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Vita universitaria

Noi ci siamo. Tutti i giorni dell’anno

Le iniziative dell’Ateneo per raccontare le donne che studiano la scienza. E invitare le giovani a seguire i propri sogni

5 febbraio 2025
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Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Valorizzare il contributo delle tante donne che quotidianamente lavorano nelle aule e nei laboratori dell’Ateneo, per dimostrare alle più giovani che studiare materie scientifiche come fisica, ingegneria o matematica, può aprire a molteplici opportunità, dentro e fuori l’università. Un modo per far conoscere i loro volti, le storie, la passione per quello che fanno. È stato l’obiettivo delle diverse iniziative pensate un anno fa in occasione dell’11 febbraio, Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, e portate avanti nel 2024 dai Dipartimenti e Centri Stemm (Science, Technologies, Engineering, Mathematics and Medicine).

Docenti, ricercatrici, dottorande, borsiste, tecnologhe: sono tante le donne che tutti i giorni si muovono negli spazi dell’Università di Trento, portando il loro contributo in termini di professionalità e competenze. Le loro voci e loro esperienze sono state raccolte e condivise in una serie di collage postati negli ultimi 12 mesi sui canali social dei vari dipartimenti di Ateneo (Instagram, LinkedIn, Facebook). Un totale di 120 immagini per testimoniare l’impegno e la voglia di portare innovazione e cambiamento da parte di queste professioniste. Insieme a questa, l’iniziativa “Perché non io”, voluta dalla Direzione Comunicazione e Relazioni esterne di Ateneo. Cinque video-ritratti in cui le protagoniste hanno raccontato il loro percorso lavorativo, la disciplina di studio, le opportunità professionali che offrono le materie scientifiche. Per promuovere una maggiore presenza delle donne nelle discipline scientifiche anche il linguaggio cinematografico può essere utile. Da qui l’evento “Ciak – Donne e scienza”, il cineforum organizzato dalle/dai delegate/i di Equità e Diversità dei Dipartimenti e Centri Stemm dell’Università rivolto in particolare alle ragazze e ai ragazzi all’inizio del loro percorso universitario. Film e documentari proiettati per far conoscere protagoniste con vicende di successo nelle discipline scientifiche e incoraggiare così le ragazze a perseguire le proprie ambizioni. Particolarmente complesse risultano le fasi iniziali del percorso accademico, anche in considerazione della conciliazione tra vita professionale e vita privata. Ecco, allora, lo strumento del mentoring accademico: una figura per affiancare le ricercatrici più giovani, per aiutarle a orientarsi nelle scelte e pianificare il proprio percorso di ricerca, anche nell'ottica dell'empowerment. Di questo si è parlato in maniera approfondita durante il seminario organizzato dall’Ufficio Equità e Diversità, con l’intervento di Ilenia Picardi, ricercatrice al Dipartimento di Scienze politiche dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, autrice del volume: “Labirinti di cristallo. Strutture di genere nell’accademia e nella ricerca”. Diverse le iniziative organizzate dall’Ateneo e variegate. Rappresentano «un punto di partenza per valorizzare il lavoro delle donne e ragazze tutto l’anno, non solo l’undici febbraio», ci tiene a specificare Luca Fambri, delegato per le politiche di equità e diversità del Dipartimento di Ingegneria industriale. L’equità di genere è infatti una delle priorità strategiche dell’Università di Trento. Il nostro Ateneo è stato tra i primi in Italia ad aver adottato il Gender Equality Plan (GEP) a partire dal 2023. Molto si è fatto, molto ancora resta da fare per correggere l’attuale squilibrio presente nei Dipartimenti di scienze. Lo dimostrano i risultati del report Oltre la segregazione formativa - riequilibrio di genere in area STEMM curato da Andrea Fleckinger, ricercatrice del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive. La ricerca si è concentrata sulla comprensione di quali sono le cause alla base dell’attuale asimmetria di genere nel corpo studentesco nei Dipartimenti/Centri Stemm dell’Università di Trento. La situazione di sbilanciamento a livello locale riflette quella a livello nazionale. Un dato su tutti: nell’anno accademico 2020/2021 in Italia le donne immatricolate in corsi di laurea scientifici sono state il 21%, contro il 42% degli uomini. È interessante notare però come i divari di genere variano nelle singole discipline Stemm. In ingegneria ad esempio la percentuale di laureati è del 73,5% contro il 26,5% di laureate. Invece le discipline legate alla biologia e alle scienze della vita si trovano in una situazione inversa, con il 33,70% di laureati uomini contro il 66,30% di laureate donne. Un elemento che trova conferma nelle parole di Marta Biagioli, delegata per le politiche di equità e diversità del Dipartimento Cibio: «Le nostre studentesse e i nostri studenti partono con un giusto equilibrio iniziale. Anzi, abbiamo un 60% in più di presenza femminile. Equilibrio che però – aggiunge Biagioli – si perde con le progressioni di carriera. Abbiamo solo il 20% di professoresse ordinarie. E questo riflette un'altra problematica evidente. Quella di sostenere e supportare le ricercatrici nella loro carriera». Come emerge anche dallo studio, le ragazze sono spinte dalla passione per le materie scientifiche, dai modelli di riferimento che conoscono, o al contrario sono frenate da pregiudizi misogini e stereotipi di genere che a volte si consolidano in ambito familiare. «Spesso le giovani ragazze scelgono il loro futuro scolastico e professionale non prendendo in considerazione il ventaglio di opzioni disponibili perché non ne sono a conoscenza o perché hanno una visione limitata delle opportunità professionali nei diversi settori tecnici e scientifici», sottolinea Michela Dalprà, fino a pochi mesi fa delegata per le politiche di equità e diversità del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica. «Bisogna intervenire prima – le fa eco Daniela Ascenzi, che ha la delega per il Dipartimento di Fisica – lavorando con le scuole primarie e secondarie di primo grado». D’accordo con questa riflessione Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell’Ateneo. «La divaricazione dei percorsi inizia molto prima dell'accesso all'università. Il lavoro importante – spiega – è quello con le scuole. Avere modelli di ruolo, far conoscere ragazze che studiano queste materie e scienziate che le praticano. Mostrare che la scienza non si fa solo nei contesti universitari, ma che le competenze scientifiche acquisite possono essere spese nella società, per favorire la partecipazione e il cambiamento».