Da sempre, l’Università di Trento si impegna a garantire il diritto allo studio a prescindere dalle condizioni individuali di chi sceglie l’Ateneo per la propria formazione. Il Senato accademico ha approvato lo scorso anno le nuove linee guida per l’organizzazione della didattica per studentesse e studenti impossibilitati a frequentare: caregiver, persone con condizioni di salute compromesse o debilitanti, studenti lavoratori o comunque in situazioni meritevoli di tutela. Tutte queste categorie necessitano di iniziative specifiche per veder riconosciuto il diritto all’istruzione universitaria, al pari di ogni altra persona. Gabriele Di Fazio, presidente del Consiglio Studentesco, ci parla dell’importanza di questo provvedimento.
Studiare e assistere, studiare e lavorare, studiare e prendersi cura della propria salute. Situazioni difficili da conciliare, ma non impossibili se ci sono le condizioni per farlo. Fortunatamente, si sta acquisendo sempre maggior consapevolezza sulla necessità di adottare iniziative che possano sostenere chi si trova in queste situazioni. L’Università di Trento ha scelto di fare la sua parte approvando in Senato accademico una proposta di “linee guida per studenti e studentesse impossibilitati a frequentare”.
«Questo è uno step sicuramente molto importante in un progetto più ampio», spiega Gabriele Di Fazio, presidente del Consiglio Studentesco. «L’obiettivo è rendere l’università una scelta possibile per tutti e tutte, un’opportunità che qualunque giovane, e non solo, può cogliere liberamente, a prescindere da alcune particolari condizioni personali».
Le linee guida, approvate nel giugno dello scorso anno, identificano le categorie destinatarie delle misure: studenti e studentesse con uno stato di benessere psico-fisico che impedisce loro per un tempo prolungato di frequentare l’attività accademica; chi è in procinto di diventare genitore o che è neo-genitore; studenti e studentesse caregiver; utenti del Servizio Inclusione Comunità studentesca del Servizio di Consulenza psicologia dell’Ateneo; persone sottoposte a misure detentive; studenti e studentesse con impegni lavorativi con orari non modificabili e sovrapposti a quelli delle lezioni; tutte e tutti coloro che, nonostante non rientrino nelle categorie sopra elencate, sono tutelati a seguito di autorizzazione degli organi di Ateneo o degli organi della struttura accademica cui sono iscritti.
Partendo dalle esigenze di queste categorie, l’Ateneo invita i dipartimenti e i centri a identificare dall’anno accademico 2023/24 le misure da adottare entro i due anni accademici successivi, demandando invece il monitoraggio dell’efficacia di queste misure alle Commissioni paritetiche docenti-studenti, istituite presso ogni dipartimento come luogo di confronto tra rappresentanti degli studenti e docenti sulla didattica e i servizi erogati dalla struttura accademica.
Le linee guida consentono ai vari centri e dipartimenti di predisporre autonomamente alcune iniziative. Ancora Di Fazio: «Le indicazioni riconoscono ai singoli docenti ampia libertà nel modulare l’offerta didattica per i non frequentanti. Per quanto questa possa non essere la soluzione perfetta, si è comunque riusciti a trovare un buon punto di equilibrio».
Le misure sono finalizzate a promuove l’inclusione e a tutelare le diversità, ad esempio attraverso la predisposizione di incontri tra docenti, tutor e discenti, l’accessibilità online di materiali del corso, l’adeguamento dell’orario di ricevimento e del calendario degli appelli, la previsione di modalità d’esame orale accessibili e altre forme di tutela.
I primi dipartimenti ad attivarsi sono stati quello di Lettere e Filosofia e quello di Economia e Management, la Facoltà di Giurisprudenza e la Scuola di Studi internazionali. Ma anche i centri e i dipartimenti scientifici hanno cercato di conciliare le misure con la specificità dei propri corsi.
Di Fazio chiarisce che è un progetto impegnativo ed è necessaria elasticità: «È chiaramente difficile per dipartimenti caratterizzati da un’offerta didattica molto pratica – come il Centro interdipartimentale di Scienze mediche – adottare le stesse linee guida di un dipartimento totalmente diverso». Il Cismed deve, per esempio, tener conto della normativa nazionale sull’obbligo di frequenza previsto per i corsi di laurea in Medicina, Chirurgia e delle Professioni sanitarie.
Nonostante le difficoltà, i passi in avanti sono stati tanti, ma molti altri rimangono da fare: «Il lavoro dei vari organi dell’Ateneo non è ancora finito. Si è creato un sistema per agevolare il dialogo tra i vari componenti dell’Università e i destinatari delle linee guida e per questo è fondamentale il monitoraggio. Le studentesse e gli studenti possono fare riferimento ai loro rappresentanti in dipartimento per segnalare qualsiasi dubbio o proposta di miglioramento».
Infine, Di Fazio precisa un aspetto rilevante: «Il riconoscimento di queste forme di tutela si ottiene tramite apply sul sito internet del proprio dipartimento e ha comunque durata limitata. Nel caso permangano esigenze specifiche, è quindi necessario inoltrare nuovamente la domanda per il semestre successivo».