Come gli ormoni permettono la comunicazione tra organi e tessuti per regolare l'attività fisiologica e l'omeostasi nel corpo degli animali, così i feromoni vengono secreti per comunicare con altri individui. Per questo i feromoni sono definiti messaggeri chimici intraspecifici e, in quanto tali, sono segnali di comunicazione molto diffusi in un'ampia varietà di organismi. Nello specifico, hanno il compito di trasferire informazioni da un emittente a più destinatari della stessa specie, in cui attivano risposte adattive calibrate sul contesto e sul segnale. Da quando sono stati individuati per la prima volta in un insetto e battezzati così in uno studio pionieristico di 60 anni fa, i feromoni sono stati definiti come agenti essenziali della comunicazione stereotipata in grado di innescare risposte riflesse e/o reazioni fisiologiche primarie. Date queste premesse, lo scenario della comunicazione chimica sembra quanto di più distante possa esistere dalla cognizione, dall'apprendimento e dalla memoria.
Tuttavia, un gruppo internazionale di ricercatori e ricercatrici da Francia e Italia, dell'Università di Tolosa (CNRS), dell'Università Paris13, dell'Università di Firenze e dell'Università di Trento (CIMEC) ha pubblicato su Communications Biology un articolo che apporta un nuovo e notevole contributo alla ridefinizione del ruolo e della funzione dei feromoni. Lo studio ha esaminato la capacità dei feromoni di agevolare o compromettere l'apprendimento e la memorizzazione di indicazioni che non sono necessariamente collegate al messaggio chimico in sé. Per affrontare il problema, lo studio ha preso in esame l'ape da miele Apis mellifera per via della sua complessa organizzazione sociale e del suo successo evolutivo, che si devono in gran parte alla comunicazione feromonale, e delle sue notevoli capacità di apprendimento e di memorizzazione.
Nello studio, diretto da Martin Giurfa e Patrizia d’Ettorre e proseguito per oltre due anni di intenso lavoro, gli autori hanno pre-esposto api foraggiatrici a feromoni con diversa "valenza" (di attrazione e di avversione) e analizzato l'effetto della pre-esposizione sull'apprendimento olfattivo e sulla formazione/recupero di ricordi che ne sono conseguiti, quando il feromone non era più presente. Per comprendere l’azione dei feromoni, Amelie Cabirol del Laboratorio di neurofisica dell'Università di Trento, sotto la supervisione di Albrecht Haase, ha esaminato la pre-esposizione ai feromoni con tecniche di neuro-imaging a due fotoni di calcio dell'attività cerebrale delle api mentre venivano sottoposte a stimoli olfattivi diversi.
Questo ha permesso di stabilire che la percezione degli odori non è influenzata dai feromoni, il che dimostra che i cambiamenti comportamentali osservati sono dovuti a cambiamenti nei centri superiori del cervello associati alla memoria olfattiva. Gli effetti sulla memoria sono poi stati esaminati più approfonditamente da David Baracchi all'Università di Firenze utilizzando tecniche di condizionamento classico olfattivo delle singole api e attraverso l'interruzione farmacologica dell'attività neurale nel cervello delle api. I risultati mostrano che la pre-esposizione ai feromoni ha influito in misura significativa sull'apprendimento e sulla memoria, a seconda della valenza del feromone pre-esposto. Mentre la pre-esposizione al geraniolo, che è un feromone attrattivo, ha conseguentemente rafforzato l'apprendimento e la memoria olfattiva, la pre-esposizione al 2-eptanone, che è un feromone repulsivo, ha ottenuto l'effetto opposto. Questa modulazione non è dovuta a cambiamenti della segnalazione olfattiva nel cervello delle api, bensì a cambiamenti nella motivazione appetitiva di segno opposto indotti dai due feromoni. Di conseguenza, l’azione sui circuiti aminergici che mediano la motivazione appetitiva nel cervello delle api ha prodotto il potenziamento o la riduzione degli effetti cognitivi indotti dai feromoni.
I risultati rivelano quindi un importante nuovo ruolo dei feromoni, e così introducono una scoperta concettuale con l'ipotesi che queste sostanze svolgano un ruolo fondamentale nella plasticità comportamentale. Oltre ad essere segnali chimici, i feromoni modulano l'acquisizione delle funzioni di apprendimento e la formazione dei ricordi in un modo che dipende dalla loro valenza (attrazione, avversione). Gli autori pertanto propongono che la definizione di feromone non si limiti all'espressione "messaggero chimico" ma comprenda anche la capacità di queste sostanze di agire come modulatori di processi motivazionali e cognitivi.
