Il tema dell’incontro che si è tenuto lo scorso 1° aprile nell’ambito del ciclo “Come cambiano i libri”, dal titolo “Da Stanley Kubrick a C.G. Jung: come l’arte cinematografica e la psicologia del profondo hanno influito sui miei studi in fisica e matematica”, è apparentemente un po' anomalo.
L'idea era quella di presentare un testo che avesse avuto particolare importanza nella mia carriera di studente, e in seguito di ricercatore e di docente universitario. Sono professore associato di Fisica Matematica presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Trento ed insegno nei corsi di laurea di Matematica e di Fisica (triennali, magistrali e dottorato). Mi occupo della formalizzazione matematica delle teorie fisiche, e in particolare delle teorie quantistiche relativistiche. La pretesa metafisica nella mia disciplina è quella di ridurre tutto ciò che esiste, è esistito ed esisterà, l'universo cioè, ad un teorema, scritto nel linguaggio della matematica superiore. Il successo di tale approccio si è dimostrato chiaramente negli ultimi due secoli. Anche il bosone di Higgs, recentemente osservato al CERN, era stato previsto nella seconda metà del secolo scorso sulla base di applicazioni della "teoria dei fibrati principali" al modello standard delle particelle elementari.
Nonostante la natura degli argomenti di cui mi occupo, riflettendo sulla mia carriera, non sono stato in grado di individuare un testo per me particolarmente significativo riguardante argomenti specifici della mia area di ricerca. La riflessione invece mi ha portato a concludere che alcune delle mie scelte fondamentali siano state fortemente influenzate da aree apparentemente lontane dalle scienze dure. Forse perché io percepisco lo sforzo creativo nella costruzione e nello studio della fisica e della matematica in modo simile a un processo artistico. Le sensazioni mentali coinvolte nel processo creativo sono anche di carattere estetico: semplicità, essenzialità, completezza.
Sono state importanti tuttavia anche alcune esperienze soggettive, come la folgorazione che si ha nella scoperta di nuove interpretazioni che gettano, in un istante, una luce completamente nuova su una costruzione teorica e la mostrano parte di una costruzione ancora più completa.
Simili sensazioni o suggestioni le ho ricavate nell'accostarmi alla letteratura e al cinema. Un regista ha influenzato particolarmente il mio modo di procedere, nel ricercare completezza, essenzialità e chiarezza, ma anche fornendomi alcune motivazioni profonde sul significato della scoperta e sull’apparente razionalità della Natura: Stanley Kubrick. Non sono un critico cinematografico e la mia cultura in questo campo deriva principalmente dal fatto che da ragazzino ho vissuto sopra un cinema (di seconda visione) e ho speso, insieme a mio fratello, gran parte dei pomeriggi nella sala, a vedere qualsiasi cosa mi fosse permesso.
La visione di "2001 odissea nello spazio" e "Barry Lyndon" furono determinanti. Con il primo decisi che avrei studiato fisica o matematica, per comprendere il mistero razionale dell'universo racchiuso nel monolite del film e nella musica di Ligeti; con il secondo imparai le ragioni dell'estetica della forma e della chiarezza, che si sono rivelate fondamentali nei miei studi e nella mia attività di ricerca, per esempio per ricostruire nel modo più chiaro possibile le strutture della fisica teorica, cercando di eguagliare il senso di completezza ed essenzialità che avevo percepito in alcune opere di Kubrick.
La scoperta della psicologia del profondo di Jung è molto più recente, risale agli ultimi anni di università. Jung è stato un autore difficilissimo da comprendere (e lo è ancora oggi), ma fondamentale per la prospettiva opposta a quella del riduzionismo fisico in cui si pone: la mente (inconscia e collettiva prima di quella dei singoli esseri) esiste e non è necessariamente un sottoprodotto della materia.
In primo luogo, malgrado l'approccio molto distante, ho riconosciuto come "mie e vere" molte delle descrizioni di Jung dei processi mentali e culturali in senso lato. Il tentativo di comprensione di un così differente punto di vista mi ha inoltre permesso un certo distacco per poter riflettere su ciò che noi scienziati di scienze dure stiamo facendo e sulla nostra immagine dell'Essere. Il procedere per via sintattica e non semantica delle scienze dure come la fisica teorica, senza alcun fine applicativo, ha costruito, grazie alla matematica pura, un catalogo enorme di mondi possibili, coerenti, ma non necessariamente veri. Alcuni di essi, pochissimi, si sono rivelati veri, con fondamentali ricadute sociali. Ma la potenza del metodo sta proprio nella molteplicità delle proposte.
La mia convinzione è che la realtà sia qualcosa di più sottile dell'immagine teorica che ne abbiamo costruito fino ad ora e che la verità stia nel futuro, in pensieri veri che non sono stati ancora formulati e che non ci sia alcun modo oggi per decidere quali dei modi possibili proposti si rivelerà vero domani. Per questo motivo la ricerca pura, fine a se stessa, speculativa e contemplativa, è fondamentale per quella applicata e per la società.