24 anni, cresciuta a Lecce ma trentina d’adozione, studentessa di Giurisprudenza, portiera e vice-capitana della squadra di calcio a 5 femminile del Cus, Eva Felline racconta all’UniTrentoMag la sua esperienza con il mondo dello sport. Un’avventura iniziata quasi per caso ma che l’ha portata, tra un esame di diritto e l’altro, a raggiungere importanti traguardi insieme alle sue compagne di squadra.
Eva, ci racconta com’è nata la passione per questo sport?
«In realtà, è nata abbastanza recentemente. Sono cresciuta a Lecce e, anche se ogni tanto mi capitava di giocare con i miei amici per divertimento, non era qualcosa che facevo regolarmente. Quando sono arrivata a Trento, dopo il periodo del Covid, ho scoperto che c’era la possibilità di entrare nella squadra del Cus e ho deciso di provare. Da allora mi sono affezionata, sia alle mie compagne che all'ambiente, e questo mi ha spinta a continuare.
Devo dire che la poca esperienza non è mai stata un ostacolo. Alcune delle mie compagne avevano già giocato in altre squadre altre invece come me si sono buttate e si sono messe in gioco. Alla fine, anche chi partiva da zero ha imparato tanto. Grazie allo staff, agli allenatori, e anche alla squadra stessa siamo migliorate tanto, sia dal punto di vista tattico che dal punto di vista tecnico».
C’è qualche punto di contatto tra la preparazione di un esame e quella per un appuntamento sportivo importante?
«Diciamo che tendo a vivere le partite con molte meno preoccupazioni rispetto agli esami. Per me giocare è una valvola di sfogo. Alla fine di una giornata di studio è sempre bello ritrovarsi in palestra con persone che, anche se studiano materie diverse dalla tua, sono nella stessa identica situazione.
Poi nel weekend, quando ci sono le partite, l'ansia non manca ma per me è positiva. In questo si può trovare una correlazione con gli esami: c'è sia la paura di sbagliare ma anche l'entusiasmo e la voglia di provarci fino alla fine. Penso che il calcio mi abbia insegnato a prendere le difficoltà con più leggerezza. Ho capito che, anche se sbaglio qualcosa o prendo un gol, c'è sempre l'occasione per recuperare e per fare meglio, sia dentro che fuori dal campo».
Siccome si parla tanto di competitività in ambiente universitario, qual è la sua esperienza nell'ambiente sportivo invece?
«È completamente diverso, cerchiamo sempre di aiutare chi ha qualche difficoltà. Molto spesso quando c'è un esercizio o uno schema da fare, chi non ci riesce osserva o si fa spiegare da chi ha più esperienza, e questo ci aiuta a migliorarci. Tra di noi non c'è quel livello di competitività che molto spesso si respira nelle aule dell'università, cerchiamo di lavorare insieme per raggiungere un obiettivo comune».
Trento è un'università internazionale, in squadra c'è anche qualche studentessa Erasmus?
«Sì, dall’anno scorso ci sono anche delle studentesse che vengono dall’estero, gli allenamenti ora infatti li facciamo metà in inglese e metà in italiano. È bello perché tocchi con mano l'esperienza che c'è all'estero, nello sport in generale e con il calcio 5 più nello specifico.
Per esempio, l'anno scorso abbiamo avuto la possibilità di partecipare a un torneo a Eindhoven perché una studentessa olandese, che era qui in Erasmus e giocava con noi, ci ha proposto di partecipare al torneo di futsal organizzato dalla sua università. L'anno prima, sempre per motivi simili, siamo andate anche a Lisbona. Tutto questo ci permette di avere un respiro internazionale come squadra, oltre che migliorare il nostro livello di inglese.
Penso che sia una bella opportunità anche per loro. Solitamente gli studenti Erasmus tendono ad isolarsi stando sempre tra di loro. Ho notato invece come le mie compagne di squadra abbiano subito provato a imparare l'italiano, e questo ci ha permesso di condividere tanti momenti sia in spogliatoio che in campo. Il gruppo alla fine si è amalgamato e si è azzerata qualsiasi differenza».
A giugno 2023 avete partecipato anche alle finali dei campionati nazionali universitari di Camerino, com’è andata?
«È stato molto bello perché per la prima volta ci siamo confrontate con altre squadre universitarie che partono dal nostro stesso livello. C’erano sfidanti anche molto forti, squadre di categorie superiori, magari provenienti da regioni molto più grandi, e quindi con un bacino a cui attingere molto più ampio. Però, nonostante Trento sia una città medio-piccola, ci siamo fatte valere e siamo arrivate al terzo posto. Per noi è stata un’opportunità incredibile».
Immagino che però non sia tutto rose e fiori, quali sono le difficoltà?
«Le squadre universitarie hanno un problema, ogni anno qualcuno si laurea, qualcun altro abbandona gli studi o cambia città, quindi la squadra è sempre in divenire. A settembre arriviamo in palestra e non sappiamo chi abbiamo davanti, è una grande sfida e devo dire che in questo lo staff ci aiuta molto perché, nonostante la squadra sia cambiata tante volte nel corso degli anni, sono sempre riusciti a costruire un gruppo veramente molto unito, oltre ad avere portato anche degli ottimi risultati in campo. Speriamo che il nostro impegno si rifletta anche sul campo: vi aspettiamo al Sanbàpolis per fare il tifo insieme a noi!».