttura adattiva che offre, nel caso di rotatoria a quattro bracci, oltre cinquanta configurazioni diverse a seconda della intensità e distribuzione dei flussi in ingresso. Una delle caratteristiche più innovative riguarda la compatibilità e l’interazione con i veicoli a guida autonoma. «Nel prossimo futuro – precisa Guerrieri – questi veicoli non leggeranno i cartelli stradali come fanno oggi gli utenti, ma riceveranno istruzioni direttamente dall’infrastruttura tramite sistemi di comunicazione del tipo V2I (Vehicle-to-Infrastructure), ad esempio quale corsia utilizzare e che velocità adottare in fase di avvicinamento e di attraversamento dell’intersezione».
Lo studio è stato sviluppato in collaborazione con il dottorando Massoud Kanmohamadi, che ha contribuito in particolare alla parte di simulazione. «Abbiamo esaminato un milione di scenari di traffico diversi – racconta Guerrieri – per valutare in quali condizioni fosse più utile attivare una o più corsie sui rami e sulla carreggiata ad anello. Abbiamo usato modelli di ingegneria del traffico e modelli predittivi della incidentalità come quelli previsti dal Highway Safety Manual statunitense».
Attualmente il sistema non è ancora stato implementato su strada, ma i test condotti anche con software di simulazione avanzati – e le prossime analisi previste con strumenti di microsimulazione in dotazione all’Università di Trento – mostrano risultati promettenti, sia in termini di capacità che di sicurezza. «Certo, resta il nodo della normativa», osserva Guerrieri. «Le attuali regole italiane non prevedono ancora questo tipo di soluzioni. Ma le smart road e i veicoli autonomi sono sempre più oggetto di sperimentazioni su strade pubbliche: è solo questione di tempo».
La rotatoria commutabile e autoregolante si inserisce infatti nel più ampio contesto delle strade intelligenti, capaci di dialogare con i veicoli e di adattarsi dinamicamente alle esigenze del traffico. Un sistema che potrebbe comportare costi iniziali più alti rispetto a una rotatoria tradizionale, ma anche grandi vantaggi per la collettività. «Il rapporto tra benefici e costi può essere molto positivo», conclude Guerrieri. «Se si riducono gli incidenti, si riducono anche i costi sociali. E si migliora la qualità complessiva della mobilità».