L’arrivo del Coronavirus sta mettendo alla prova tutti noi. Dalle preoccupazioni per la nostra salute e per quella dei nostri cari, ai timori legati al lavoro – vista la crisi di interi settori economici – alle abitudini quotidiane da cambiare.
Ne abbiamo parlato con Paola Venuti, psicoterapeuta, direttrice del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento. Ha creato e dirige il Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione (ODFLab), un punto di riferimento nazionale per la diagnosi e la cura dei disturbi dello spettro autistico. Tra i suoi libri ricordiamo: “Genitorialità. Fattori biologici e culturali dell'essere genitori”, con Marc H. Bornstein (2013, Il Mulino), “Intervento e riabilitazione nei disturbi dello spettro autistico” (2012, Carocci editore), Basi biologiche della funzione genitoriale. Condizioni tipiche e atipiche, con Simonelli e Rigo (2018, Cortina Editore).
Professoressa Venuti, abbiamo a che fare con una situazione del tutto nuova e che ci spaventa. Qual è il suo punto di vista come psicologa?
La situazione che stiamo vivendo è decisamente nuova e molto particolare. Abbiamo un nemico che non vediamo e che altera completamente il nostro modo di comportarci: non si combatte, ma si sta fermi; non si corre in giro, si sta chiusi in casa e dentro di noi ci sono paura e preoccupazione. Paura di ammalarci, noi o i nostri cari, e preoccupazione per quello che viviamo e per le conseguenze che avremo.
Paura e preoccupazione in situazioni come questa sono normali. Ciò che cambia è il fatto che siamo abituati a gestire gli stati d’ansia interni attraverso il movimento, l’attività, il lavoro, l’impegno esterno, il divertimento. Non siamo più molto abituati a pensare, a trovare tranquillità nel confronto con i nostri pensieri, siamo pure poco abituati a parlare e ad esternare il nostro disagio.
Questa epidemia che ci costringe a stare fermi ci sta facendo riflettere proprio su tutti quei modi esternalizzati di gestire l’ansia, e sulla carenza di introspezione che ci caratterizza.
Questo dà origine a comportamenti malsani (vado fuori a fare provviste e faccio code senza pensare al rischio), oppure mi deprimo, o mi spavento in maniera eccessiva. Dall’altra parte abbiamo anche comportamenti adeguati e la riscoperta del nostro piccolo mondo interno e familiare.
Io credo che i risvolti di questo stress psicologico si vedranno tra qualche mese, perché ora tutti cercano di usare le risorse per sopportare e reagire. Quando il pericolo sarà finito potremmo avere un cedimento psicologico, con persone che manifesteranno ansie, paure e forme depressive.
Qual è l’atteggiamento più corretto da tenere verso bambini e bambine?
Come sempre con i bambini bisogna essere chiari e sinceri, bisogna spiegare in maniera semplice, senza essere allarmisti e senza impaurirli. Bisogna spiegare, magari inventando una storia, far capire loro che i contagi, le malattie ci sono, e che è possibile prendersele e quindi curarsi e guarire. Ma per evitare tutto ciò è meglio essere attenti, perciò non si va a scuola, ci si lava spesso le mani, non bisogna stare tanto addosso agli altri e non bisogna baciarsi e toccarsi. A bambini e bambine bisogna spiegare che, specie con i nonni, bisogna essere più attenti, che i piccoli in questo caso sono i più forti e che i vecchi sono i più deboli e che loro devono aiutare a proteggerli, a difenderli dal contagio.
Responsabilizziamo, senza spaventare, i bambini: facciamoli giocare all’abbraccio da lontano, ai baci da prendere al volo e tante altre fantasie. Con il gioco e la vicinanza i bambini riescono a gestire tutti i momenti difficili.
In questi giorni si sta portando avanti la campagna #Iorestoacasa. Questa convivenza più stringente più favorire la conflittualità nelle famiglie?
Sicuramente “io resto a casa” sta ponendo un cambio veramente notevole delle nostre abitudini. Fino ad ora era veramente raro essere per più di una giornata tutti a casa insieme. Al di là del conflitto, vorrei vedere la positività e l’entusiasmo che possono provare i figli ad avere i due genitori in casa per poter passare molte ore con loro e poter richiedere le loro attenzioni.
Noi siamo stati abituati a passare tempo con i figli “facendo cose all’esterno”. Questo invece è il momento in cui possiamo passare tempo con loro facendo cose insieme stando in casa: bisogna inventarsi nuove attività, nuovi giochi, ad esempio giocare a carte tutti insieme, ritirare fuori Monopoli e Risiko e raccontare storie, inventarsi spettacoli teatrali, cucinare, fare torte e pizze insieme.
