Sono due le passioni che hanno nutrito la vita di Lidia Brisca Menapace. La prima, la più nota, è la politica militante; la seconda, forse meno conosciuta, è quella per la cultura umanistica. Questi due grandi interessi sono stati coltivati insieme, l’uno ha alimentato l’altro, ed entrambi hanno dato vita alla ricca biblioteca che trovava spazio nella casa di Bolzano. Ora, una parte di quella collezione arriva alla Biblioteca UniTrento su indicazione degli eredi. Ne abbiamo parlato con Vittorio Carrara, responsabile della Buc.
Gli interessi politici di Lidia Menapace si sono sempre intrecciati con quelli culturali.
«È così. Neppure ventenne Lidia Brisca affronta a viso aperto la prova della guerra civile come staffetta partigiana. Poche settimane dopo la Liberazione, a 21 anni, si laurea in Lettere alla Cattolica di Milano e comincia ad insegnare al liceo (“Avrei voluto insegnare italiano e greco, poiché ho sempre amato gli studi storico-umanistici e tra quelli sommamente la lingua e la letteratura greca”, racconterà). Sempre alla Cattolica prova a cimentarsi con la carriera universitaria e pubblica un saggio su Jacopone da Todi.
Dopo il trasferimento a Bolzano, inizia a far politica nella Dc, salvo poi rompere nel ‘68 sia col partito, sia con l’università. La troviamo poi tra i fondatori de il Manifesto e del movimento dei Cristiani per il socialismo. Il suo impegno prosegue poi nelle sedi istituzionali e nella società civile, fino a diventare senatrice della Repubblica tra il 2006 e il 2008».
Gli eredi di Menapace hanno donato alla Buc una ventina di opere, in tutto una cinquantina di volumi. Di cosa si tratta?
«Sono volumi di un certo valore, facsimili di fattura pregiata di antiche edizioni, anche manoscritte. Ci sono opere liturgiche, come il corale miniato dal Beato Angelico, riproduzione a grandezza naturale dell’originale conservato nel convento fiorentino di San Marco, con splendidi capilettera dipinti dall’artista; oppure la ricostruzione conforme all’originale dell’Exultet Casanatense (secolo XII), sette metri di pergamena miniata col canto del preconio pasquale che il diacono srotolava dall’ambone durante la celebrazione del sabato santo. Tra i testi profani, spiccano il cosiddetto Dante estense, riproduzione di un codice membranaceo di fine Trecento, uno dei pochi tra i 600 manoscritti della Commedia che presenta il testo integralmente illustrato con ben 251 disegni acquarellati, e le relazioni di viaggiatori stranieri in Italia con magnifiche incisioni, riprodotte da edizioni Treves di fine Ottocento. Non mancano le enciclopedie, come le monografiche Treccani dedicate a Virgilio, Orazio, Dante e Federico II. Tutti libri che rispecchiano gli interessi di una professoressa cólta, sensibile ai temi della letteratura e della spiritualità, con una grande passione per i libri oltre che per i testi».
Cos’altro ci raccontano questi libri di Lidia Menapace? E perché suddividere la sua biblioteca tra istituzioni diverse?
«I titoli arrivati alla Buc sono un manipolo selezionato di libri, parte di una collezione composita che documenta anche l’attività sociale e politica di Lidia Brisca Menapace. Una raccolta di volumi che gli eredi, nel pieno rispetto del suo modo di essere, hanno deciso di scorporare e donare a enti diversi, centri di ricerca, biblioteche scolastiche, pubbliche e accademiche. Ogni istituzione ha accolto la parte di libreria più coerente con la propria fisionomia bibliografica.
Gli eredi hanno scelto di condividere l’eredità culturale di Lidia Menapace, una decisione che rispecchia il temperamento e le aspirazioni di una vita generosa di lavoro. E anche un buon modo per valorizzare un fondo bibliografico, peraltro ricostruibile virtualmente a posteriori, tramite un catalogo completo. Per il momento la Buc cercherà di utilizzare con profitto la quota che le è toccata in sorte, per la quale ringrazia gli eredi e soprattutto Lidia».
La donazione di Lidia Menapace è stata inserita tra le collezioni speciali della Buc. A questo link è possibile scaricare l’elenco delle opere che fanno parte del fondo.