Il servizio civile universale nasce per contribuire alla crescita personale, al raggiungimento dell'autonomia e alla transizione all'età adulta, ma anche per sensibilizzare i giovani sui temi del volontariato, della responsabilità e della solidarietà sociale. Fin dal 2006, l'Università di Trento è accreditata per ospitare giovani in servizio civile; attualmente è iscritta all'albo delle organizzazioni del servizio civile universale provinciale. Ma cosa significa fare servizio civile in Università? Lo abbiamo chiesto a chi ha fatto questa esperienza e a chi, all’interno dell’Ateneo, si fa carico di seguire questi percorsi.
Carlotta Brondolo ha svolto il servizio civile nel 2021 presso l’Ufficio Alumni. «Dopo la laurea – racconta – sentivo il bisogno di mettermi alla prova. Ho quindi scelto di candidarmi per uno dei progetti proposti dall’Università di Trento. Nei 12 mesi, mi sono occupata soprattutto di comunicazione social, curando i testi e le grafiche dei contenuti pubblicati sui canali dell’ufficio. Ho potuto inoltre partecipare a un progetto innovativo come quello del mentoring, che offre supporto a chi deve affrontare una scelta professionale impegnativa. È stato davvero gratificante trovare in me stessa la capacità di acquisire autonomia e sicurezza».
«L'inserimento è stato molto semplice, mi sono trovata da subito bene», ci dice Silvia Lucchini, in servizio civile a UniTrento nel 2020, nel pieno della pandemia. «L’ambiente universitario è molto stimolante, a partire dalle persone con cui ho avuto l’opportunità di lavorare. Credo che senza questa esperienza non farei il lavoro che svolgo oggi».
Greta Guiotto ha concluso il servizio civile all’Università di Trento pochi mesi fa, per poi cominciare immediatamente a lavorare. «La cosa più preziosa che ho portato via – ci dice – sono sicuramente i legami e le amicizie nate nel corso dei 12 mesi. Questa esperienza mi ha aiutata a "trovare la mia strada" e a conoscere le mie potenzialità».
Sta invece svolgendo il servizio civile all’Ufficio Eventi Marco Miglioranza. «Ho scelto UniTrento soprattutto perché mi interessava il progetto. Poter fare quest’esperienza nell’Ateneo in cui studio mi ha permesso di rimanere in un contesto “familiare”, in cui mi sento a mio agio».
Ogni progetto di servizio civile prevede la presenza di un Olp, operatore (o operatrice) locale di progetto. L’Olp è una sorta di tutor e ha il compito di accompagnare e supervisionare il lavoro del volontario.
Con 6 anni di esperienza, Paola Bodio, dell’Ufficio Coordinamento Servizi didattici e Studenti, è una veterana in questo ruolo: «Ho sempre trovato collaboratori e collaboratrici molto motivati e sensibili, qualità necessarie considerato che la loro attività riguarda il supporto a richiedenti asilo o rifugiati che studiano qui. Il ruolo dell’Olp è spesso faticoso, perché richiede preparazione e attenzione. Le soddisfazioni però sono tante e i rapporti che nascono con i volontari e con le volontarie sono sempre arricchenti. La cosa che mi piace sottolineare è che grazie al servizio civile abbiamo potuto sviluppare nuove progettualità e avviare nuove collaborazioni».
Secondo Mara Orsi, responsabile dell’Ufficio Welfare e Progetti Giovani dell’Ateneo, i volontari e le volontarie del servizio civile portano sempre una ventata di entusiasmo e freschezza. «Molti di loro studiano ancora, o comunque sono alla prima esperienza lavorativa. Per questo riescono a proporre approcci nuovi rispetto alle incombenze che vengono loro affidate. Con la loro presenza, inoltre, tengono vivo il sentimento di responsabilità sociale che un ente come il nostro deve sempre avere».
All'avvio di ogni progetto, l'Ufficio organizza un momento di benvenuto dedicato alle nuove "leve", avendo cura di invitare anche uno o più giovani già in attività. «Per noi – prosegue Orsi – è l'occasione per presentarci come interlocutore amministrativo privilegiato; per loro è l'occasione per avere informazioni sulla nostra organizzazione e per sentirsi subito parte di un gruppo».
Il valore del servizio civile all’Università è testimoniato dal fatto che molti dei giovani che lo svolgono partecipino ai concorsi e alle selezioni indette dall’Ateneo con l’obiettivo di proseguire un’esperienza decisamente positiva.