L'allargamento dell’indennità di disoccupazione al mondo della ricerca, e più in generale il sostegno al reddito di ricercatori e ricercatrici che non hanno un contratto dipendente, è un tema ampiamente dibattuto a livello nazionale e oggetto di discussione nell'ambito del Disegno di Legge di Stabilità 2016. A livello locale, la sinergia tra l'Ateneo di Trento, la Provincia autonoma di Trento e i sindacati locali ha consentito di dare un segnale forte di attenzione nei confronti di chi si trova nelle fasi iniziali della carriera accademica, attraverso il riconoscimento alla figura dell'assegnista di ricerca di un sostegno al reddito in caso di disoccupazione.
Ne abbiamo parlato con la prorettrice alle politiche di equità e diversità dell’Università di Trento, Barbara Poggio.
Professoressa Poggio, qual è il suo punto di vista sull’estensione dell’indennità di disoccupazione al mondo della ricerca?
Si tratta di un importante traguardo, un primo passo per il recepimento sostanziale della Carta europea dei ricercatori [PDF], promossa nel 2005 con raccomandazione della Commissione europea e firmata da tutti i rettori italiani a Camerino nel luglio dello stesso anno. La Carta, al momento ampiamente disattesa nel contesto italiano, afferma il principio di un trattamento equo nei confronti dei ricercatori in ogni fase della loro carriera, dal punto di vista retributivo, previdenziale e delle tutele sociali. Vorrei citare un passaggio molto significativo di questo documento:
“I datori di lavoro e/o i finanziatori dovrebbero assicurare ai ricercatori condizioni giuste e attrattive in termini di finanziamento e/o salario comprese misure di previdenza sociale adeguate e giuste (ivi compresi le indennità di malattia e maternità, i diritti pensionistici e i sussidi di disoccupazione) conformemente alla legislazione nazionale vigente e agli accordi collettivi nazionali o settoriali. Ciò vale per i ricercatori in tutte le fasi della loro carriera, ivi compresi i ricercatori nella fase iniziale di carriera, conformemente al loro status giuridico, alla loro prestazione e al livello di qualifiche e/o responsabilità”.
Lei ha avuto modo di occuparsi di queste tematiche anche come ricercatrice?
Il progetto FP7 GARCIA – Gendering the Academy and Research: combating Career Instability and Asymmetries attualmente in corso, che coordino insieme ad Annalisa Murgia, ha messo in luce il fatto che in Italia, a differenza della quasi totalità dei paesi europei, assegnisti e assegniste di ricerca non possono accedere agli strumenti di sostegno al reddito, che garantiscono continuità e sviluppo alle carriere scientifiche, fin dalle fasi iniziali. Questi dati ci hanno spinti a sensibilizzare l’Ateneo e la realtà locale su questi temi e un primo risultato è stato senz’altro ottenuto.
Qual è stato il percorso per arrivare a questo risultato?
Nel maggio 2015 – in virtù della delega provinciale in materia di ammortizzatori sociali – il rettore Paolo Collini ha chiesto all'Assessorato allo Sviluppo economico e lavoro, all'Assessorato all'Università e ricerca e all'Agenzia del Lavoro della Provincia autonoma di Trento di estendere l’ambito di applicazione del reddito di attivazione provinciale, includendo anche la figura dell'assegnista di ricerca tra i beneficiari della misura.
Nei mesi successivi si sono susseguiti una serie di incontri e momenti di confronto, che hanno visto coinvolti oltre ai soggetti già citati la Consulta di dottorandi e assegnisti di ricerca e i sindacati a livello locale, che si sono particolarmente spesi sul tema del sostegno alla carriera di ricercatori e ricercatrici.
Il risultato è stata l'introduzione, per chi risiede in provincia di Trento, di un sostegno al reddito – soggetto al principio di condizionalità, i cui criteri sono in corso di definizione – di 600 euro mensili fino ad un massimo di 6 mesi.
A suo parere, cosa indica questo primo risultato e il percorso fatto per raggiungerlo?
L'introduzione di un sostegno al reddito per la figura dell'assegnista di ricerca in provincia di Trento conferma il carattere orientato all'innovazione e alla promozione della ricerca scientifica del territorio e rappresenta inoltre il risultato di sinergie efficaci e positive tra diversi soggetti istituzionali che condividono l'obiettivo di potenziare la qualità della ricerca e di conseguenza la qualità della vita di ricercatori e ricercatrici. La speranza è che tale orientamento venga recepito anche a livello nazionale all'interno del Disegno di Legge di Stabilità, in fase di approvazione, in modo che anche il personale di ricerca non dipendente sia incluso tra i soggetti che possono usufruire dell'indennità di disoccupazione, come già accade nella maggior parte dei paesi europei.