Esiste una relazione tra i toponimi (i nomi propri di luoghi geografici) e la presenza e la distribuzione di grandi carnivori come orsi e lupi nella storia in Italia?
A questa domanda ha cercato di rispondere uno studio condotto presso il Laboratorio di Ecologia del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica dell’Università di Trento dalla ricercatrice Clara Tattoni, ora assegnista presso l’Università di Firenze.
La ricerca pubblicata su Nature Conservation con il titolo “Nomen omen. Toponyms predict recolonization and extinction patterns for large carnivores” nell’autunno 2019 ha avuto eco anche su National Geographic Magazine e parla di come il nome dei luoghi può spiegare il destino di due grandi carnivori come il lupo e l’orso in Italia.
In particolare nello studio sono stati confrontate la diffusione dei toponimi presenti sulla carta dell’IGM (Istituto Geografico Militare scala 1:100000) e la diffusione di lupi e orsi provenienti da varie fonti come articoli scientifici, report ministeriali, pubblicazioni sulla fauna d’Italia.
“In Italia ci sono più di un migliaio di toponimi che si riferiscono a orsi e lupi e testimoniano come un tempo la loro presenza fosse assai diffusa; non solo: la densità di questi nomi riflette accuratamente le contrazioni e le espansioni delle popolazioni di questi due grandi carnivori nel tempo” – ci spiega Clara Tattoni.
La prima parte del lavoro di ricerca ha riguardato la consultazione della cartografia nazionale dei toponimi per individuare tutti quelli contenenti la parola orso e lupo, incluse le versioni dialettali in uso nelle diverse regioni italiane. Nella banca dati nazionale sono stati trovati oltre1500 nomi per il lupo e quasi 500 per l’orso bruno.
I toponimi sono stati successivamente classificati in base all’elemento geografico descritto (montagne, fiumi, insediamenti o altro), al genere e alla loro connotazione positiva (incluso il riferimento a cuccioli o diminutivi) o negativa (es. i toponimi identificavano i luoghi di caccia, o facevano chiaro riferimento a lesioni e/o morte, o erano declinazioni peggiorative del nome).
In questo la semplice attribuzione di un nome a un elemento paesaggistico è stata considerata neutrale, anche se è indubbiamente un segno di connessione emotiva con la specie.
I toponimi più comuni sono risultati essere Fosso del Lupo, che ricorre 45 volte, e Valle dell’Orso, con 18 occorrenze. I toponimi testimoniano inoltre una certa conoscenza dell’ecologia e dell’etologia, come nel caso di Cantalupo riferito agli ululati, mentre per gli orsi sono comuni le menzioni a grotte e tane.
Utilizzando i toponimi come indici di presenza è stata effettuata un’analisi tramite GIS (Sistemi Informativi Geografici) ottenendo due mappe di distribuzione della densità dei toponimi. Queste mappe sono state confrontate con gli intervalli storici disponibili per entrambe le specie, dall’epoca romana ai giorni nostri, trovando correlazioni statisticamente significative.
La mappa dei luoghi legati all’orso ha due grandi concentrazioni nelle Alpi Orientali e nell’Appennino, corrispondenti in modo preciso alla popolazione di questo animale negli anni cinquanta, con l’orso alpino a nord e l’orso marsicano al centro. La densità dei nomi dei lupi è risultata alta in varie parti della penisola, ma anche in questo caso sono evidenti le roccaforti nell’Appennino meridionale, dove il lupo era rimasto quando la sua popolazione era al minimo negli anni cinquanta.
“I toponimi raccontano la distribuzione passata di orso e lupo in Italia con grande accuratezza, ma anche i sentimenti che le persone provavano nei loro confronti e che non sono tanto diversi da ora, come ammirazione e paura” – precisa Clara Tattoni.
In mezzo ai vari “Monte lupo” ci sono per esempio anche Scannalupo, Mazzalorsa e Scaccialupo. Quando i carnivori hanno iniziato a sparire alla fine del 1800, i toponimi sono rimasti lì a testimoniare questa antica presenza.
L’utilità di questa ricerca va vista anche nella possibilità di avere un’ulteriore via per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla presenza passata della specie nella penisola italiana e le mappe possono servire a evidenziare il patrimonio storico dei territori ed il valore culturale dei grandi carnivori.