Cappuccetto Rosso in città ©AdobeStock

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Fiabe: parabola della società

Uno studio analizza le narrative del passato come indicatori della traiettoria di sviluppo di una comunità

15 ottobre 2025
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di Sara Carneri
Ufficio Eventi

Il gatto con gli stivali, Cappuccetto rosso, Biancaneve e i sette nani: la prima cosa che viene in mente pensando alle fiabe sono racconti per l’infanzia. Eppure le fiabe possono dire molto sulla traiettoria di sviluppo di una società. Soprattutto le fiabe popolari trasmesse oralmente che, in vario modo, hanno avuto la funzione di collante sociale. Un progetto sviluppato dal Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento in collaborazione con l’Istituto di Giurisprudenza ed Economia dell’Università di Amburgo analizza lo sviluppo delle società nell’arco di oltre un secolo attraverso la raccolta e la digitalizzazione delle fiabe in una prospettiva interdisciplinare. L’Europa è spesso considerata la culla di questo "genere letterario" ma l’indagine ha riguardato circa 180 paesi, tra America latina, Asia, Africa, Nord America. UniTrentoMag ne ha parlato con Nadia von Jacobi, ricercatrice e docente al Dipartimento di Economia e Management.

«I valori veicolati dalle fiabe popolari dicono molto delle norme che vigevano nel passato. In ambito economico, c’è una letteratura consolidata sulla rilevanza degli aspetti culturali per le traiettorie di sviluppo di un paese, tra cui le preferenze valoriali della società. Ma su quali fossero i valori delle società del passato non si sono mai avute evidenze empiriche. Da qui l’idea di raccogliere dati su quali fossero valori, norme e istituzioni informali nel passato estrapolando queste informazioni proprio dalle fiabe», racconta Nadia von Jacobi che di questi temi si occupa in relazione a quelle che vengono definite “istituzioni informali”.

Ma cosa sono? «Quando si parla di istituzioni informali, si fa riferimento a regole che sottostanno a meccanismi di controllo che non sono dello stato. È invece la società stessa che seleziona quali sono le regole che devono essere rispettate da tutti e che poi vengono trasmesse di generazione in generazione. Le istituzioni informali affiancano quelle formali che invece sono imposte e monitorate attraverso meccanismi riconducibili allo stato. Per esempio, pensiamo al patriarcato. Quali sono le regole che lo compongono? Non si tratta di leggi costituzionali che definiscono una superiorità dell’uomo sulla donna. In questo caso, le regole hanno molto a che fare con le aspettative. Ad esempio, quella per cui tutta la società si aspetta che sia la mamma ad occuparsi del proprio figlio o figlia, per una presunta propensione naturale sua o del bambino stesso. Il patriarcato risulta da un insieme complesso di tabù, aspettative, credenze. L’insieme di queste regole e standardizzazioni dei comportamenti, fanno sì che, di fatto, le donne non abbiano le stesse possibilità che hanno gli uomini quando cercano di combinare lavoro e famiglia. Quindi, quando studiamo le istituzioni formali e informali dobbiamo pensare a un dialogo tra le due. Perché la nostra stessa vita avviene in un dialogo tra regole scritte, controllate dalle istituzioni e aspettative che premono e hanno a che fare con la cultura e la tradizione».Nadia von Jacobi, ricercatrice e docente al Dipartimento di Economia e Management

La lente attraverso cui questa ricerca prova a leggere i dati estrapolati dalle fiabe prende in prestito alcuni principi di una teoria (la Moral Foundations Theory), sviluppata dagli psicologi Jonathan Haidt e Jesse Graham di Harvard: «Alla base c’è l’idea che le società abbiano sviluppato i propri valori morali per un’esigenza di sopravvivenza. Cinque sono i valori – o meglio le coppie di valori, uno positivo e l’altro negativo – su cui si fonda questa teoria. Tra questi, ad esempio, l’antitesi tra il prendersi cura (care) e il danneggiare: la specie umana si sarebbe estinta se non si fosse presa cura di chi è appena nato. Il senso di correttezza (fairness) ha permesso poi alle persone di scambiarsi cose, come beni e servizi, confidando nella reciprocità. L’opposto, potremmo dire, è il tradimento di questa fiducia. E ancora: autorità contro sovversione, dove l’autorità attribuisce un senso all’organizzazione gerarchica che, sembra, faciliti il coordinamento e spesso risolva il problema dell’azione collettiva. Infine, lealtà e purezza, ciascuna con il proprio valore antagonista. Secondo gli autori, queste cinque fondamenta morali si sarebbero sviluppate in tutte le società del mondo per motivi evolutivi».

«Per verificare questa ipotesi – prosegue von Jacobi – abbiamo lavorato sui dati derivati dalle fiabe popolari, in quanto testimonianze collettive di quali messaggi morali fossero rilevanti per le loro società del passato. Le fiabe, che hanno il potere di farci vivere un’esperienza attraverso il racconto, ci permettono di ragionare e di valutare approcci e scelte da attuare in specifiche situazioni - senza dover sperimentare tutto in prima persona. Per esempio, cosa è giusto fare se incontro una persona sconosciuta di notte in un bosco? All’inizio, in fase di analisi, abbiamo provato a misurare i messaggi morali presenti nei testi raccolti con gli approcci consolidati in letteratura, contando le parole che a livello semantico ricadevano all’interno di quei cinque pilastri valoriali. Quante erano riconducibili al prendersi cura? Quante alla lealtà? Abbiamo trovato pochissimo. Finché un nostro collega di Stanford ci ha proposto di analizzare i testi con una black box che nessuno conosceva, era il 2022. Abbiamo poi scoperto che si trattava di ChatGpt. E funzionava, anche meglio di come provavamo a fare noi quando codificavamo manualmente, perché riusciva a cogliere il senso emergente del racconto dalla co-presenza di più parole, con una grandissima precisione».

«Riflettendo poi, in corso d’opera, sui primi risultati dell’analisi, abbiamo compreso che non è tanto rilevante determinare quanto spesso un valore sia presente in una raccolta di fiabe – e quindi in una società. Ciò che conta davvero è quanto spesso quel valore sia legato ad altri. In altre parole, se un valore appare spesso insieme ad altri, assume una posizione centrale per il sistema morale di una società». Seguendo questa pista, è stato possibile trovare delle relazioni statisticamente significative tra quello che veniva detto, trasmesso, raccontato, in un certo contesto, nel passato, e la traiettoria di sviluppo di lungo periodo di quella società. «Studiando i valori come elementi inseriti all’interno di un sistema morale – dove alcuni valori sono più radicati perché interconnessi a molteplici altri valori – si comprende la capacità del sistema stesso di resistere nel tempo. Perché ciò che è molto radicato è anche molto difficile da cambiare. Per farlo si dovrebbero cambiare tutti i legami che quel valore ha con gli altri», prosegue von Jacobi. «In termini di moralità gli esseri umani sono molto più simili tra loro di quello che vogliono credere e di quello che spesso, altri, vogliono farci credere».