"Ogni luogo dovrebbe cercare di capire il senso del suo essere nel tempo e nello spazio [...] per realizzare le condizioni della massimizzazione della joie de vivre dei propri cittadini, così come essi [...] la concepiscono".
Scrive così Giacomo Becattini, economista e storico del pensiero economico italiano. Emerge un senso forte dei luoghi non solo come ambiente fisico in cui l’uomo si insedia con le sue attività economiche, politiche e sociali, ma come custodi di valori e sentimenti, dove l’individuo si realizza e si riconcilia con sé stesso e con la società.
Il mio dottorato di ricerca DELoS (Development Economics and Local System), organizzato, da alcuni anni congiuntamente dal Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa dell’Università di Firenze e dal Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento, propone un approccio applicato e multidisciplinare sui temi di economia dello sviluppo e sviluppo locale. In particolare, in relazione al filone di ricerca local, il dottorato propone un sistema di sviluppo economico bottom-up: si lavora cioè sul territorio, si progetta nelle realtà locali e si pianifica il cambiamento a partire dalle piccole comunità per proporre uno sviluppo dal basso, frutto di legami con la popolazione e le attività locali, anima dei luoghi stessi.
Spesso in un mondo globalizzato, interconnesso e interattivo, parlare e proporre uno sviluppo economico e sociale che parta dalle realtà locali sembra un orientamento contro tendenza. Si sta verificando uno sradicamento dai ‘nostri luoghi’, quelli dove ognuno di noi si integra, abita, si relaziona e lavora, verso i ‘non luoghi’, più fluidi, dinamici, atemporali e immateriali. Siamo cittadini del mondo, senza essere prima cittadini in una comunità. Questo scollamento accelera con l’uso di Internet e delle tecnologie informatiche che permettono in ogni istante di relazionarsi con tutto il mondo, avvolti da flussi di informazioni sempre più consistenti.
Questa non è una critica allo sviluppo tecnologico e all’avanzamento scientifico, ma una riflessione che ha mosso la mia curiosità e il mio senso civico verso un lavoro di ricerca che vuole dare delle piccole risposte a questo senso di smarrimento. La mia ricerca quindi prende spunto proprio da tale riflessione e si applica al settore del turismo, declinandosi attraverso una visione sostenibile capace di conciliare la tendenza ad un turismo globale con le possibilità concrete dei luoghi fisici, fatti di risorse finite e di persone che li abitano.
Il turismo è una leva importante per lo sviluppo e il sostentamento economico di molte nazioni. La rigenerazione di alcune città e la riqualificazione di vaste aree, è stata talvolta possibile proprio grazie a questo fenomeno che, insieme a visitatori lontani, ha permesso a flussi di capitale di entrare ed essere reinvestiti sui territori stessi. Ad oggi il turismo è uno dei settori che più di altri si è riorganizzato e rigenerato grazie alle tecnologie informatiche e alla creazione delle piattaforme digitali. In particolare, l’offerta turistica attuale si è rinnovata grazie a quel movimento da molti chiamato sharing economy, ovvero un’economia basata sullo scambio di risorse, materiali e immateriali, tra persone che mettono a disposizione i propri mezzi, le proprie abitazioni e le proprie esperienze, in cambio di un piccolo ritorno economico.
Moltissimi sono i siti e le piattaforme attraverso le quali prenotare vacanze, fissare soggiorni low-cost, connettersi con residenti, riscoprire realtà locali lontane, spostarsi autonomamente con una grande varietà di mezzi. Dai più noti siti di accommodation, Airbnb, Booking, Couch Surfing, a quelli di transportation, Enjoy, Uber, BlaBlaCar, Bikesharing, fino a tutte quelle piattaforme che ti permettono di fare esperienza con le popolazioni locali: ristoranti in casa, laboratori, degustazioni, corsi di cucina e così via. L’offerta turistica non è mai stata così ampia e i viaggiatori possono così scegliere tra un vastissimo ventaglio di opzioni.
Ma cosa accade quando singoli individui, operando tramite piattaforme digitali con l’obiettivo di ottenere un piccolo surplus per integrare stipendi e entrate, attraverso la messa a disposizione di risorse da loro sottoutilizzate, vengono sostituiti da attori economici che costruiscono business di larga scala su questo modello? Cosa succede quando la casa in campagna di una famiglia che vive altrove, o l’auto in garage di una persona che vive in centro città, vengono sostituiti da case-albergo affittate tutto l’anno o sciami di macchine-taxi che operano come business autonomi? Cosa accade se ogni piccola bottega artigianale, memore di esperienze autentiche e parte integrante di una comunità, viene riconvertita in laboratorio ad uso e consumo a fini turistici?
Molti studiosi parlano di disneyfication delle città, ovvero di riconversione delle città, in particolare quelle d’arte, in città vetrina, abitate da visitatori temporanei e costellate di attività incentrate al divertimento, ad emozioni fugaci ed esperienze passeggere. Io sono di Firenze, capitale del Rinascimento, luogo di artisti, pensatori e mercanti, dimora delle antiche corporazioni, delle botteghe e delle piazze dove le persone si incontrano, scambiano e si arricchiscono, ed è proprio questo luogo che muove il mio bisogno di risposte.