È sicuramente faticoso, perché nuovo per i genitori, ma potrebbe essere una scoperta interessante. I genitori possono ritrovare i loro vecchi giochi, le cose che li divertono, un poco di spensieratezza e la possibilità di rallentarsi, correre meno e pensare di più al proprio figlio, alla propria figlia, guardarli, osservarli, dargli il tempo di parlare e di manifestarsi.
Ovviamente ciò può esasperare i conflitti, le modalità diverse tra padre e madre di stare con i figli; oppure marito e moglie si possono ritrovare a passare molto tempo insieme, mentre non sono più abituati a farlo, o almeno non in questo modo. Questo è un rischio molto forte, che a mio avviso va affrontato con senso di responsabilità, ossia con un impegno individuale a non esasperare le tensioni.
Occorre trovare al proprio interno un modo diverso di passare il tempo (leggere, cucinare, ricamare, fare bricolage, rimettere in ordine vecchie cose) che dia serenità e che permetta di scoprire nuove cose e nuove soddisfazioni. Io penso che in un’ottica di ottimismo dobbiamo vedere questo momento come una fase per ribaltarci e ritrovare un nostro mondo che è da tempo rimasto nascosto, poco conosciuto.
Fino ad ora lavoro e accudimento della famiglia, con molto spazio al divertimento, hanno riempito tutto il nostro tempo e i nostri pensieri. Ora dobbiamo trovare una modalità più tranquilla per guardare il mondo con un occhio meno frenetico, più sensibile a guardare come sono veramente le persone che vivono con noi. Questo è un periodo per ritrovare l’intimità, la sensibilità e la profondità che tutti possediamo, ma che spesso sono nascoste nella frenesia della vita quotidiana. Forse questo potrà aiutarci a essere più tolleranti, ci farà guardare con uno sguardo più bonario e ironico al difetto del partner o del figlio o del genitore. Un difetto o una mancanza ci irrita terribilmente se non abbiamo tempo, se ci limita nella nostra attività, senza fretta potremmo esercitarci a essere meno ostili e arrabbiati e più comprensivi.
C’è un consiglio che desidera dare a studenti e studentesse universitari?
Per studenti e studentesse, molti lontani da casa e soli nella loro abitazione, questo è un momento molto duro. Credo che la solitudine e l’essere lontani dai cari, in particolare dalla famiglia che nel bene e nel male offre sempre una spalla e una sicurezza, sia il peso maggiore da sopportare e che influirà certamente nella gestione dello stress e dell’ansia. Sicuramente è il momento per approfittarne e studiare, cogliere l’opportunità della didattica online che l’Università continua ad erogare per portarsi avanti con lo studio. I nostri studenti e le nostre studentesse sono più bravi di noi nell’usare la tecnologia per essere “vicini da lontano” e questo potrà aiutarli per colmare un poco la solitudine.
Ricordo loro che è disponibile il Servizio di Consulenza Psicologica uno spazio di ascolto e di sostegno, nato dalla collaborazione tra Ateneo e Opera Universitaria, volto alla prevenzione e alla gestione di problematiche di tipo psicologico.
Il Servizio può essere contattato, in via telematica, da tutti gli studenti e le studentesse che in questo momento hanno ansie, preoccupazioni, tristezze, che possono essere supportati attraverso colloqui e rielaborazioni con una persona qualificata. Gli psicologi e le psicologhe del Servizio di consulenza psicologica sono disponibili, a titolo gratuito, su Skype o attraverso altre piattaforme telematiche; sono previsti uno o due colloqui di circa 20 minuti ciascuno – in italiano o inglese – che si possono prenotare scrivendo a: consulenzapsicologica.studenti [at] unitn.it. È anche possibile chiamare il numero 0464/808116 dalle 9 alle 17 dal lunedì al venerdì.
Ci sono anche altre iniziative di sostegno a distanza che state sviluppando al Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione (ODFLab)?
Sì, il team di psicologia e psicoterapia ha ideato alcune attività per dare un supporto alle famiglie.
I genitori che hanno bisogno di consigli e di sostegno in questo momento di difficoltà possono contattarci per un colloquio. Mentre per bambini e bambine abbiamo due diverse proposte:
“Giochiamo insieme” online, un’attività di gioco via Skype con animatori e animatrici del laboratorio per gruppi di massimo 10 partecipanti suddivisi per età, e “Ti racconto una fiaba” online, tre fiabe a settimana saranno lette in italiano e in inglese da animatori e animatrici esperti di teatro.
Per prenotare la partecipazione è sufficiente inviare una email a: diagnostica.funzionale [at] unitn.it. L’elenco delle attività e il relativo calendario saranno pubblicati sul sito e sulla pagina Facebook dell’ODFLab.