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LA SICUREZZA ALIMENTARE GLOBALE

Una sfida per garantire a tutta la popolazione mondiale l’accesso a cibo sicuro e nutriente

10 novembre 2015
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Martina Sartori
di Martina Sartori
Assegnista di ricerca presso la Scuola di Studi internazionali dell’Università di Trento.

Secondo la definizione elaborata al World Food Summit del 1996, c’è sicurezza alimentare quando “tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico, sociale ed economico ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che garantiscano le loro necessità e preferenze alimentari per condurre una vita attiva e sana”. Il seminario “Global Food Security”, che si è tenuto lo scorso 29 ottobre presso la Scuola di Studi internazionali dell’Università di Trento, è stato organizzato con l’obiettivo di approfondire questo tema di crescente importanza.

Il monitoraggio dello stato della sicurezza alimentare nel mondo avviene attraverso degli indicatori statistici che consentono di valutare il livello di sottonutrizione prendendo in considerazione molteplici aspetti tra loro complementari, quali la disponibilità di cibo, l’accesso ai servizi connessi con il consumo dei beni alimentari, la stabilità dei prezzi nazionali e internazionali dei prodotti agricoli, lo stato della sicurezza interna al paese e le politiche sociali. Con cadenza periodica, organizzazioni internazionali quali la FAO e il World Food Programme verificano i risultati raggiunti e i progressi fatti rispetto agli obiettivi precedentemente fissati di riduzione della fame e della sottonutrizione, cercando di identificare quali politiche si sono rivelate fallimentari e quali di successo.

La sicurezza alimentare è influenzata da una serie di fattori. Tra questi, la crescita demografica e il cambiamento degli stili di vita e della dieta della popolazione incidono sul consumo e sulla domanda di beni alimentari, mentre la disponibilità di risorse produttive - come acqua, terra e forza lavoro - e la produttività del settore agricolo influiscono sulla produzione e sull’offerta di cibo. Altri fattori rilevanti sono il cambiamento climatico, che modifica la disponibilità di risorse idriche e la resa dei terreni, e la presenza di accordi commerciali internazionali e di barriere al commercio, come dazi o quote alle importazioni. Questi ultimi hanno un impatto sia sull’offerta che sulla domanda di beni, modificando il luogo di produzione, la direzione e l’intensità dei flussi commerciali. 

Un aspetto molto importante nell’analisi della sicurezza alimentare riguarda la vulnerabilità dei paesi che partecipano al commercio internazionale rispetto alle crisi che possono colpire la produzione agricola. In molti paesi la domanda di prodotti agricoli viene soddisfatta attraverso le importazioni: questa dipendenza dall’estero può costituire una minaccia alla sicurezza alimentare? E inoltre, la rapida crescita degli scambi internazionali di beni agro-alimentari rende il mondo più vulnerabile alla diffusione di una possibile crisi? Le analisi sin qui condotte suggeriscono che la globalizzazione del commercio non ha avuto l’effetto di rendere i paesi più esposti alle conseguenze negative delle crisi.
Altri due aspetti stanno registrando un’importanza crescente quando si vuole analizzare lo stato della sicurezza alimentare mondiale: l’impatto ambientale della produzione agricola e l’impatto del consumo di beni alimentari sulla salute. Attraverso l’utilizzo di un indicatore definito “impronta ecologica”, che sintetizza quante risorse ambientali vengono utilizzate nel produrre un certo bene, si è dimostrato che laddove l’impatto della produzione del bene sull’ambiente è minore, maggiore è il beneficio per la salute dell’individuo che consuma quel prodotto alimentare. 

La relazione tra il commercio internazionale di beni agricoli e la sicurezza alimentare è uno dei temi studiati dal progetto ViWaN - La rete globale degli scambi di acqua virtuale: implicazioni socio-economiche ed ambientali, di cui il professor Stefano Schiavo è responsabile scientifico. Il progetto, finanziato dal MIUR nell’ambito del programma Futuro in Ricerca 2012, è sviluppato dal Dipartimento di Economia e Management e dalla Scuola di Studi internazionali dell’Università di Trento in collaborazione con altri Atenei italiani.