[Traduzione Paola Bonadiman]
Lo studio pubblicato su Communication Biology:
Baracchi, D., Cabirol, A., Devaud, J.-M., Haase, A., D’Ettorre, P., & Giurfa, M. (2020). Pheromone components affect motivation and induce persistent modulation of associative learning and memory in honey bees. Communications Biology, 3(1), 447. https://doi.org/10.1038/s42003-020-01183-x
The behaviour of bees reveals the secret of pheromones
Redefining the role of pheromones sixty years after their discovery. A study published in Communication Biology
by Albrecht Haase and David Baracchi
In the same way as hormones serve to communicate between organs and tissues for physiological regulation and homeostasis in the animals’ body, pheromones are secreted outside of the body to communicate to other individuals. Pheromones are therefore defined as intraspecific chemical messengers and, as such, are highly widespread communication signals in a large variety of organisms. More specifically, their role is to transfer information from a sender to receivers of the same species in which they trigger context and signal-specific, adaptive responses. Since the first pheromone was identified in an insect, and the term “pheromone” was coined 60 years ago in a pioneering study, pheromones have been defined as essential agents of stereotyped communication which release reflexive responses and/or prime physiological effects. Therefore, nothing seems more distant from cognition, learning and memory than the scenario of pheromonal communication.
An international team composed of French and Italian researchers from the University of Toulouse (CNRS), the University Paris13, the University of Florence and the University of Trento (CIMEC) published in the Journal Communications Biology a piece of work that provides a substantial novel contribution to redefine the role and function of pheromones. In the work, the authors studied the capacity of pheromones to facilitate or impair learning and memorization of cues that are not necessarily related to the pheromonal message itself. To tackle this question, they used the honeybee Apis mellifera because its sophisticated social organization and evolutionary success rely largely on pheromonal communication and because of its remarkable learning and memory capabilities.
In the study, which was led by Martin Giurfa and Patrizia d’Ettorre and lasted more than two years of intense work, the authors pre-exposed tethered forager bees to pheromones of different ‘valence’ (i.e. to an attractant and a deterrent) and analyzed the effect of this pre-exposure on subsequent olfactory learning and memory formation/retrieval, at times at which the pheromone was no longer present. To understand the effect of pheromones, Amelie Cabirol from the Neurophysics research group at the University of Trento, supervised by Albrecht Haase, combined pheromone pre-exposure with two-photon calcium-imaging of the brain activity while bees are stimulated with different odours.
This showed that the perception of odours was not influenced by the pheromones, proving that the observed behavioural changes were due to changes in higher brain centers associated with olfactory memory. Memory effects were then studied in detail by David Baracchi at the University of Florence using classical olfactory conditioning of individual bees as well as pharmacological disruption of neural activity in the bee brain. The results demonstrated that pre-exposure to pheromones affected in a significant way learning and memory, depending on the valence of the pheromone pre-exposed. While pre-exposure to the attractive pheromone geraniol improved subsequent olfactory learning and memory, pre-exposure to the deterrent pheromone 2-heptanone had the opposite effect. This modulation was not due to changes of olfactory signaling in the bee brain but to changes in appetitive motivation of opposite sign induced by the attractive and the deterrent pheromone. Consistently, interfering with aminergic circuits mediating appetitive motivation in the bee brain rescued or diminished the cognitive effects induced by pheromones.
The results thus uncover a novel and important role of pheromones, thereby introducing a conceptual breakthrough, as it posits that these substances act as key players of behavioral plasticity. Besides being chemical signals, pheromones modulate the acquisition of learning tasks and the formation of memories in a way that depends on their valence (attraction, deterrence). The authors thus proposed that the definition of pheromone should not be restricted to the terms ‘chemical messenger’ or ‘information transfer’ but should incorporate the capacity of these substances to act as behavioral modulators both of spontaneous responsiveness to reinforcing stimuli and of cognitive processes.
The study in Communication Biology:
Baracchi, D., Cabirol, A., Devaud, J.-M., Haase, A., D’Ettorre, P., & Giurfa, M. (2020). Pheromone components affect motivation and induce persistent modulation of associative learning and memory in honey bees. Communications Biology, 3(1), 447. https://www.nature.com/articles/s42003-020-01183-x