Un'immagine dell’agronoma Marina Carrieri 

Storie

Biodiversità, il Brasile guarda al Trentino

Dopo un dottorato in Agrifood and Environmental Sciences, l’agronoma Marina Carrieri sperimenta nel suo paese quanto appreso

2 luglio 2025
Versione stampabile
di Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Filiera corta, rispetto per l’ambiente e il territorio, tutela dell’agricoltura familiare. Sono le parole chiave che accompagnano il lavoro di Marina Carrieri, dal 2012 ingegnera agronoma dell’Universidade Federal de Santa Catarina. Da alcuni mesi lavora al Ministero dello sviluppo agrario e dell’agricoltura familiare del Brasile, ente che si occupa delle politiche pubbliche rivolte all’agricoltura familiare e a popoli e comunità tradizionali. Un impegno che parte dalla difesa degli agro-ecosistemi, minacciati dai cambiamenti climatici ma soprattutto da forti interessi commerciali. Gli strumenti adatti per portare avanti con successo questa attività, Carrieri li ha ottenuti all’Università di Trento, dove ha frequentato il dottorato in Agrifood and Environmental Sciences. La studiosa ha conseguito un doppio titolo del dottorato: in Agroecosistemi all’Universidade de Santa Catarina e in Sistemi agroalimentari e ambientali a UniTrento.

Quello più famoso è l’Amazzonia, che tutti sappiamo essere a rischio deforestazione. Ma in Brasile esistono altri cinque biomi, vaste aree geografiche caratterizzate da clima, paesaggio, flora e fauna specifici: Cerrado, Caatinga, Pantanal, Mata Atlântica, Pampa. Un patrimonio naturalistico e culturale fondamentale per la storia e il sostentamento di molte comunità indigene tradizionali. In Brasile sono ufficialmente riconosciute 28 categorie di popoli e comunità tradizionali, che includono popoli indigeni, quilombolas, estrattivisti, ribeirinhos, solo per citarne alcune. L'agricoltura brasiliana è strettamente legata a questi biomi. Quella presente nel paese sudamericano è in particolare un’agricoltura familiare, definita proprio così a livello legale, principale fonte di reddito dell’economia interna. Le proprietà agricole familiari ammontano a 3,9 milioni nel paese, rappresentano il 77 per cento di tutti gli stabilimenti agricoli e sono responsabili del 23 per cento del valore lordo della produzione agricola (i dati sono dell'Istituto brasiliano di geografia e statistica). Un tipo di attività che si intreccia con gli agro-ecosistemi, sempre più fragili. Di entrambi i temi Marina Carrieri è esperta. «Gli agroecosistemi – spiega la studiosa – si riferiscono a sistemi agricoli gestiti dall’uomo, in cui comunità di piante e animali interagiscono con l’ambiente fisico e chimico per produrre alimenti, fibre e altre risorse. Qui vivono le popolazioni indigene e la minoranza quilombola; si seminano e si raccolgono prodotti originari del luogo come ortaggi, fagioli, patate. La loro sopravvivenza è messa in pericolo dalla crisi climatica ma anche dall’ampliamento delle monoculture e l’utilizzo di fertilizzanti e antiparassitari chimici da parte delle industrie alimentari». Una situazione che crea preoccupazioni per la sopravvivenza della biodiversità stessa e per l’autonomia delle famiglie contadine. Il contesto è aggravato dall’inflazione e dall’aumento dei prezzi dei prodotti sul mercato locale. Per far fronte a queste difficoltà, il governo brasiliano sta mettendo in campo una serie di politiche che vanno dalla riforma agraria a nuove forme di credito per chi lavora la terra, a sostegni per le donne e le minoranze che decidono di avviare attività rurali. Azioni che si arricchiscono dell’esperienza che Marina Carrieri ha fatto all’Università di Trento, meta che ha scelto non solo per le sue origini italiane, ma soprattutto, come lei stessa racconta, per l'eccellenza di UniTrento nel campo sia della sociologia che delle scienze agrarie e ambientali, dove sapeva che vi erano delle collaborazioni in corso con gruppi di ricerca brasiliani. Ha conseguito il dottorato in Agrifood and Environmental Sciences del Centro Agricoltura Alimenti Ambiente C3A, sotto la supervisione di Francesca Forno, professoressa esperta di consumi, economia sociale e solidale, movimenti alimentari e sociologia del cibo. «Mi è piaciuta molto la interdisciplinarità di questo percorso di studi», racconta.  «Ho approfondito lo studio di filiera corta, partecipato al progetto Nutrire Trento promosso dall'Università insieme al Comune. Ho avuto la possibilità di discutere con diversi attori del territorio, di capire le difficoltà di un paese diverso dal mio ma anche con tante similarità e problemi comuni. Ho studiato le reti di produttori di cibo non legate alla grande distribuzione, le cosiddette “alternative food networks” e come queste organizzazioni si relazionano con agricoltori e consumatori per provare nuove forme di sistemi alimentari». Conoscenze e informazioni preziose che oggi Carrieri sta mettendo in pratica per costruire alternative possibili. «Ho capito quanto è importante la mobilizzazione dal basso e creare politiche nazionali strutturali». Ed è quello che sta facendo nel suo lavoro.  «Sono responsabile della Divisione di articolazione della Superintendência Federal Nacional (Supen). Mi occupo di promuovere l’articolazione tra il livello nazionale e gli stati federati, coordinando l’interazione tra la Supen e le diverse segreterie e dipartimenti del ministero. Fornisco supporto nell’attuazione del programma 'Orti Produttivi' per le donne rurali, dei programmi di riforma agraria, quelli di credito per l’agricoltura familiare e per l’agroecologia. Quello che cerco di fare, dopo la mia permanenza a Trento, è cercare di costruire una connessione tra le politiche ministeriali e quelle locali». I primi risultati tangibili ci sono già. Sono stati emanati diversi bandi per finanziamenti a università, centri di ricerca, organizzazioni non governative a sostegno di progetti di sostenibilità. Uno su tutti, “Forestas Productivas”, (le foreste produttive, ndr) per la preservazione forestale.