Come previsto dal Piano strategico di Ateneo 2022-2027, Palazzo Prodi e la Biblioteca centrale universitaria (Buc) sono stati di recente sottoposti ad alcuni interventi strutturali per l’ottenimento del marchio "Open". Nel corso del 2024 l’Ateneo ha concluso l’iter per la certificazione.
«L’obiettivo è quello di rendere più inclusive e accessibili le strutture del nostro Ateneo andando oltre le imposizioni minime di legge. Un segnale di attenzione e sensibilità rivolto a tutta la comunità universitaria», spiega Paolo Macchi, delegato del rettore per il supporto alle disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa). «Abbiamo scelto il marchio Open – prosegue – perché non si concentra solo sugli aspetti legati al superamento delle barriere architettoniche, già oggetto di interventi legislativi specifici, ma riguarda anche aspetti organizzativi, culturali e comportamentali, quindi un concetto di accessibilità più esteso e universale. Ci tengo a ricordare l’importanza della collaborazione con la Provincia autonoma di Trento, l’ente che rilascia questa certificazione attraverso l’Agenzia per la coesione sociale».
Oltre al professor Macchi, per l’Università di Trento hanno seguito l’iter per la concessione del marchio Patrizia Tomio e Susanna Cavagna - dell’Ufficio Equità e Diversità e del Servizio Inclusione Personale - e Marco Dorigatti e Mirella Ponte della Direzione Patrimonio immobiliare.
«Una delle sistemazioni strutturali di cui ci siamo presi carico è stata l’installazione di mappe tattili», racconta Macchi. A seguito dei lavori, infatti, entrambe le strutture presentano pannelli che riportano, in codice Braille, la disposizione delle aule all’interno dell’edificio. Le mappe consentono anche a persone ipovedenti e non vedenti di orientarsi autonomamente all’interno delle sedi. I lavori poi sono proseguiti con la ristrutturazione dei bagni: «Non per renderli a norma, poiché lo erano già, ma per renderli concretamente fruibili da coloro che hanno particolari necessità e ridotta mobilità». L’obiettivo del progetto infatti era quello di costruire spazi che andassero incontro alle reali esigenze della comunità, non limitandosi ad applicare la normativa vigente, ma lavorando in sinergia con personale competente che potesse studiare soluzioni realmente inclusive. Nel caso delle toilette, ad esempio, sono state riviste le collocazioni dei maniglioni ribaltabili che, seppur già presenti, non sempre erano realmente sfruttabili vista la lontananza dai servizi igienici.
Il progetto non prevede solo lavori architettonici, ma anche interventi legati alla sicurezza. Sono stati creati per le strutture piani di evacuazione in un’ottica inclusiva che tenessero conto dei bisogni di tutta l’utenza, non solo di quella che ha una disabilità manifesta.
Per l’ottenimento del marchio l’Agenzia per la coesione sociale della Provincia autonoma di Trento e l’Umse – Unità di missione semplice per la disabilità e l’integrazione socio-sanitaria hanno concordato alcuni disciplinari, che riportano una serie di requisiti obbligatori e facoltativi divisi per macrocategorie. Oltre ai più noti adeguamenti a livello strutturale vengono richiesti anche accorgimenti in merito ai sistemi di informazione e orientamento, come già citato prima, ai servizi igienici o, per esempio, alla formazione del personale. «Oltre ai requisiti obbligatori, possiamo dire con grande orgoglio di aver abbondantemente soddisfatto anche quelli facoltativi», racconta sempre il professor Macchi.
«L’ottenimento del marchio è stato un percorso lungo e faticoso, ma non ci fermeremo qui», afferma Paolo Macchi. «L’obiettivo è quello di estendere progressivamente la certificazione ad altri edifici dell’Ateneo, sulla base delle risorse disponibili nei prossimi anni. Naturalmente, l’ideale sarebbe avere tutti gli edifici accessibili e certificati».