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Storie

Il fattore X della generazione sospesa

Pragmatismo, adattabilità, scetticismo, sensibilità per diritti e ambiente. La forza delle persone nate tra il 1965 e il 1980

24 luglio 2024
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Elisabetta Brunelli
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Sospesa, in cerca di identità sociale e culturale, schiacciata, perfino sandwich. Quella delle persone nate tra il 1965 e il 1980 è stata indicata in tanti modi. Alla fine è stata classificata come Generazione X. Difficile descriverla. Perché le vecchie categorie le vanno strette e le nuove non le appartengono. Una generazione in transizione tra un mondo dov’è nata e cresciuta che non esiste più (come la famiglia delle regole, un unico lavoro per tutta la vita, il telefono a filo in casa e il cellulare a tasti) e quello digitale in cui è migrata solo dall’adolescenza in poi. Compressa, come nessun’altra prima, tra vita professionale, impegno di cura per genitori sempre più longevi e responsabilità educativa verso figli e figlie. UniTrentoMag con il sociologo Carlo Buzzi dell’Università di Trento ha provato ad andare oltre le etichette per mettere a fuoco segni di riconoscimento e potenzialità di questa generazione di mezzo.

«In pochi anni il mondo è cambiato molto. Non avevamo mai assistito a un processo così accelerato. Se è vero che ciò ha avuto impatto su tutte le generazioni, le persone nate tra il 1965 e il 1980 sono state però quelle che si sono trovate a portarne il peso maggiore, che più si sono fatte carico di tutta una serie di cambiamenti», osserva il sociologo Carlo Buzzi. 
La Generazione X è stata spettatrice di vari rivolgimenti geopolitici internazionali; ha visto crescere la popolazione mondiale da 3 a 4miliardi e mezzo di abitanti; ha conosciuto l’Italia dell’inflazione al 4,6% e al 21,2%. Ha ereditato e percepito gli effetti del 68. È cresciuta negli anni del terrorismo, dei rapimenti e delle stragi, da quella di piazza Fontana a quella della stazione di Bologna. Ha assistito all’emergenza dell’Aids. «Una generazione di transizione, un po’ sospesa, ma anche portatrice di grandi novità», afferma.
Sarebbe, quindi, riduttivo descriverla schiacciata tra chi la precede e chi la segue. In cerca di identità sociale e culturale. Dire che da una parte non si sarebbe del tutto liberata dal mondo disegnato dai Boomers, le persone nate tra il 1944 e il 1964, numerose, longeve, arrivate spesso al benessere economico grazie all’ascensore sociale dello studio e del posto fisso. E che, dall’altra, sarebbe solo all’inseguimento dei Millennials, la Generazione Y, nativa digitale, che corre molto più veloce.
La Generazione X, in realtà, ha dimostrato di saper reagire e interpretare il momento storico con il proprio stile. Buzzi fa l’esempio della trasformazionale della famiglia: «La svolta da famiglia tradizionale, delle regole, a famiglia degli affetti è stata realizzata dalla generazione X, che ha vissuto in modo nuovo la genitorialità, come scelta impegnativa, di responsabilità, con la felicità di figli e figlie come obiettivo principale da raggiungere».
Poi allarga l’analisi ad altri ambiti. È stata la prima generazione dell’istruzione di massa e della digitalizzazione della società, passata dalla penna al computer durante gli anni della scuola e dell’università. La prima a fare esperienza della precarizzazione e della flessibilità del lavoro; a sdoganare la convivenza; a mettere al mondo sempre meno figli e sempre più tardi; a prendersi cura di genitori la cui speranza di vita è aumentata molto, ma non quella dell’autosufficienza. «La società sta recependo lentamente le nuove esigenze dell’anziano e il contesto ora si fa più favorevole. Ma la generazione nata tra il 1965 e l’80 è quella che ha fatto più fatica a trovare da sola delle soluzioni a una questione completamente nuova».
Una generazione pioniera su tanti fronti, che ha svelato il suo fattore X, le sue potenzialità, proprio quando è stata messa alla prova. «Per sopravvivere – sottolinea Buzzi - ha sviluppato delle capacità di adattamento sorprendenti. Ha imparato ad affrontare le sfide con pragmatismo. Nel rapporto con i genitori, cala la conflittualità a favore della negoziazione per ottenere ciò che si vuole. È una generazione anche scettica, abituata a vivere nell’incertezza. Non ci sono più sistemi di valori certi come tra i Boomers. I valori nella X sono plurimi, relativi, situazionali. In famiglia mi comporto in un modo, sul lavoro in un altro, con gli amici in un altro ancora. Cambio “software” in base all’ambiente».
È come se la vita stessa passasse dall’analogico al digitale. «Entrare nel mondo della virtualità ti aiuta a vivere pragmaticamente e a passare in tempo reale da una finestra all’altra, con grande facilità, con un atteggiamento presentista. Quando c’era solo il telefono di casa, anche per incontrare gli amici ci voleva progettualità. Si doveva programmare tutto per tempo e nei dettagli. Ora con uno smartphone ci si può “incontrare” quando e dove si vuole, parlarsi, vedersi, scambiarsi immagini».
Una generazione che ha assistito alla caduta del muro di Berlino, ma anche alla costruzione di nuove frontiere e al ritorno della guerra, del razzismo e dell’antisemitismo nella stessa Europa o almeno alle sue porte. E che, in Italia, ha visto Tangentopoli e la caduta della prima Repubblica. «Dal punto di vista politico, ha sviluppato un atteggiamento di lontananza, anti-istituzionale, di sfiducia critica, contrassegnata da individualismo e dall’astensione al voto».
Ancora una volta, però, una generazione che sorprende. «La Generazione X è portatrice di una sensibilità sui diritti delle persone, di ogni persona, prima d’ora sconosciuta. È il lato positivo dell’individualismo quello di dare attenzione e legittimazione a ogni diversità nel rispetto reciproco. È anche la prima generazione ad avere una sensibilità ambientale così profonda e diffusa, che dalla scuola e dai cortei studenteschi arriva fino alle agende politiche», conclude Buzzi.